Fabrizio De Andrè se nè andato, lasciando attoniti i suoi tantissimi ammiratori. Tra questi più di un collaboratore dellEco lo aveva innalzato a proprio cantautore preferito. Gianfranco, Ferdinando e Patrizia (accoppiati anche nei gusti musicali), Angelo, Paola, solo per citare i più fedeli. La redazione dellEco ha deciso di dedicare un inserto speciale, allegato allEco di Pasqua (N° 20) dedicato alla figura e allarte di Fabrizio De Andrè. In attesa di questo fascicolo, che ospiterà interventi di tutti coloro vorranno partecipare allevento, vogliamo chiudere questa edizione dellEco, la prima del 1999, con due articoli (sulle pagine successive) in memoria del cantante-poeta genovese. Il primo è stato scritto di getto da Ferdinando il giorno seguente alla morte dellartista; il secondo è la riproposizione del resoconto del concerto tenuto da De Andrè al Palaeur di Roma due anni fa, che la nostra inviata Paola Gobbetti ci spedì con grande tempestività (pubblicato su Eco N° 8 1997). Di seguito, una serie di prime pagine di giornali che riportano la triste novella (la prima è tratta dal "Corriere della Sera"). |
In morte di un amico Il fuoco ardeva a fatica, quasi sopravvivendo alla legna bagnata che avevamo raccolto in fretta e furia fra limbrunire che diventava sera e la pioggia che, leggera ma insistente, non smetteva di accompagnarci fin da quando eravamo partiti per quelluscita invernale di fine settimana. Con lumidità nelle ossa e la stanchezza del cammino fatto per arrivare al rifugio della Forestale, sulla montagna meta del nostro campo, alla fine ci eravamo stretti intorno al classico bivacco Scout, dopo aver mangiato qualcosa. Con il corpo intorpidito cercavo di mettere daccordo la durezza del terreno con il mio desiderio di trovare una posizione accettabile per riposare. Fu in quel momento che dalla chitarra di Angelo cominciarono ad uscire quelle note che, come dincanto, mi catturarono interamente e piano piano mi trasportarono in un mondo di favola. Come in un sogno la fatica scomparve e fu come se il mio corpo si sollevasse dal duro giaciglio per volare via insieme alla magia di quella canzone. Era "La ballata del Michè", e per me fu il primo incontro con Fabrizio De Andrè e linizio di un amore sconfinato per quel poeta e tutto ciò che egli ha rappresentato. I versi e la musica di quella canzone, e delle altre che subito dopo Angelo eseguì di seguito, per me furono una rivelazione che spalancò davanti agli occhi dei miei dodici anni un mondo fatto di storie malinconiche ricche di perdenti, emarginati, disadattati, umiliati, "diversi", ma pervaso di una umanità vera e di una intima e commossa partecipazione da parte di chi quel mondo aveva sentito il bisogno di raccontare. Ricordo con estrema precisione la "scaletta" casuale, ma nella mia mente indelebile, che Angelo seguì quella sera. Dopo il primo brano suonò e cantò "Il gorilla", "La città vecchia", "Il testamento", "La canzone di Marinella". Poi con il suo solito stile scanzonato Angelo cominciò a divagare passando ad altro, ma alla fine su mia precisa richiesta tornò a De Andrè suonando "Via del campo". Da quella indimenticabile sera nella mia mente De Andrè è rimasto sempre indissolubilmente legato ad Angelo "Scienziato", tanto che quando Patrizia mi ha telefonato in ufficio per darmi la notizia della scomparsa di Fabrizio ho automaticamente pensato a come farlo sapere ad Angelo in Australia. Credo che questo Angelo non lo abbia mai saputo, probabilmente avrei poi ugualmente conosciuto e amato De Andrè, ma da sempre io sento di dovergli tanto per il regalo che mi fece quella sera. Addirittura qualche anno dopo Angelo, che faceva il centralinista a Genova, mi telefonò a Roccasecca perché aveva trovato il modo di farmi parlare telefonicamente con De Andrè. Sfortunatamente non ero in casa; ancora adesso rimane per me un enorme rimpianto per aver mancato quellappuntamento procuratomi da Angelo a mia insaputa. Cominciai a cercare tutti i dischi in commercio e ricordo che per anni non riuscii ad avere "La città vecchia" in quanto allora non incisa, così che ogni volta che vedevo Angelo lo costringevo a suonarla. Attraverso i suoi versi, le sue ballate, la sua poesia Fabrizio mi ha aiutato a crescere e a sognare un mondo migliore: libertà, pace, rispetto per gli altri, soprattutto per chi non la pensa come te, solidarietà verso i più deboli, la necessità di capire prima di giudicare, linteresse per gli umili, i poveri, gli sfruttati, i rifiutati, una fede "umana", cose che trovi in tutte le sue canzoni vestite con la sua musicalità dolce e graffiante nello stesso tempo e narrate con quella sua voce da brivido. E stato sempre "fuori moda" De Andrè, uno per il quale la coerenza più che una scelta è stata una inseparabile compagna di vita, il rimanere appartato lontano dalle luci della ribalta non la voglia snobbistica di un aristocratico distacco, ma semplicemente il modo per andare daccordo con se stesso e la sua timidezza; è stato uno che chiunque lo abbia amato non lo ha fatto per caso e non si è mai stufato o pentito di averlo fatto. Amare le sue canzoni è quasi come avere una carta didentità: quando vieni a sapere che a qualcuno piace De Andrè conosci già un po del suo