E’ andato in pensione, salutiamo

DERRICK

 

 

 

"E ora vorrei restare un attimo da solo, Harry. Ti ringrazio di tutto". Dopo aver pronunciato queste parole al suo fido collaboratore, Derrick si avvia lungo una strada, il capo leggermente curvo, i passi che incedono lenti ma sicuri, come sempre. Harry Klein rimane a guardare il suo superiore che si allontana e, mentre già scorrono i titoli di coda dell’ultimo episodio della serie, mormora: "Addio, Derrick". E’ calato così il sipario sull’ultima puntata di Derrick, andata in onda in Germania a metà dicembre 1997 e in Italia lo scorso 30 giugno. A 76 anni Horst Tappert ha scritto la parola fine, dopo circa 300 episodi, alla figura di questo singolare ispettore, il "Maigret" tedesco, come è stato spesso definito. In effetti Derrick, come il commissario di Simenon, predilige studiare la psicologia dei personaggi, cerca di comprendere i problemi, la personalità, i motivi che spingono al delitto. I malfattori, gli assassini rimangono "esseri umani" che vengono smascherati, di solito, senza far ricorso a sparatorie o a lunghi ed estenuanti interrogatori, bensì con tatto e ragionamento, in punta di piedi, spesso con un malinconico e comprensivo sorriso, pur nella ineluttabilità dell’atto finale di accusa. Il successo di questo personaggio, che veste in modo sobrio e guida allacciandosi sempre le cinture di sicurezza, sta proprio nel suo comportamento, in come si destreggia in queste storie di ordinaria e quotidiana umanità. Nella sua autobiografia, " Io e Derrick. Le mie due vite" (Lindau, 1999), Tappert scrive "Mi interessano le persone. E non superficialmente, solo perché ho bisogno che mi forniscano del materiale per risolvere il caso. Mi interesso veramente a loro come individui. Rispetto la loro dignità, non le offendo, non distruggo il loro rispetto per se stessi. Questo crea subito un’unione. Perfino con il colpevole, che pure è costretto a considerarmi un nemico, o per lo meno un avversario. ::: Usando gentilezza e partecipazione Derrick cerca di creare un’atmosfera di fiducia durante le sue visite negli appartamenti privati. :::

Gli interrogati parlano con lui prima e più apertamente che in uno sgradevole interrogatorio. E dato che è capace di ascoltare, dicono più di quello che vogliono. Le persone hanno un gran desiderio che qualcuno dia loro veramente ascolto. E’ un’esperienza che vivono molto di rado. Gli psicologi lo sanno. Derrick anche. Secondo lui il lavoro della polizia non consiste tanto nella ricerca di fatti, quando in conversazioni terapeutiche ad alta voce, che lui porta avanti in modo neutrale, come un bravo psicologo, senza avere in mente un’immagine precostituita della persona alla quale sta di fronte. …

Quando lui alla fine dice ‘Lei è in arresto’, nella sua voce vibra il trionfo del vincitore. Spesso anzi vibra abbastanza dispiacere e compassione: a volte, se sono simpatici, per gli accusati; nella maggior parte dei casi per le condizioni dell’umanità in genere: che mondo è mai questo, in cui possono avvenire simili delitti in cui domina tanta sofferenza, tanta disperazione …".

L’autobiografia di Horst Tappert, edizione italiana

 

Nel libro, che narra tutta la sua vita, ma in cui, ovviamente, predomina il personaggio Derrick, Tappert racconta con semplicità questo strano ed intenso rapporto tra lui e l’ispettore, vissuto quotidianamente dal 1974, anno della prima puntata (Waldweg – Il sentiero nel bosco) al 1997. Ecco come descrive una tipica giornata da "Derrick":

"Quando al mattino sali sulla macchina di servizio ti chiami Derrick. Quando alla sera ti chiudi alle spalle la porta di casa, ti chiami Tappert. Alzarsi tra le quattro e mezzo e le cinque. Ho dormito otto ore, ma riesco a partire solo lentamente. Nessuno mi corre dietro. Proprio per questo mi alzo così presto. Fisso la mia parrucca, una delle quattro. E’ una cosa che riservo a me, nessun truccatore può farlo bene come lo faccio io, conosco perfettamente la mia testa. Mi vesto con cura, già da Derrick, camicia bianca, abito, scarpe lucide, cravatta. Quando arrivo sul set, voglio essere già il più preparato possibile. Alle otto meno un quarto precise passa la macchina. Mi congedo da mia moglie come qualsiasi impiegato che viva un matrimonio felice …"

 

In uno degli episodi più riusciti, "L’inferno della mente", che tocca lo scottante tema della pedofilia, Derrick si intrattiene a colloquio con un giornalista che lo intervista sul concetto di criminalità, sostenendo che i sentimenti ci dominano molto più di quanto riusciamo ad immaginare; l’uomo, di norma, è in grado di tenere a freno questo suo universo di sensazioni e i suoi sfoghi sono sempre sotto controllo. Tuttavia, ci sono persone che non sono capaci di esercitare questo controllo. "Alcune menti sono giardini tranquilli in cui la morale può andare a passeggio in tutta tranquillità, in altre, invece, scoppiano terribili temporali. In quest’ultimo caso possiamo parlare di un vero inferno della mente".

