Il tenente e il gatto
(sesta puntata)
Slash girò a lungo, perlustrò ogni ritrovo gattesco del villaggio, finché dopo qualche giorno concluse che le micie di quel posto non facevano per lui. Slash aveva gusti molto raffinati – come quasi tutti i gatti – a volte sin troppo; non riusciva ad accontentarsi mai. In effetti c’era stata una micia che aveva tentato di lusingarlo, ma lui dopo qualche fiutatina e delle piccole galanterie aveva preferito lasciar perdere. Quel pomeriggio era un venerdì e lui se ne stava pigramente acciambellato su una finestra della cucina a farsi riscaldare dai tiepidi raggi del sole appena uscito, dopo una mattina uggiosa. Ad un certo punto sentì che il tenente aveva aperto la porta ed era uscito, Slash allora decise di seguirlo: quello lì era sempre capace di mettersi in qualche pasticcio. Si mise a seguirlo con discrezione, ad un certo punto lo vide entrare in quel grande edificio mezzo distrutto da dove un tempo partivano ed arrivavano quei rumorosi e mostruosi carri ciccioni fatti di ferro, che gli uomini chiamavano treni. Slash li conosceva bene, essendo un gatto di mondo conosceva a fondo l’animale umano e tutti gli strani arnesi di cui questi si circondava. Mentre passeggiava per l’atrio sentì un odore molto gradevole solleticargli il suo olfatto: quella era fragranza di micia! Facendo finta di niente compì un mezzo giro intorno a una colonna fino a ritrovarsi di fronte una splendida gatta bianca, di taglia media, con gli occhi azzurri e una lunga coda bella folta. Slash cominciò a girarle intorno allungando di tanto in tanto la testa; la gatta, che aveva notato Slash già da un pezzo, inizialmente fece finta di niente ma poi dovette riconoscere a se stessa che quello era un gatto di belle fattezze, dal passo nobile e con uno sguardo luciferino che metteva il fuoco addosso. I due mici cominciarono ad annusarsi e sembravano piacersi, anche se il corteggiamento tra gatti è una cosa seria che va per le lunghe, non come per gli umani i quali fanno tutto di fretta: sempre e in ogni caso. Proprio in quel momento nella stazione entrò Tanja insolitamente elegante: indossava una camicetta beige, una gonna marrone che le arrivava sopra al ginocchio, delle calze bianche e degli stivali chiari. Sopra la camicetta aveva messo un giacca in tinta e si era legata una sciarpa intorno al collo. I lunghi capelli erano legati in una treccia. Slash sentì la voce di Tanja chiamare: "Camilla, finalmente! Ma dove ti eri cacciata? E’ un mese che ti cerco… temevo che ti avessero mangiata"; Slash ebbe un soprassalto la donna del tenente si era rivolta alla bella micia bianca! Bene bene, pensò il gatto, la faccenda si sta facendo interessante. Tanja chiamò il tenente, questi arrivò quasi subito attraversando l’atrio della stazione a lunghi passi; la donna non poté esimersi dall’ammirare quella figura slanciata e agile che le si avvicinava sorridendo: il lungo cappotto nero della divisa era slacciato e lasciava margine per vedere i calzoni, la camicia e la giubba, neri anch’essi. Tanja ammise a se stessa che il nero non faceva che aumentare l’eleganza del bel tenente, ma conoscendone la presunzione appena questi le fu vicino gli disse con espressione superiore: "come mai tutto vestito di nero ?ti è forse morto il gatto?", Slash dietro la colonna aveva sentito e fece tutti gli scongiuri di rito, che poi sono gli stessi degli umani…… "Dimmi" interloquì l’ufficiale alla donna. "Guarda – rispose Tanja mostrandogli la gatta – chi ho ritrovato, è Camilla la micia della locanda che era sparita da tanto tempo. Ti ricordi te ne avevo parlato, sono contenta di averla ritrovata, magari si possono fare compagnia lei e Slash". E non solo compagnia, pensò il gatto. Il tenente sorrise e dette un bacio a Tanja e alla micia. La donna osservando l’uomo si accorse dagli occhi che non era sereno; oltretutto rammentò che se aveva indossato la divisa al completo doveva esserci qualche seccatura. "Cosa sta succedendo" gli chiese alla fine. Il tenente storse la bocca e dopo un attimo di silenzio rispose: " stanno arrivando di nuovo e questa volta con l’appoggio dell’aviazione; ci hanno informato con la radio", "oddio – esplose Tanja - ma cosa vogliono ancora; cosa cazzo gliene frega di questo sputo di posto". Il tenente scosse la testa e rimase zitto; se