animo. Qualcuno nelle cronache del suo funerale ha scritto che "a guardare ogni faccia di quelli che cerano si poteva scoprire in ognuno il perché uno con quel volto aveva amato il cantautore". Infatti quel giorno tutti quelli che cerano si sono comportati da innamorati, non da fans. Nessuno è andato sopra le righe, nessuno ha dato la caccia ai VIP che pure cerano, come di solito accade invece in simili circostanze, nessuno ha urlato; solo lacrime, un saluto, un bigliettino o un fiore e, al massimo, qualche verso delle sue canzoni cantato con il groppo in gola, quasi sottovoce. Ho letto una cosa molto bella: una maestra ha portato in chiesa la sua scolaresca, diciannove bambini di cui cinque di colore con uno striscione composto dai loro disegnini e dalle loro poesiole dedicate a Fabrizio. Sicuramente lui avrebbe apprezzato tantissimo lomaggio e oggi ai ragazzini ascoltare De Andrè serve: serve più ascoltare una sua canzone, sul valore della tolleranza, sul rispetto delle minoranze e dei più deboli che ascoltare mille discorsi. Lo dico con lesperienza di quella sera con i miei dodici anni e la chitarra di Angelo "Scienziato". Ciao Fabrizio, ciao. Sei in paradiso perché, come tu hai scritto, "non cè linferno nel mondo del buon Dio". Ferdinando |
Concerti
Fabrizio De Andrè al Palaeur (1997)
(Dalla nostra inviata Paola Gobbetti)
E stato quasi sempre fermo, seduto su una seggiola, a volte con le mani vo1teggianti sulle corde della chitarra, altre con la sola voce a fare da protagonista. La poesia porta lontano senza bisogno dello spostamento fisico, senza usare il movimento. E' la poesia stessa che crea il movimento, che produce lo spaziare dell'animo. E la poesia in "musica" è una doppia arte che percorre tutte le fibre dell'essere umano, che anima le sensazioni e scuote le emozioni, Quando poi la musica tratta temi reali, personaggi concreti, vicende e miserie di ogni giorno, in maniera poetica, allora tocca la sublimità. Fabrizio De Andrè è riuscito a realizzare tutto questo nel suo concerto al Palaeur in Roma. Lo conosciamo, sappiamo che è cosi, eppure ogni volta ci stupiamo come bambini, non per il senso d'incredulità ma per la cosciente meraviglia che proviamo. E' come quando ammiriamo un quadro, una scultura, oppure un tramonto, una cascata: Siamo presi, gradevolmente investiti da ammirazione spontanea e intensamente compiaciuta. Fabrizio ci ha regalato dei testi che colgono il pulsare di questa esistenza: siamo di fronte a uomini e donne con le loro vicende, i loro drammi, ma sopratutto con la loro vita alla quale De Andrè non assiste da neutro spettatore, ma partecipa con profondo coinvolgimento. E le parole sono state avvolte da sonorità particolari, ricche di echi orientaleggianti, espresse con grande maestria da un folto gruppo di musicisti tra i quali, eclettico, Cristiano De Andrè. Trattare con abilità le note musicali è una virtù comune a tutta la famiglia: ne ha dato prova anche Luvi De Andrè, bella voce solista che, insieme al coro, ha dato vigore al concerto. Due figure umane coperte da calzamaglia bianca, un uomo e una donna, si sono esibite di tanto in tanto, volteggiando sul palcoscenico, accompagnate dal suono di qualche strumento nascosto nell'ombra. Immagini veramente suggestive e ricche di pathos. E tutti quelli che erano venuti per ascoltare, per partecipare, per salire metaforicamente sul palco ed unirsi alle voci, ai suoni, alle danze non hanno risparmiato la loro ammirazione, il loro entusiasmo. Migliaia di piccole fiaccole sono state accese e fatte oscillare lentamente nell'aria. A lungo.
Che dire ancora?
Se fosse possibile far uscire la melodia dalla carta, rimarrebbe soltanto da trascrivere qui di seguito un componimento del "maestro" per dare una fine apprezzabile ad un misero scritto.
Queste le canzoni eseguite: Princesa, Khorakhanè, Anime salve, Dolcenera, Le acciughe fanno il pallone, Disamistade, A cumba, Ho visto Nina volare, Smisurata preghiera, Creuza de ma, Jamin-A, Sinan capudan pascià, Sidun Megu Megun, Nel bene nel male, Notti di Genova, Natale occidentale, Cose che dimentico, La guerra di Piero, Amico fragile, Don Raffè, Hotel Supramonte, Bocca di Rosa, Andrea, La canzone di Marinella, Fiume sand Creek, Via del Campo e Il pescatore.
Le canzoni di Fabrizio anche in lingua Esperanto |
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RIMINI Tereza sek-okule gapas al la maro por shi, ido de piratoj, estas klisha faro tereza silentemas shiaj lipoj skvamas shi montras al mi amon perditan en Rimini somere ....... sed vi, sed vi en Rimini kun glaciajhoj kaj turistoj neniam vi plu vetu pri la ido de spicistoj |
RIMINI Teresa ha gli occhi secchi guarda verso il mare per lei figlia di pirati penso che sia normale Teresa parla poco ha labbra screpolate mi indica un amore perso a Rimini destate. ........................... ma voi che siete a Rimini tra i gelati e le bandiere non fate più scommesse sulla figlia del droghiere".
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Fabrizio De' Andre' non solo viene letto nelle scuole nell'ora di letteratura italiana. Le sue canzoni, tradotte nella lingua internazionale esperanto, vengono ascoltate da esperantisti in tutti i continenti. Renato Corsetti |