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pace.
Dell'
acqua
che
urla
giorno
e
notte
per
la
furia
dei
sassi
che
rotolano
e
si
scontrano
e
si
aggrediscono
e
si
sbranano
nel
furore
della
corrente
fino
sbriciolarsi
e
diventare
sabbia
che
verrà
portata,
forse, fino al mare.
All'Adriatico
dove
tutto,
alla
fine,
si
cheta
e
trova
la
sua pace.
Ecco
il
pensiero
che
nonno
Gigi,
ragazzo,
si
fosse
dovuto
rifugiare
proprio
là,
dove
tutta
la
furia
di
quel
vento
e
di
quell’acqua
e
di
quel
frastuono
raggiungeva
il
suo
apice,
il
suo
massimo
estremo,
ed
il
fatto
che
lui
fosse
solo,
questo
mi
dava
angoscia,
quand'ero
anch’io
un
ragazzo,
e
me
ne
da
ancora.
Eppure
lui
mi
aveva
sempre
parlato
di
Arba
sorridendo,
come
faceva
parlandomi
di
qualsiasi cosa. Era fatto così!
Ma
torniamo
a
Montereale,
alla
casa
nuova
costruita
sulle
rive
di
quel
fiume
che
da
il
nome
al
paese
e
quindi
a
tutta
la
valle,
il
Cellina,
e
dove
egli
visse
gli
ultimi
anni
della
sua
vita
con
nonna
Emilia.
Un
periodo
felice,
credo,
fatto
di
piccole
cose
semplici,
ma
breve,
purtroppo,
neanche
dieci
anni.
Troppo
poco
rispetto
a
tutta
una
vita
trascorsa all’estero.
La casa” nuova” dei nonni, vicino al fiume.
Il
nonno,
come
ho
detto,
se
la
poté
godere
solo
una
volta
tornato
in
Italia,
verso
la
metà
degli
anni
sessanta,
e
fu
allora
che
provvide
ad
abbellirla
con
tanti
piccoli
particolari
e
decori
appresi
all’estero,
qualcuno
dei
quali
sopravvissuto
fino
ai
nostri
giorni.
Fu
una
felicità,
purtroppo,
di
breve
durata
poiché
nonno
Gigi
si
spense
all’età
di
settant’anni,
così,
all’improvviso.
Morì
il
4
agosto
del
1970,
per
la
precisione
e
ricordo
bene
il
suo
funerale,
vennero
i
parenti
e
gli
amici
da
tutto
il
Friuli,
forse
anche da Arba.
Vennero
zio
Dante
e
zia
Maria
dalla
Francia
e
tutto
il
paese
invase
il
grande
spiazzo
davanti
alla
casa
nuova
vicino
al
fiume,
ed
attese
in
silenzio
di
poterlo
accompagnare su, al cimitero, accanto alle montagne.
Poi
tutto
finì
ed
io
riportai
su
alla
chiesa,
da
solo,
il
carrettino
che
aveva
trasportato
la
bara,
attraverso
il
paese silenzioso che pareva svuotato.
Di
lì
a
poco
sarebbe
morta
anche
nonna
Emilia,
rimasta
a
lungo
da
sola
in
quella
casa
vicino
al
grande
fiume
ormai
troppo
grande
e
deserta
per
lei
e
che
venne
chiusa
e
lasciata sola, ed intristì.
Poi
finalmente,
verso
la
fine
degli
anni
settanta,
mamma
e
Marco
tornarono
ad
abitarvi
e
la
casa
riprese
vita.
Fu
divisa
in
due
parti,
una,
al
primo
piano,
per
Marco
che
intanto
si
era
sposato,
l’altra
per
mamma,
al
piano
terreno.
Gli
anni
che
si
succedettero
trascorsero
di
nuovo
felici
in
quel
luogo
che
era
stato
rinnovato
senza
perdere
l’antico
sembiante,
e
con
la
mia
famiglia
vi
tornai
ogni
volta
che
potei, sia d’estate che d’inverno.
E
così
fu
per
un
altro
quarto
di
secolo
finché
anche
mamma non morì, nel 2002.
Passati
altri
anni
le
esigenze
mutarono
nuovamente
e
la
casa
vicino
al
grande
fiume,
oramai
non
più
nuova,
venne
sottoposta
ad
un
nuovo…
“lifting”
che
la
portò
ad
essere
quello
che
oggi
è,
per
Marco
e
per
la
sua
famiglia.
Lavorarono
molto
e
risparmiarono
moltissimo,
nonno
Gigi
e
zio
Dante
all’estero
e
papà
in
Italia,
per
avere
quella
casa,
ma
alla
fine
ce
la
fecero.
E
la
fecero
che
più
bella
non
si
poteva,
perlomeno
secondo
il
gusto
ed
i
canoni
dell’epoca
Renzo Marcuz
12 marzo 2016