L’Eco di Roccasecca

Il soldato Schmidt

Una serata invernale, trascorsa accanto al camino; io, Miria e Zia Maria. Era il 2 gennaio scorso. Non ricordo come siamo andati a parlare dell’ultima guerra mondiale, vissuta da una Maria bambina nella casa di famiglia nella campagna di Roccasecca. Vi rimando a pagina 2 per il racconto completo di una particolare e tremenda giornata di quel periodo che fu. Ora prendo spunto dal tragico protagonista della vicenda per qualche breve considerazione sul significato (sempre che ne abbia uno) della Guerra. La Maria bambina aveva quotidianamente contatti con i soldati tedeschi, alcuni molto giovani, che avevano fatto della casa dei suoi genitori il loro Quartier Generale. Un ragazzo dai capelli rossicci e dai modi gentili aveva anche scherzato con i bambini, accennato giochi nell’aia, balbettando frasi sconnesse per via delle lingue diverse. Un giorno arrivò il bombardamento, e tutti i tedeschi che si apprestavano a mangiare il "rancio" di mezzogiorno furono falciati. Maria, i genitori ed i nonni si salvarono miracolosamente. E quando passarono tra quelle due file di giovani vite finite, la bambina riconobbe quei capelli rossi e chiamò la madre, che la spinse via velocemente, quasi cercando di cancellare il più in fretta possibile quella terribile scena. Rimase lì, il giovane viso al cielo, lui come tanti altri: il soldato Schmidt. Un ragazzo che se avesse avuto la fortuna di vivere in un’epoca diversa avrebbe passato gli anni migliori in ben altre faccende, ed invece è rimasto lì, senza vita, per motivi incomprensibili, sotto la collina di Caprile.

Quanti soldati Schmidt sono esistiti nella lunga storia del mondo? Milioni, certo, ma non sono bastati se ancora oggi si cerca di risolvere le controversie con le bombe, le guerre, i commando suicidi. Tutti eventi che generano morti, proprio come quel povero soldato Schmidt. Chissà nel posto dove è morto ora cosa c’è? Una casa, un’aia, un prato, una strada? Mi viene in mente una pagina di un vecchio libro di W. March, "Fuoco!" che riporto quasi integralmente: "Lo si riconosce sempre un campo di battaglia dove molti uomini hanno perduto la vita. La primavera seguente, l’erba vi cresce più verde e lussureggiante che non nella campagna circostante; i papaveri sono più grossi, i fiordalisi più azzurri. Crescono nel campo e lungo gli orli dei crateri delle bombe e si chinano quasi fino a toccarsi al di sopra delle trincee abbandonate, in una massa di colore che s’increspa continuamente a seconda della direzione del vento. Tolgono le cicatrici al terreno sconvolto e lo trasformano di nuovo in una superficie liscia, dolce. Prendiamo un bosco, un avvallamento: tempo un anno, nessuno immaginerebbe mai quel che vi è accaduto. Ripeto i miei pensieri a mia moglie ma lei dice che non è difficile spiegare questa faccenda dei campi di battaglia: il sangue degli uomini uccisi e i corpi sepolti rendono più fertile il terreno e stimolano la crescita della vegetazione. < E’ un fenomeno naturale > dice. Ma non riesco ad accettare quella spiegazione troppo semplice. Secondo me Dio è tanto disgustato dagli uomini e dalla loro continua crudeltà, che ricopre più in fretta possibile il luogo nel quale sono state commesse".

RM