CANTI POPOLARI CIOCIARI

La tradizione orale

(parte seconda)

Gruppo di suonatori ciociari

 

Continuando con la nostra chiacchierata sulla tradizione orale, sulla cultura che va di bocca in bocca senza fermarsi scritta e che spesso si perde via via che gli ultimi depositari o portatori scompaiono, parleremo questa volta di due situazioni differenti che ho conosciuto direttamente dai racconti dei vecchi contadini che le hanno vissute in prima persona.

Nella prima ci troviamo davanti all’aia in piena estate, dopo le fatiche della mietitura. La terra sta dando i suoi frutti abbondanti, il popolo contadino e’ felice e soddisfatto dal suo lavoro incessante. E li’ davanti casa si chiacchiera e si canta, si beve qualche bicchiere di vino. Da lontano giungono le voci e gli umori delle altre aie. L’aria e’ limpida, l’inquinamento acustico completamente sconosciuto, la notte aumenta la propagazione dei suoni. Da un’aia all’altra si puo’ parlare quasi, ed aiutandosi con la rima e con una cantilena fatta apposta si posso raggiungere addirittura anche le aie più lontane.

L’asino che raglia vo la paglia

L’ome che spasseggia vo’ la moglie

E dopo un po’ dall’altra aia lontana si sente la risposta :

Quante fa ‘na mamma pe’ ‘na figlia

Arriva nu lazzarone i se la toglie

Da un’altra aia ancora :

A ‘sto contorno c’e’ na quercia tonna

Chist’anne ce se sta carica de glianne

C’e’ ‘na ragazza cu nu pette tunne

Ce se vo’ marita’ nen sacce quante

Di che cosa si parla? Di un’altra storia d’amore contrastata, altro che telegiornale. Le notizie corrono per l’aria, ed anche qualche commento ironico, sardonico. Insomma un po’ ci si sfotte, un po’ si ride e ci si arrabbia, tutto in rima naturalmente. Tutto perso o quasi tutto perso. Restano solo piccoli frammenti.

 

Si suona seduti nell’aia

 

 

L’altra situazione di cui voglio parlarvi e’ quella delle serenate.

Le serenate erano una cosa importante. Con la serenata ci si dichiarava, si rendeva pubblico il proprio amore: in pratica si chiedeva la mano della bella. Erano molto più’ che un simpatico contorno ad un idillio, come potrebbe essere oggi. Nottetempo, con qualche amico o con un concertino assoldato per l’occasione si percorrevano le strade di campagna, magari alla luce della luna visto che non c’era altra illuminazione, fino alla casa della ragazza.

Attrezzatura prevista per la bisogna per cinque persone : un organetto, un violino, un mandolino, una chitarra e cinque doppiette. Si, giusto cinque doppiette; per farne cosa? Adesso lo spiego.

Dicevamo che il nostro concertino stava andando dalla ragazza. Era infine arrivato nei pressi della sua casa e aveva cominciato a cantare :

 

Dorme Nannuzza, dorme contenta

Ca chi te vo bene te veglia accanto

Non da’ retta alle lingue

della malagente….

 

A questo punto dalla casa accanto si affaccia lo zio di Nannuzza che irritato dal fatto che c’era un altro pretendente alla mano della nipote, avendo mire per il suo figlioccio, prende il fucile e spara in aria un colpo a mo’ di avvertimento.

Tanto basta per far cambiare ai "concertisti" lo strumento. Imbracciate le doppiette sparano in aria dieci colpi, sempre a mo’ di avvertimento, senza ricevere peraltro nessuna replica.

Lo spasimante "cacciatore" si sposera’ con Nannuzza felicemente.

Questi amori erano spesso contrastati e questo dava spesso il pretesto per stimolare i più creativi a inventarsi nuovi versi.

 

E quei pochi frammenti che ci sono arrivati spiegano appieno le situazioni e gli umori di questi poveri Cristi che pativano le pene dell’ammore.

Alzando gli occhi al cielo

vedde ‘na stella

I nen sapendo a chi l’assomigliare

L’assomiglio a te ragazza bella

 

E come canto’ nonno Nicola a nonna Rosa, forse 150 anni fa :

Pe’ maritare sta bella signora

Ci vuole il cavallo di Costantino

Tutta la saggezza di Salomone

E di San Tommaso

che sa parlar lingua latina

 

Da questi versi traspare tutta la sua rabbia, visto che i genitori di lei volevano un miglior partito per la loro figlia. Per fortuna dei discendenti ed in particolare per la mia, il matrimonio si fece.

G. Molle

(fine della seconda parte)

 

Rarissimo esempio di disco dedicato ad esecuzioni popolari di stampo "ciociaro"

(Archivio dell’Eco)