Alberi ciociari

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La Quercia Roccaseccana

 

La quercia in roccaseccano si chiama "cerqua" (latino: "arbor quercea"). I filologi spiegano che siamo di fronte ad un caso di metatesi, il passaggio di una consonante da una sillaba ad un altra, come nel caso, ancora più comune, di "capra" con "crapa". Così come nella lingua italiana, pure nel nostro dialetto si usa il termine "cerqua" anche per indicare una persona eccezionalmente robusta, forte, ben piantata; e così sentiamo frasi del tipo: "Giuseppe te’ du’ spalle come a ‘na cèrqua!".

In effetti, pur esistendo alberi parimenti maestosi, quali il pino che si oppone ai forti venti, il faggio dagli enormi tronchi, l’abete che regge alle tormente ad alta quota e tanti altri, nessun albero, come la quercia, simboleggia così adeguatamente l’immagine di forza, saldezza e robustezza, al solo guardarla. Esistono circa 200 specie di piante che appartengono al genere Quercus e alla famiglia delle fagacee. Tra le tante, ricordiamo la Quercia da sughero, con il tronco ricoperto da una corteccia sugherosa, che cresce sino a 60 anni, il Cerro, alto anche 30 metri, diritto e slanciato, il Rovere, il gigante del genere Quercus, che può raggiungere anche i 50 metri di altezza, il Leccio, il più longevo della famiglia, che può campare fino a 300 anni, e che, in alcuni casi, ha raggiunto i dieci secoli di vita. La quercia più famosa di Roccasecca è stata senza dubbio quella che, imperiosa, ha dominato per anni il "Crocevia", lato Lorino. L’ombra di quella vecchia quercia ci ha fatto compagnia per anni. In particolare, per alcuni di noi, era la prima cosa che vedevamo quando aprivamo le finestre delle nostre camere, al mattino. Tutte le estati era il rifugio dei "cocomerari" che si accampavano sotto le sue fresche e larghe fronde, accovacciati al possente tronco.

 

Come tutte le cose terrene, anche la vecchia quercia di Lorino trovò la fine dei suoi giorni, e, come nella celeberrima poesia "La quercia caduta" di Giovanni Pascoli, un brutto e grigio mattino di alcuni anni fa, fu buttata giù, lasciando in tutti noi un enorme, incommensurabile vuoto. Da non dimenticare anche la "Quercia dei sette soldati", sulla strada per Pontecorvo, già menzionata in un vecchio numero dell’Eco.

Il frutto della quercia, lo sappiamo tutti, è la ghianda ( in roccaseccano ghianna - illustrazione in basso), tanto amata dai nostri amici maiali, almeno fino a quando erano nutriti in modo naturale e sguazzavano nel fango, rimestando nel truogolo (in roccaseccano scifone). Quando ancora frequentavamo le scuole elementari, ci fermavamo spesso la mattina a raccogliere le ghiande cadute in terra, così come facevamo con i ricci delle castagne. Le utilizzavamo per innumerevoli scopi, tra cui quello di "colpi" per uccidere i soldatini nelle epiche battaglie dell’epoca.

 

 

 

 

 

Sulle strade di Roccasecca ...

 

C’è stato un tempo in cui una delle automobili che si vedevano più di frequente a Roccasecca era la Fiat 500 Giardinetta. Grazie al bagagliaio abbastanza ca-piente (che si apriva come una porta) ed al prezzo abbordabile, la Giardinetta soddisfaceva le esigenze di parecchie tipologie di clienti, primi tra tutti i piccoli commercianti. I colori più utilizzati dalla Fiat Giardinetta furono il verde scuro e, soprattutto, il marrone. Molto particolare il design della carrozzeria "a rettangoli". Un tocco di colore classico sulle strade della California, pardon, sulle strade della Ciociaria.

La "Giardinetta", lanciata sul mercato roccaseccano, ebbe un successo tale da giungere presto sul mercato asiatico. Qui vi mostriamo un rarissimo poster pubblicitario originale d’epoca.

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