Eppur si muove ….

… la cultura a Roccasecca

Il fatto che Mario Izzi, che ormai tutti conoscete bene se leggete questo giornale, abiti vicino Bologna non limita certo la sua presenza sia sull’Eco, sia, più in generale, nel panorama culturale roccaseccano. Si dice, spesso a ragione, che a Roccasecca la cultura stenti a decollare, nonostante i personaggi illustri del passato ed una storia secolare che non tutti i paesi possiedono. Izzi, insieme a pochi altri (Fernando Riccardi e Luca Di Ruzza, tanto per citare due nostri collaboratori!) prova ad essere l’eccezione che conferma la regola.

Abbiamo ricevuto in anticipo (potremmo dire in anteprima mondiale!) una copia della sua ultima fatica che sta per andare alle stampe: ANCORA SU "ROCCA D’AQUINO".

Chi segue Izzi sa che da tempo egli propone di cambiare il nome di Roccasecca in Rocca D’Aquino, per vari motivi che ora, anche per non dare troppe anticipazioni ai futuri lettori del volumetto, non illustriamo nei particolari.

Ci limitiamo a citare due brani relativi al nome attuale ed a quello "futuribile".

"L’appellativo di <Sicca> mi piace perciò immaginarlosorto da una specie particolare di battesimo operato dal popolino, cioè da coloro che per lavoro erano di casa al Castello, e dai quali solitamente nascono le canzonature di ogni tipo e natura. Tale vocabolo, passato nella ordinarietà ironica del gergo quotidiano, utilizzato sicuramente dagli avversari nella sua versione sarcastica e denigratoria – come si avrà modo più avanti di spiegare – e fissato infine nella ripetitività monotona delle generazioni per oltre un secolo, venne registrato da chi lo avrebbe trasmesso nel ‘Chronicon’ ai posteri con la frase ‘Roccam, quae nuncupatur Sicca, aedificavit’ e con l’inciso – di sapore giovenaliano – "hilaris effectus Roccam vocabolo Siccam’. Ciò che avrebbe così integrato ‘la storia’ del tempo, fissandone esattamente l’origine ma anche i limiti, oltre che l’ironia".

"Personalmente ribadisco che il mio paese, con gli indicati precedenti storici, lo chiamerei d’ora in avanti ‘ROCCA D’AQUINO’, perché è là la sua origine e perché tale è il nome dl Casato del suo più illustre nativo. Sarebbe più corretto e più giusto e, soprattutto, più vero in quanto più reale, geograficamente e storicamente. Una questione di stile, storia, cultura su cui non tutti – lo ammetto – sono indotti, per ovvie ragioni, a convenire, almeno per ora".

Non andiamo oltre e vi invitiamo a procurarvi una copia dell’interessante testo.

Ma c’è un altro tesoro proveniente da casa Izzi, di cui abbiamo piacere di parlarvi. Si tratta di un libro scritto nel 1962 (edizioni Santoro, Roma) dallo zio Osvaldo (un vizio di famiglia, scrivere libri su Roccasecca!) ed intitolato "STRAPAESE". "Una storia - dice Mario Izzi - che riflette il nostro ambiente contadino dell’ottocento-primi anni del novecento, quando, abbarbicati sulla montagna o ancorati in pianura, ci si arrabattava per ricavare dalla terra – allora più di oggi avara e fuori dal mondo – quel tanto o quel poco necessario per vivere".

Ecco la descrizione del paese come appare a pagina 11 del libro:

"Vivevamo poveramente. A Roccasecca, paese di pochissime risorse, la miseria era pressoché generale. Le famiglie agiate si contavano sulla punta delle dita; quelle che se la cavavno a stento, facendo miracoli di economia domestica, non raggiungevano le due dozzine, poi vi erano altrettanti contadini proprietari che riuscivano bene o male a sbarcare il lunario e la più gran parte della poplazione vivacchiava alla giornata: se riusciva a metter su il pranzo, doveva quasi sempre rinunziare alla colazione o alla cena. Infine vi erano i poveri: bracianti senza lavoro, invalidi, vecchi, bimbi, accattoni di mestiere."

Siamo certi che questo primo assaggio già fa venire l’acquolina in bocca a tutti gli appassionati delle storie della vecchia Roccasecca; e siamo altrettanto certi che Mario ci fornirà altri stralci del libro di zio Osvaldo, buonanima.

Alla prossima puntata.

RM

La neve in località Castello nel gennaio scorso

(foto Franco Nardi Communications)