LEco di Roccasecca
Anno 3, n.17 Edizione speciale monografica Novembre 1998
Le Cantarelle
Dal testo, fuori commercio, ed ormai praticamente introvabile "Ciociaria" a cura dellAmministrazione Provinciale di Frosinone, edito nel 1957 in occasione del trentennale della Provincia, estrapoliamo questo singolare brano di Luigi Alonzi dedicato alle "cantarelle". | |
Le cantarelle in azione in una foto degli anni 50 |
Domenica degli Ulivi. Allorizzonte nuvolette orlate di riverberazioni solari. Si pensa, osservandole, ai pittori di un tempo, che ne rubavano per i loro idillii, e vassidevano dee in atteggiamenti molli, e frotte di amorini, avidi di piacere come pecchie al fiore. Nei cantucci riposati degli orti, steso sulle spazzature, il gatto attende che la lucertola sbuchi tra i ciuffi delle parietarie, sotto le coltri delle edere, tra i fustelli del rosmarino. Sulle ortiche lavate dalle piogge daprile il sole sboccia i succiamele cerulei e vi sciama api e farfalle. A valle, lungo le prode dei fossi, le lavandaie sciorinano le biancherie; e nei viali, fuori del sobborgo, la pelurie delle fioriture stende tappeti verdescuro a pie degli alberi. Sotto il sole daprile la vena dei torrenti scivola limpida e canora, e i ciottoli del fondo, a mezzogiorno, vi palpiteranno come i fiori del prato. Nelle pievi dei villaggi i contadini hanno avuto stamane il dono dellulivo benedetto e ora salgono in paese, sgargianti, con le robe doccasione: le donne in vesti piegose, collane di corallo con perle grandi come noci ed orecchini che scendono sino a toccar le spalle. Sul capo, fazzoletti multicolori che a guardarli dallalto, di sulla piazza affollata, danno lidea di un giardino semovente. La baldanza morata della gioventù sè fatta più ardita piumando a nuovo i feltri induriti dal maltempo; ma i vecchi sveltiscono anchessi nelle brache a metà gamba, strette, con lo spaccato filettato di bottoni, e nel corpetto di velluto. |
Giorno di festa e di novità. Tra il brusio della folla assiepata intorno alla cattedrale si levano voci dargento. Con gli adulti dalla campagna son venute le "cantarelle" a recare la buona novella in un serto di canti rusticani. Sono creature dagli otto ai dodici anni: vanno a coppie e vengono da luoghi diversi: da Santa Francesca e dalla Vittoria, dal Giglio e dalle Prata. Portano il paniere per le offerte, e un bastoncello, addobbato a modo di conocchia, con su legate le divozioni: nastri scarlatti, gialli, bianchi, rosari e crocifissi. Un panno candido lo avvolge quando camminano o tacciono; ma se si desidera udirle, e saccenna, slegano e svolgono delicatamente loggetto, pongono i capi inchinati luno contro laltro al di sotto di esso e cantano entrambe: "Ekke la palma a chi vò fa pace..." E il saluto mattinale, il primo, simboleggiato dalla umile pianta che questa terra grigia di desolazione più affonda le radici per suggere, ovunque sia unombra di humus, gli alimenti del suolo, e quella che più si avvicina agli uomini che la coltivano. Perciò nei canti della Resurrezione non è possibile dimenticarla. Essa medesima è un insegnamento, essa chè cibo e luce. Se ha chinato la fronte alle nevi e al sole estivo, se alla furia dei venti ha mostrato largento nascosto della sua chioma, se la tenacità ha soggiogato le asperità del terreno - e nulla ha chiesto per sè e tutto ha dato - quale simbolo più certo per gli uomini in cerca di pace? E intorno al saluto dell Ulivo tanti quadretti di vita religiosa quanti ne può scavare la fantasia popolare della testimonianza evangelica, rilevati con pochi tratti che riescono tuttavia a evitare quel senso dasciuttezza e di stilizzato che in altri luoghi, quasi sempre saccompagna. La grazia e la delicatezza chè in essi fa invece pensare che, come sono bambine e fanciulle quelle che li cantano, debbono essere medesimamente donne le ignote creatrici: "Ke bella è la Madonna quanne lava: lava gli panni de Nostro Signore. Ke bella è kella prèta a do gli sbatte se ce faceano bianchi senza sapone. Ke bellu è kellu prato a do gli spanne: ce iventèano tutti quanti fiùri. E San Giuseppe ce li ripieghèva, e a na cassuccia doro gli metteva, co na chiavuccia doro gli nzerreva ... Sì: oggi i beati del paradiso scendono in terra per vivere la vita dura di tutti i giorni, per reggere il braccio agli uomini che si travagliano nel lavoro, per bendare le piaghe dei mortali. E il manto della Vergine è davvero la speranza azzurra, simile alla cosa più bella - e forse solamente bella - della terra ciociara: il cielo. Oggi lidillio dellinfanzia di Cristo rivive in cuori traboccanti di poesia, poesia tessuta coi fili più ricchi di colore, dinnocenza, dintimità. E il canto che laccompagna è una vena di dolce malinconia, che sarresta improvvisa, contempla, per rompere in un grido di gioia e poi morire sospirando: "Ekke la palma a chi vò fa pace: ohi, la pace..." |