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Gliu giuste
di
Riccardo Milan
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Un
nostro saggio concittadino è solito rispondere a
problematiche di vario genere con un’espressione che dà all’interlocutore
l’immediata comprensione dell’argomento. Lo stesso Bob
Dylan – 60 anni in questi giorni: AUGURI! - che dal 1963
pone alcune domande fondamentali (Quante strade deve
percorrere un uomo prima che lo si possa chiamare uomo? E
quante volte le palle di cannone dovranno volare prima che
siano per sempre bandite? E quante orecchie deve avere un uomo
prima che possa ascoltare la gente piangere? E quante morti ci
vorranno
perché egli sappia che troppe persone sono morte? E quanti
anni la gente deve vivere prima che possa essere finalmente
libera? Etc. etc.) se
fosse passato anche una sola volta a Roccasecca, avrebbe avuto
adeguata risposta da anni. Infatti il personaggio in questione
gli avrebbe risposto: "Gliu giuste!" Questa
sintetica ma essenziale espressione è alla base di ogni
società che elegga la Giustizia a bene supremo ed
inviolabile. Del resto lo stesso Platone, oltre 2000 anni fa,
fece suo questo fondamentale concetto roccaseccano,
sostenendo, nel "Timeo", che l’uomo non
doveva rinunciare ai piaceri materiali, ma soltanto "limitarli"
entro il criterio del "giusto mezzo", che
sarebbe poi "Gliu giuste". Esattamente ciò
che sostiene il nostro compaesano. Quante ore bisogna
lavorare? Quanta pastasciutta si può mangiare? Quanto vino
bere? La risposta è secca, perentoria e allo stesso tempo
tranquillizzante: "Gliu giuste!". Non c’è
bisogno di quantificare numericamente la risposta! E’
banale, dirà qualcuno. Eppure basta guardarsi intorno per
accorgersi che se nel mondo si seguisse questo criterio,
parecchie contraddizioni palesi e deleterie non si
verificherebbero. Animali che vengono nutriti con mangimi non
"giusti", capi di stato eletti sulla base di
conteggi non "giusti", posti di lavoro assegnati
sulla base di criteri non "giusti" o peggio mancanti
per milioni di persone, distribuzione non "giusta"
della ricchezza, regimi apparentemente "giusti" per
le categorie più deboli, rivelatisi poi profondamente non
"giusti", televisioni che propinano realtà e
pubblicità che è arduo definire "giuste", persino
lo sport ridotto ad aver più spazio sulla cronaca nera che
sulle pagine "giuste". E c’è pure chi saluta
felice l’arrivo di un ennesimo Uomo della provvidenza che
sistemerà tutte le cose. Ma sarà chiglie
"giuste?". Sembra che in questo mondo sfrenato nella
corsa ai consumi, soprattutto se griffati, ci sia poco spazio
per quella saggezza popolare che, a dispetto di quanto di
solito si pensa, non ci sembra poi così retrograda e
conservatrice, ma risulta anzi sobria e lungimirante. Del
resto la parola "conservazione" può avere doppio
significato: negativo se interpretata come "avversione
per qualunque innovazione, libertà ed emancipazione";
positivo se indica "mantenimento dell’ambiente, delle
culture e delle sane tradizioni", come dire "gliu
giuste".
Quando
tutti coloro che corrono incessantemente nelle loro iperattive
giornate, alla affannosa ricerca di qualcosa che probabilmente
neanche esiste, se non nelle astute menti di chi tira i fili
di questa massa di burattini, riusciranno a fermarsi per un
momento soltanto e a darsi la risposta "giusta",
forse ci sarà una reale inversione di tendenza, che oggi
probabilmente non è più né ideologica, né politica, ma
soprattutto di "cervello". Un elemento un po’
troppo dimenticato che ogni tanto andrebbe fatto funzionare di
nuovo. Quanto? "Gliu giuste"!
R.M.