LA MUSICA ITALIANA
E DI PROTESTA
ANNI ’60 – n.2
Avevate tirato un po’ tutti un sospiro di sollievo eh ? Su, confessatelo. Dopo la prima puntata dedicata alla musica italiana e di protesta degli anni Sessanta, l’avevate fatta franca per un paio di numeri e dunque avete pensato che non ci sarebbe stata mai una seconda puntata. Errore, grave e clamoroso errore. Io però vi avevo avvertito. Andatevi a rileggere la prima puntata; avevo avvisato che non garantivo né sulla puntualità né sull’organicità di questa mia cavalcata attraverso quegli anni mitici e un po’ misteriosamente fatati, sia per la musica che per molto altro.
E mi sembra di sentirlo, il Direttur : "Alla faccia di Gianni Minà" dirà sicuramente, cantore dei Sixties molto poco apprezzato dal nostro Direttur che odia alla stessa maniera i suoi servizi strappalacrime sul Sudamerica ( eroi preferiti Castro e Maradona, anzi si dice che proprio Minà abbia organizzato la lunga vacanza – cura disintossicante di Maradona sull’isola castrista ) e la sua incompetenza sportivo – calcistica.
Ma dopo questa digressione assolutamente poco pertinente, che voi come al solito mi perdonerete volenti o nolenti, torniamo alla musica dei Sessanta. L’altra volta abbiamo parlato, manco a dirlo, di Dio è morto, canzone di Guccini e dei Nomadi che per me rimane la massima espressione della canzone di protesta di quel periodo. Ma non bisogna commettere l’errore di pensare che in quegli anni, all’improvviso, tutti si fossero messi a fare pezzi di quello "spessore" e con quei contenuti. Qualche esempio ? Allora, "Dio è morto" è del 1967. Ebbene facciamoci un giro nei Juke box di quel periodo. Se da una lato si trovano canzoni come "C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones ", celeberrima composizione di Migliacci e Lusini condotta ad un clamoroso successo da Gianni Morandi con la guerra del Vietnam sullo sfondo, dall’altro furoreggiavano "Stasera mi butto" di Amurri e del famoso maestro Canfora ( immancabile presenza nei varietà televisivi alla direzione dell’orchestra ) cantata da Rocky Roberts e la volutamente reazionaria "La coppia più bella del mondo" interpretata da Cementano e Claudia Mori, ma scritta da Beretta, Del Prete e addirittura Paolo Conte.
Anche Morandi però fece subito dietro front con "Tu che m’hai preso il cuor" di inconfondibile gusto retrò, a cui fanno seguito altri pezzi simili come "Pippo non lo sa" di Rita Pavone, "Un’ora sola ti vorrei" di Ornella Vanoni. Tanto per completare il panorama, cito a memoria, ma l’elenco potrebbe essere infinito, "Quando mi innamoro" di Anna Identici, grande protagonista di una Festa di San Rocco a Roccasecca ( avrò avuto 12 o 13 anni e nonna Rosa alla terza canzone disse a mio nonno Vincenzo "Vagliò, iamece a fa ‘ca ora de sonn" ) , la terribile "Io ti amo, tu mi ami" di Alberto Lupo, "Non illuderti mai" di un’Orietta Berti allora ignara del fatto che sarebbe diventata 30 anni dopo una protagonista di un programma di successo come "Quelli che il calcio".
Prende però il via nel 1967 anche uno stile che definirei, in modo del tutto personale, predemenziale. Della serie Squallor antelitteram.
Tipico esempio di canzoncina vacanziera senza pretese … fin dalla copertina
Gli esempi ? Credo che ricorderete tutti, o quasi, dipende dall’età, la demenza di "Luglio col bene che ti voglio" di Riccardo Del Turco ( come molti altri fece praticamente SOLO quella ), "Cin cin con gli occhiali" di un personaggio del tutto originale come Herbert Pagani morto in seguito giovanissimo, e la assolutamente inascoltabile "Giuseppe in Pennsylvania" di Gigliola Cinguetti.
Eh, eh, eh, vi ho fregato, ammettetelo. Vi aspettavate una bella raffica di canzoni impegnate, ricche di significato e di testi penetranti e pieni di riferimenti culturali.
Nulla di tutto ciò, perché mie cari, che piaccia o no la musica degli anni sessanta fu anche questo.
Così, come quando io e il Direttur siamo soliti farci la guerra sparandoci addosso i nomi di vecchissimi, oscuri e dimenticati calciatori di millanta anni fa, che però hanno il potere di evocare facce raffigurate sulle ingiallite figurine della nostra adolescenza, con tutto ciò che ne consegue, prima di chiudere questa pazzesca seconda rata del mio debito d’onore (?) con l’Eco vi lancio contro un titolo che è tutto un programma : "Una chitarra, cento illusioni", scritta e cantata da Mino Reitano e la sua "Gente di Fiumara".
A presto.
Purtroppo, direte voi.
Ferdi
P.S. n.1
Sono ammessi critiche, insulti, pomodori, uova marce, frizzi, lazzi e scherzi. Nonché suggerimenti e contributi, seri, banali, demenziali, irritanti, provocatori, cinici e bari, al seguente indirizzo : vicferd@tin.it
P.S. n.2
Si ringraziano nell’ordine :
1. Riccardo Milan, per aver concesso il nulla osta per la citazione;
2. La "Miria edizioni" per il materiale d’epoca NON concesso in uso o in consultazione ( leggi BIG e altro ) ;
3. il webmaster Gigio, per definizione ;
4. il Trapper, perché non leggerà mai queste righe ;
5. Roberto Molle, perché almeno in questo caso ha capito da solo che in questo articolo NON potevo citare La battaglia di Montecassino ;
6.
il piccolo Antonio, perché stasera è al mare con i nonni e, esonerandomi così dai miei doveri di padre ( leggi incontri di box serali in cui io immancabilmente debbo fare da sparring partner ), ha permesso la stesura delle presenti note.
Pensiamo di far cosa gradita all’autore dell’articolo ed ai suoi lettori, inserendo i testi di due canzoni "di protesta" dei Nomadi, una celeberrima (Noi non ci saremo) e l’altra quasi sconosciuta ma dall’impatto ancora più forte; si tratta della versione italiana di una canzoncina di grande successo dei Troggs, stravolta nel testo, che oseremmo definire "dylaniano" mai come ora di grande attualità: "Un riparo per noi", che, se non ricordiamo male, subì immediatamente gli strali della censura.
NOI NON CI SAREMO
Vedremo soltanto una sfera di fuoco
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UN RIPARO PER NOI
È già Non possiamo |