Maurizio Vandelli

in concerto al Palais Saint Vincent (sabato 15 luglio 2000)

 
Il mitico principe dell'Equipe 84 non è più secco come un'acciuga. È sempre alto e ricciuto, anche se i capelli, ormai bianchi, non sono più a raggiera intorno alla testa come la réclame delle matite Presbitero, ma finiscono raccolti dietro in una breve coda. Ma queste cose le sa già bene chi guarda la televisione: mi dicono che Maurizio Vandelli ha avuto un grande successo con un programma intitolato "I Ragazzi Irresistibili" registrato recentemente proprio nello stesso Palais Saint Vincent per una rete di cui preferisco non ricordare il nome. In quell'occasione faceva parte di un'accolita di zombies come Rita Pavone e simili. "È stata una simpatica esperienza" ha detto in concerto "anche se voglio vedere voi passare otto ore al giorno con Adriano Pappalardo: due palle così". L'ultima affermazione, da me resa in italiano purissimo, era originariamente in lingua modenese.
 
Già, l'Equipe 84 era il complesso delle "cover" geniali, canzoni tradotte o prese qua e là da repertori altrui e quasi sempre "migliorate": provate ad ascoltare You were on my Mind e ditemi se Io ho in mente te non è assolutamente superiore con quell'arpeggino finale; e qui oso affermare che anche Sei già di un altro è meglio di Don't worry Baby dei Beach Boys. Il Maurizio Vandelli di oggi (non ho nessun dubbio che fosse l'unico personaggio di spicco del complesso) accentua questa caratteristica: ha in repertorio tutta l'Equipe (e vorrei vedere), ma anche (addirittura) i Beatles, Vasco Rossi, i Nomadi e Lucio Battisti. Io credo che nessuno oggi riesca a cantare Battisti come fa Vandelli, e non solo le canzoni lanciate dell'Equipe come 29 settembre e Nel cuore nell'anima, ma anche la difficilissima Emozioni e Mi ritorni in mente. Di Battisti ha detto: "Non è vero che fosse un orso, un musone: era un ragazzo allegro, simpatico. L'unico problema che aveva era la paura del pubblico". Il Battisti di Vandelli è fedelissimo e pulito: sfrondato degli urletti e guaiti dell'autore, anche qui è forse meglio dell'originale.
 
Da buon vecchierello Maurizio Vandelli ha snocciolato la sua brava processione di cari estinti: da Victor Sogliano dell'Equipe 84, a Battisti, a Sonny Bono, a Augusto Daolio ("Canto questa canzone in ricordo di Augusto: non del suo complesso, ci tengo a dirlo"). Vandelli ha voluto ricordare anche Francesco Guccini, che è ancora vivo, certo, ma fornì a suo tempo l'Equipe 84 di canzoni che potrebbero risultare imbarazzanti, ad esempio, davanti a un pubblico che alla fine del concerto ha in programma di andare a buttare i suoi soldi al Casinò. Ma senza fare una piega Maurizio ha cantato Auschwitz lo stesso, ricordando che nel disco la seconda voce era quella di Victor.
 
Maurizio Vandelli si presenta sul palco con dovizia di effetti luminosi e con il complesso dei MisterO': batteria, basso, chitarra solista e due tastiere, tutti o quasi abilitati ai coretti, caratteristica indispensabile della tradizione Equipe. Si segnala in particolare lo sloveno Kaspar dalla voce tenorile molto potente. Lo spettacolo e il sound sono di serie A2. Maurizio Vandelli signoreggia il palco con grande autorità, basta pensare l'aplomb con cui ha assorbito una serie di inconvenienti organizzativi derivati dall'assenza dell'assistente di scena.
 
Ma quello che scatena l'entusiasmo di chi come me ha avuto come colonna sonora delle prime cotte Sei già di un altro e Un giorno tu mi cercherai, è la voce di Maurizio Vandelli, sopravvissuta a trent'anni di eclissi e di altri mestieri: una voce di testa, modulata, a tratti nasale, la voce dell'immortale Equipe 84.
 
Giulio Cappa per L'Eco di Roccasecca, 19/7/2000