Il cielo non è sopra di noi e l’inferno sotto, sono entrambi nella mente degli uomini. Derrick non innalza muri tra buoni e cattivi, è un idealista deluso che conosce la natura umana e non si fa illusioni di giustizia di fronte al suo ennesimo successo contro il crimine.

Riguardo al successo di "Derrick", Lucas Delattre, esperto in fatti tedeschi, si è spinto al punto che, in un editoriale ha scritto: "Derrick ha saputo dare una nuova immagine al suo Paese". Walter Rauhe, a sua volta, ha evidenziato che "Derrick, l’antieroe borghese e pantofolaio, ritratto fin troppo fedele del tedesco corretto e ligio al dovere nonché attore dai movimenti lenti e dal look sciatto, non rappresenta certo la figura classica di un moderno sceriffo metropolitano a caccia di gangster e delinquenti, quanto quella di un modesto impiegato di Stato che non vede l’ora di raggiungere l’età della pensione. Eppure Horst Tappert, contrariamente a tutte le aspettative e alle micidiali critiche dei colleghi televisivi di 23 anni fa, ce l’ha fatta". In effetti Derrick ha reso un buon servizio al suo paese d’origine, offrendo un’immagine rassicurante che di solito non si nutre nei confronti dei tedeschi. Ma Tappert non si lascia coinvolgere più di tanto da questa tesi e sostiene che né lui, né Derrick personificano il bravo tedesco, nonostante questo venga sempre addotto come motivo per il grande successo internazionale della serie. "Ma io lo ritengo un modo di pensare molto egocentrico: come se cento paesi fossero smaniosi di vedere dei bravi tedeschi sul teleschermo. E quello che devo ammettere è che dove i tedeschi durante la guerra hanno compiuto la loro opera di distruzione, la simpatia per Derrick è spesso accompagnata dalle ombre del passato. Ma questo per motivi più profondi e complessi di quanto pretenda la tesi formulata spesso secondo cui Derrick è la controimmagine del tedesco cattivo". Gli applausi per Derrick-Tappert in Olanda, Francia e Norvegia non credo che derivino dal fatto che lo apprezzino in modo particolare perché gli spettatori siano sorpresi o rassicurati dal fatto che anche un tedesco possa essere una figura simbolo della giustizia. Mi sembra piuttosto che vogliano dire: è un essere umano che ha riguardo per la dignità umana, e casualmente viene da quella terra che ci ha procurato tanta sofferenza".

Personalmente possiamo dire di apprezzare in "Derrick", oltre a Tappert, numerosi altri aspetti. Gli altri attori, pur poco noti in Italia (anche se ricordiamo che un giovanissimo Fritz Wepper, alias Harry Klein, aveva lavorato in Cabaret con Liza Minnelli nel 1971), risultano sempre impeccabili e molto credibili nella riproposizione di personaggi appartenenti alla cosiddetta "quotidianità". L’ambientazione, sia nelle bellissime ville del ceto medio alto, sia nelle dimesse case dei quartieri popolari, è sempre eccellente e ricca di particolari, grazie al fatto che le riprese sono sempre state girate in abitazioni reali e non in studio. Le trame, infine, difficilmente rappresentano un "giallo" vero e proprio, affrontando tematiche che hanno sì a che vedere con il crimine, ma spesso legate alla scottante attualità odierna e non a delitti astrusi e di dubbia realizzazione.

 

Fotogrammi di due episodi di Derrick

 

Tappert, come racconta nel suo libro, ha avuto anche una seconda vita, prima ed oltre "Derrick", come attore di teatro, di cinema, e come uomo privato. Dalle pagine del libro emergono i ricordi dell’infanzia, a Wuppertal, l’incubo del nazismo, le persecuzioni degli ebrei (l’immagine di un suo compagno di scuola che non ha più rivisto ancora lo perseguita) la guerra con le sue terribili conseguenze, il ritorno alla vita, il debutto teatrale a Stendal, i grandi successi al Piccolo Teatro di Monaco, i due matrimoni falliti prima di incontrare, a Gottinga, quella che sarebbe rimasta la donna della sua vita. Tra le numerose esperienze personali che racconta, ce ne è piaciuta particolarmente una legata al primo dopoguerra, mentre aspettava un treno: "Nel ristorante della stazione di Braunschweig c’era insalata di aringhe. Non ne avevo più mangiata da anni e non era mai stata il mio debole. Ordinai una porzione. Per me aveva il gusto della manna e smisi solo dopo dodici porzioni. Il sapore della libertà in un’insalata di aringhe: la vita può essere davvero buffa".

Questo è Tappert/Derrick, attore di grande talento e personaggio ricco di interessi e di esperienze che vanno ben oltre il posato e calmo poliziotto conosciuto in TV.

Mìrì