Tra fiaba e realtà
Incisione di Albrecht Durer
I misteri di Roccasecca
Il vecchio eremita raffigurato in tante stampe ed incisioni (come quella soprastante) racconta le storie fantastiche del tempo che fu. I bambini ascoltano le storie del vecchio, tramandate nei secoli, con gli occhi spalancati e lo sguardo attento, e con un pizzico di apprensione. Quando poi diventano grandi, spesso dimenticano quei racconti; alle volte per sempre, in altri casi, invece, per anni lasciano quelle storie nel dimenticatoio, per poi vederle riaffiorare all’improvviso, a causa di una veduta, o di un odore o un sapore che riporta loro un’immagine o una voce lontana. Quelle storie resteranno per sempre impresse nella memoria. Si annidano da qualche parte nell’inconscio e non l’abbandonano mai più, e il segno che vi incidono è profondo, e quando il caso le riporta alla luce, esse affiorano e risvegliano in noi le prime intense emozioni dell’infanzia. Questo è proprio quanto ci è accaduto poco tempo fa, quando, percorrendo la strada che conduce da Pontecorvo a Roccasecca, a bassa velocità, per gustare le bellezze della campagna circostante, abbiamo rivisto alcuni luoghi, per anni dimenticati, che ci hanno riportato ad un pomeriggio di circa trent’anni fa. Percorrevamo, con Vincenzo e Ferdinando, quella stessa strada in bicicletta, era d’estate, e ci fermammo sotto l’ombra di un albero per riposarci un poco. Ci apparve un vecchio che ci raccontò alcune storie misteriose e affascinanti. Ci disse che l’albero da noi scelto come riparo dal caldo era la "Quercia dei sette soldati" e nascondeva una leggenda. Una notte, durante l’ultima guerra, i soldati in questione si erano fermati a riposare proprio in quel luogo. Consumata velocemente una frugale cena con le poche vivande che avevano, si erano disposti a pulire le armi prima di abbandonarsi ad un sonno ristoratore dopo le fatiche di una lunga giornata. Per loro disgrazia furono colti così, all’ improvviso, dai nemici che li uccisero tutti e sette. Da allora, ogni notte, i fantasmi dei sette soldati si risvegliano sotto la quercia e ricominciano metodicamente, in silenzio, a ripulire i loro fucili, prima di scomparire di nuovo alle prime luci del giorno.
Eravamo ancora sbalorditi da questo racconto, che il vecchio ci indicò un grosso macigno bianco, a poca distanza, e, rispondendo ai nostri sguardi interrogativi, ci spiegò che era il "Sasso del fantasma", sul quale si accasciò un uomo colpito a morte dalla mano armata di coltello di un bandito che lo aveva assalito per derubarlo. Sulla pietra bianca e liscia, dopo più di un secolo, ancora sarebbero emerse le chiazze rosso scuro del sangue dell’ ucciso. Ogni anno, nella ricorrenza dell’assassinio, di notte si sentirebbero dei lamenti e dei flebili richiami di aiuto provenire dal sasso.
Infine il vecchio volle salutarci, non prima di averci raccontato una terza storia incredibile. Ci fece spostare per qualche decina di metri lungo la strada finché non giungemmo ad un bivio all’angolo del quale sorgeva una piccola vecchia casa in abbandono, non diroccata, ma quasi completamente circondata da vegetazione incolta e semiricoperta di edera selvatica. Il vecchio la definì "La casa dello spettro", il cui abitante, non si sa se fosse uomo o donna, si faceva notare ogni tanto, in diversi modi, ovviamente sempre al calare delle tenebre: urla agghiaccianti (udite da più di un testimone attendibile, cioè non sensibile ai buoni bicchieri di vino), luci tremolanti visibili attraverso la finestrella con le sbarre che dava sul bivio, movimenti di persiane e cigolii provenienti dall’interno. Sinceramente credemmo poco a questa storia che ci sembrava tratta da un libro di fantasmi dell’800, finché una sera, passando su quella strada, non vedemmo una luce che si muoveva all’interno della casa, proprio da quella finestra che ci era stata indicata. Vedere e fuggire di corsa fu inevitabile, e per lungo tempo non attraversammo più quel bivio "maledetto". Ovvia-mente nessuno credette alla nostra storia, che rimase lì, nelle nostre menti per tornare, viva come allora, nel momento in cui ci trovammo a ripercorrere quella strada. Non abbiamo più rivisto il vecchio narratore, il quale, nella nostra immaginazione, va ancora in giro, per le campagne, a raccontare le sue storie misteriose..., tra leggenda e verità, tra fiaba e realtà...
Van Dijck