veramente avessero bombardato lui non sapeva come difendersi, non aveva neanche un pezzo di artiglieria contraerea risalente alla prima guerra mondiale. Dopo aver riflettuto aveva capito che l’unica soluzione era far evacuare tutta la popolazione civile nelle grotte che si aprivano nella montagna, mentre lui e i soldati si sarebbero attestati nei bunker; questa volta sembrava proprio che la sua fortuna gli avesse voltato le spalle. In quel mentre arrivò il suo aiutante, divenuto nel frattempo un amico - in quella situazione, come già accennato, molte formalità e apparenze si erano giustamente perse – "tenente – attaccò il soldato – ho fatto raggruppare tutti nella piazza, appena lei darà l’ordine tre uomini sono pronti a scortarli verso la montagna"; "bene falli partire subito" si limitò a replicare il tenente; quindi si rivolse a Tanja e le chiese con molto dolcezza: "tu cosa vuoi fare? ti sarei grato se volessi andare con gli altri, qui non ci sarà da divertirsi". Lo sguardo di quella giovane donna, provata dalla lunga guerra fratricida e dalle dolorose perdite che ella stessa aveva subito, era furente quasi urlò quando disse al tenente:" io da qui non mi muovo; se tu hai deciso di farti ammazzare, io non sono disposta a rimanere sola un'altra volta: rimango qui e non provare a farmi cambiare idea". Il tenente non ci pensava nemmeno a fargliela cambiare, a passo spedito uscirono dalla stazione: il tenente, Tanja con Camilla in collo e l’attendente. Slash invece era seduto accanto alla colonna, capiva che questa volta il tenente e i suoi uomini non avrebbero potuto cavarsela; quindi lui doveva far ricorso a tutti i poteri soprannaturali che un gatto millenario qual era ha a sua disposizione. Ma gli serviva tempo e forse ormai il tempo era scaduto per tutti; oltretutto mettere in pratica il piano che aveva in mente significava evocare una forza tremenda e distruttrice a cui molti non sarebbero scampati. Slash era profondamente immerso in queste meditazioni quando il rombo degli aerei nemici si palesò. Gli aerei sorpassarono l’abitato e puntarono dritti sulla colonna in marcia verso la montagna: la squadriglia si abbassò in picchiata e cominciò a mitragliare la povera gente indifesa. Donne e vecchi vennero falciati dalle mitragliatrici, cadendo a terra come marionette disarticolate. Subito dopo da un altro aereo furono sganciate le bombe che scoppiarono con esplosioni tremende. A terra nel frattempo era l’inferno la stazione era saltata per aria, ma il vero strazio era stato compiuto sulla colonna in marcia, in pochissimi erano sopravvissuti: la maggior parte dei corpi dei civili era sparsa sul terreno; ma parlare di corpi non è esatto, bombe e mitragliate li avevano mutilati orrendamente. Il tenente guardava con orrore e impotenza quello scempio con il binocolo, urlava per la rabbia di essere stato avvisato con troppo ritardo dell’arrivo dell’aviazione nemica; a pagare quella lentezza erano stati degli uomini indifesi. Ma era ancora più furente per la vigliaccheria del nemico: ora non aspettava altro che trovarseli di fronte per ucciderne fino a quando ne avesse avuto la possibilità. Tanja era al suo fianco con un mitra in mano, il resto dei soldati pur sconvolti da tanta ferocia era pronta a battersi, gli occhi di tutti erano intrisi di sangue. Slash nel frattempo era salito sulla vetta della montagna e aveva assunto una posizione eretta il suo pelo era tutto alzato: pareva più un istrice che un gatto. Con le zampe sollevate al cielo iniziò a ruggire come un leone e recitò le invocazioni agli spiriti felini. Il cielo si oscurò e una terribile tempesta investì gli aerei che vennero spazzati addosso alla montagna, dove si schiantarono tra alte fiamme; nel frattempo tutta la pianura dal lato da dove provenivano gli aerei fu sconvolta da un tremendo terremoto. Contemporaneamente i soldati nemici stavano facendo irruzione nel villaggio, ma molti di loro erano stati travolti da questi improvvisi e devastanti fenomeni; il tenente che aveva compreso - dopo un lungo momento di smarrimento – che la partita aveva cambiato corso, lanciò i suoi uomini all’attacco. I due schieramenti entrarono in contatto, da una parte gli uomini del tenente rabbiosi, assetati di sangue e di vendetta; dall’altra i nemici che si erano visti cadere addosso