Il piccolo mondo di

Peppone e Don Camillo

Immagini piene di pioggia, di luoghi spaziosi, di campagna, di case dalle grandi stanze e dagli alti soffitti; e ancora: freddo, persone che la pensano in maniera diametralmente opposta eppure sono amici. Questi sono stralci pescati qua e là dai film che vedono protagonisti due dei più celebri personaggi apparsi nella letteratura popolare italiana: Peppone e Don Camillo.

Il loro "papà" è Guareschi che ha fatto di Brescello e della Bassa (così è chiamata quella parte di pianura padana intorno a Reggio Emilia) il centro del mondo, posandolo su due pilastri massicci come il Sindaco comunista e il tosto e granitico parroco di campagna. La scommessa, stravinta, di Guareschi è quella di far ri-innamorare gli Italiani delle loro radici culturali contadine.

Nella provincia descritta da Guareschi si ritrovano volti, gestualità, mentalità che non sono dissimili da quelle della provincia siciliana, veneta, campana o lombarda. Quindi l’identificazione con i personaggi – e la loro comprensione - risulta molto facile. Per capire il successo di Peppone e Don Camillo, bisogna tenere conto anche del fatto che l’urbanizzazione forzata in Italia c’è stata grosso modo a cavallo delle due guerre e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale; per cui non credo di sbagliarmi quando affermo che la stragrande maggioranza dell’Italia ha, tutt’ora, un qualche legame con la provincia.

Da qui il successo, raggiunto tra l’altro in epoche diverse: all’epoca del loro esordio, ma anche a distanza di decenni. Oggi infatti esiste un vero e proprio revival delle avventure scritte da Guareschi, se passate da Brescello sul cartello di benvenuto in città c’è scritto:<<Benvenuti nel paese di Peppone e Don Camillo>>.

Guareschi mi sembra uno scrittore molto furbo, che dell'Italia degli anni '50 aveva ben capito l'estrema esigenza di dimenticare la guerra e quindi di porsi meno problemi possibile. Eppure i personaggi che descrive sono pieni di vitalità, hanno dei valori e degli ideali. Peppone, il comunista, il rosso, è sì pronto a spaccare la testa al Cagnola (proprietario terriero, anzi latifondista, che pur di non cedere un ettaro della propria terra al comune è pronto a imbracciare il fucile e a sparare), ma perché è veramente convinto che la terra sottratta al ricco proprietario servirà a fare quella diga che risparmierà tanti danni alle campagne.

Dalla penna di Guareschi scaturisce un idea di società che esemplifica sin troppo i rapporti umani, risolvendo tutto in una visione manichea del mondo - il rosso e il bianco - viscerale, ma molto italiana e pronta ad essere stemperata in un italianissimo "volemose bene".

E alla fine mi viene da pensare che quello era un mondo più sano di quello in cui viviamo noi.

Non che fosse privo di odio, che è sempre esistito, di prepotenza, di ipocrisia e via dicendo, ma forse quella società era più "vera" di quella odierna.

Si rincorreva il benessere, il miglioramento della propria condizione sociale, come oggi, ma a "naso" direi che era una rincorsa più sana, non dettata dal trionfo del consumismo fine a se stesso.

Un altro aspetto che mi colpisce molto è l’assenza di un sentimento che oggi spopola, quello dell’indifferenza. E’ ovvio che in un microcosmo si ha una percezione quasi totale di ciò che accade intorno – peraltro c’è da indicare il rovescio della medaglia di questa situazione: la quasi totale mancanza di privacy -, ma lo spirito di solidarietà era sicuramente più in auge di quanto lo sia oggi. L’altro aspetto che mi colpisce delle storie di Peppone e Don Camillo è la concezione del tempo: si vive ad un andamento a velocità moderata, senza la necessità di affannarsi a correre per quasi tutta la giornata. La vita aveva sicuramente una qualità più alta. Mi spiego con un esempio assolutamente banale: allora una passeggiata, uno spostamento in bicicletta era la normalità, oggi tutto questo viene considerato un hobby, una conquista. Oggi il concetto di "necessario", di "produzione", di "non se ne può fare a meno" ci costringe a dei ritmi di vita altissimi. Se ci fermassimo a pensare perché lo facciamo, non credo che sapremmo dare una risposta decente, certo si può scegliere di non adeguarsi, ma questo ci porrebbe ai margini della società e sarebbe quindi una scelta perdente. Con tutto questo discorso non voglio certo negare i pregi del progresso. Se rimaniamo al concetto di velocità di spostamento non mi dispiace certo poter prendere un aereo e trovarmi dopo circa due ore a Londra.

Ma torniamo a Peppone e Don Camillo. Aldilà del fatto che uno sia comunista e l’altro un prete, sono due uomini molto simili: testardi, generosi, dogmatici, vitali, combattivi. Le loro personalità non possono non scontrarsi, e non solo perché appartengono a due "parrocchie" diverse, ma perché entrambi sono così straripanti e votati alla missione del comando che sarebbero entrati in conflitto anche se fossero entrambi appartenuti al circolo bocciofilo, senza alcuna implicazione politica. Una aspetto che mi piace molto, e che Guareschi sottolinea continuamente, è il temperamento focoso e passionale dei protagonisti, di tutti i protagonisti. Guareschi ha amato entrambi i suoi personaggi, ma aveva un debole per Don Camillo; che comunque si professava per un acerrimo anticomunista, quale lo stesso Guareschi era. Però è buffo come tutto sommato in molte occasioni Don Camillo passi per un prete rosso, mentre Peppone è un bolscevico che frequenta la chiesa con ritmi da chierichetto. Questa è una contraddizione che Guareschi ha amplificato moltissimo, forse per dettare una sorta di riappacificazione nella società italiana, all’epoca molto accanita nelle sue divisioni. Rimane comunque da sottolineare come lo scrittore emiliano tenda a far passare Peppone più di una volta come fesso, mentre Don Camillo sembra più furbo.

La prossima volta parleremo della versione cinematografica dei due eroi della Bassa. Faccio solo una piccola anticipazione dicendo che Gino Cervi, nei panni del sindaco e Fernandel in quelli del prete, sono stati bravissimi e insuperabili – almeno fino ad oggi – nell’impersonare Peppone e Don Camillo.

GS