IL BORGO DI CAPRILE

LA VITA SCORRE AL RINTOCCO DI UN OROLOGIO

Il campanile della Chiesa Santa Maria delle Grazie di Caprile (sec. XIV)

 

Caprile, un piccolo paesino abbarbicato sulle pendici del monte Asprano, non lontano da Roccasecca centro. Un centinaio di abitanti o poco più che, orgogliosi e fieri, difendono la storia, le tradizioni e i costumi di un antico borgo cresciuto attorno alla sua chiesa. Ma, si sa, il destino di questi paesi è ormai segnato: come gran parte dei "centri storici", tagliati fuori dalle vie di comunicazione e dai traffici commerciali, anche Caprile sembra avviato, seppure lentamente, verso il tramonto. A guardarlo dalla sottostante vallata oppure più giù, dal moderno quartiere dello Scalo, sembra un assopito vecchio che si crogiola al sole incurante del ritmo frenetico della vita moderna. Aggirandosi per i suoi vicoli colpisce l’austerità e la perfetta simmetria del borgo, dove ogni cosa è al suo posto, in un suggestivo scenario di luci, di ombre e di vividi colori. Il tempo sembra essersi fermato: soltanto qualche gatto rompe l’incantesimo avviandosi furtivo e lesto per i ripidi scalini. Giunti sulla piazzetta finalmente un segnale di vita: sdraiate sulle panchine alcune vispe vecchiette parlano fra di loro; qualcuna non disdegna di "fare la maglia" o di provvedere ai classici rammendi. E’ sempre però un ritmo blando, pacato, rilassante che niente può stravolgere o modificare, se si eccettua il rumoroso sopraggiungere di qualche auto che interrompe, ma solo per un attimo, le allegre evoluzioni di alcuni fanciulli. Ma ecco che d’un tratto la monotonia si rompe: dall’alto della maestosa torre campanaria nitidi si diffondono i rintocchi dell’orologio. Ad ogni quarto due campanelle battono le ore, segnando l’inesorabile incedere del tempo. Tutto a Caprile si svolge al suono delle campane: si mangia, si dorme, ci si reca al lavoro, dopo aver ascoltato il fatidico rintocco dell’orologio.

Ma non è un normale orologio come tanti: si tratta di un rarissimo congegno meccanico ottocentesco che abbisogna giornalmente di una persona che "dia la corda". Ed a questa incombenza, umile ma preziosa, provvede, ormai da quarant’anni, il settantenne Antonio Polese che ogni giorno, alle sedici, si inerpica sulla ripida scalinata a dare nuova linfa al congegno. "Per me l’orologio è tutto – dice con una punta di commozione – per questo mi reco quotidianamente sul campanile, anche quando mi sento poco bene oppure il tempo è inclemente. Continuerò a dare la corda fino a quando avrò la forza di salire le scale: Caprile non può vivere senza il suo orologio".

Nella sua disarmante semplicità il signor Antonio ha colto nel segno: i rintocchi puntuali delle campane stanno ad indicare che la vita ancora pulsa nel piccolo borgo e continuerà inestinguibile a scorrere fino a quando vi saranno "custodi" così inappuntabili e precisi.

L’ottocentesco congegno meccanico che dà vita all’orologio del campanile di Caprile

 

 

Fernando Riccardi