un pezzo di montagna e resesi conto che non potevano più tornare indietro si erano lanciati verso il villaggio con la forza della disperazione. I combattimenti corpo a corpo furono furiosi e selvaggi, non ci sarebbero stati prigionieri troppo era l’odio che era esploso in quel posto. Il tenente stava gridando a un gruppo di soldati di ritirarsi dietro le macerie di una casa per riorganizzarsi, quando sentì le unghie di Slash piantarsi nella sua schiena. Ebbe allora un soprassalto che lo fece girare: era quello l’effetto che il gatto si era augurato di ottenere. Il tenente ebbe appena il tempo di voltarsi che i suoi occhi misero a fuoco una scena terrificante: tre uomini erano addosso a Tanja, l’avevano stesa a terra e stavano strappandole i vestiti da dosso. Il tenente imprecò con voce tremenda e piombò sul gruppo di cattivi sparando all’impazzata: a uno dei bastardi la sventagliata di mitra da distanza ravvicinata fece saltar la testa, gli altri due allora lasciarono la presa su Tanja e cercarono di arginare la furia del tenente. Uno dei malvagi riuscì a dare un colpo di baionetta verso il viso del tenente ma lo colpì di striscio sotto l’elmetto, il tenente sentì un rivolo di sangue scendergli sulla guancia; ancor più furente sguainò la spada – il mitra era ormai scarico o si era inceppato – e menò fendenti un po’ alla cieca, si arrestò un attimo per riacquistare un pizzico di lucidità e si vide di fronte l’uomo con la baionetta, ne anticipò il colpo immergendo il proprio ferro nella gola del malcapitato, che cadde rantolando. Nel frattempo il terzo uomo aveva estratto la sua pistola ma fu investito dal tenente, che lo aveva caricato a testa bassa come un toro. I due uomini finirono a terra avvinghiati il tenente riuscì ad afferrare una baionetta e colpì l’avversario svariate volte fino ad infierire. Fu Tanja, fortunatamente incolume, a gettarsi sul tenente urlandogli di smettere; l’ufficiale riacquistò di colpo la ragione e si fermò. Si rialzò e strinse con forza il braccio della donna poi l’abbracciò, le toccò il viso, il corpo mentre lei le diceva:"sto bene. Sto bene". Intorno la battaglia era finita i nemici erano stati travolti dalla rabbia dei soldati del tenente, ma questa volta le perdite erano state cospicue anche per loro. Improvvisamente il silenzio era piombato sul campo di battaglia, la scena che si offrì agli occhi dei sopravvissuti fu raccapricciante: dovunque erano sparsi morti e feriti, molte case erano state distrutte completamente o rimanevano in piedi rovine fumanti. Il tenente si avvicinò a Salvo, il suo aiutante, che era stato ferito in maniera seria, ma non gravissima e lo abbracciò; nel far questo gli fece anche un po’ male ma Salvo non si offese. Tutti i superstiti si misero subito all’opera per cercare di soccorrere i feriti e per seppellire le decine di morti. Il lavoro più straziante fu quello di ricomporre le salme dei civili morti sulla montagna: Tanja fu infaticabile, il tenente si chiedeva dove prendesse tanta forza. Molto più tardi, dopo aver stabilito i turni di guardia e predisposto l’assistenza ai feriti a cui tanto si dedicò soprattutto Tanja - visto che il medico era esausto e leggermente ferito anche lui - il tenente si incamminò verso la locanda, entrò e salì in camera dove si buttò, logoro e stracciato com’era, sul letto. Chiuse gli occhi ma una voce bellissima e dolcissima gli disse:" e tu credi che io mi sia fatta il bagno per dormire accanto a un puzzolente soldataccio". Il tenente aprì gli occhi e vide Tanja avvolta nel suo accappatoio, splendida, con la pelle lievemente arrossata dal calore dell’acqua, i lunghi capelli bagnati erano sciolti. Il tenente chiese: "ma come fai a ritrovare subito tutta la tua bellezza?", un attimo dopo l’aveva gettata sul letto, le aveva tolto l’accappatoio e incurante delle sue proteste le stava baciando tutto il corpo. "E tu come fai ad avere ancora certi bollori?" fu la risposta di Tanja. Al piano di sotto intanto Slash si stava prendendo cura di Camilla, molto irritata per via della tanta polvere che aveva offuscato il suo manto bianco. Slash per fare colpo su di lei aveva deciso di mostrale tutta la sua competenza musicale: fu così che nella casa si diffusero le note di Every breath you take; che la bella micia ribattezzò Every breath you love. GS |