La breve vita del soldato Schmidt

(così come me l’ha narrata Zia Maria)

Molti conoscono bene, grazie anche ad alcuni articoli e "speciali" apparsi su queste pagine, gli eventi che durante la Seconda Guerra Mondiale hanno coinvolto la zona di Roccasecca e dintorni.

La distruzione dell’Abbazia di Montecassino, l’esplosione della stazione ferroviaria di Roccasecca sono sicuramente i fatti più importanti accaduti ed hanno ricevuto, a ragione, molta enfasi e tanta letteratura (anche da parte di alcuni nostri collaboratori!).

Ma la guerra è fatta anche di tanti piccoli episodi, quasi sempre ignorati da tutti, eccetto che dai testimoni oculari e da coloro che in seguito ne hanno ascoltato i racconti. Questa storia vuole essere una testimonianza ed anche un omaggio ad altri eventi simili di cui forse non parlerà mai nessuno. I tedeschi avevano requisito delle case da utilizzare come base per le odierne spedizioni nella campagna di Cassino. Una di queste abitazioni fu proprio quella dei genitori di Maria.

Gli abitanti della casa furono spostati, insieme a molte suppellettili, nella pur grande cantina, mentre la casa padronale fu adibita a quartier generale. Ad onor del vero bisogna specificare che i Tedeschi non nascosero i rischi connessi a rimanere in quella casa, che automaticamente diveniva un possibile obiettivo dei bombardamenti e delle incursioni dei caccia alleati ed invitarono i civili ad andarsene. Ma i genitori ed i nonni di Maria preferirono restare pensando che il pericolo non fosse così imminente e sperando, forse, che la casa sarebbe stata presto riconsegnata. C’è da tener presente il tradizionale attaccamento alla propria abitazione nelle zone rurali più che altrove, dove il legame casa-uomo-terra sembra indissolubile. Ci raccontano infatti altri testimoni dell’epoca che quando molti roccaseccani si rifugiarono sui monti, soprattutto in in località Santopadre, durante il giorno i capifamiglia affrontavano un lungo, faticoso e pericoloso viaggio fino a valle pur di andare a controllare le proprie abitazioni rimaste vuote. Ogni mattina dalla casa partivano grossi e pesanti camion pieni di giovanotti che andavano alla guerra. Maria li guardava partire. La sera quegli stessi camion tornavano, sporchi, ammaccati, le enormi ruote infangate. Non scendevano tutti coloro che erano partiti la mattina; ogni giorno un certo numero rimaneva nelle campagne, in attesa di essere portati in futuro in un cimitero o addirittura sepolti, dopo essere stati spogliati di ogni bene riutilizzabile (la guerra è anche questa, purtroppo, inutile scandalizzarsi) là dove erano stati colpiti. Forse proprio là dove in seguito sono cresciuti i fiori più belli e colorati. Uno di questi ragazzi, lo abbiamo detto prima, si chiamava Schmidt (forse si scrive così, forse no, ma non si può pretendere di più dai ricordi di una bambina che parlava un’altra lingua!) ed appariva molto giovane, poco più di un adolescente, i capelli rossicci, una malcelata tendenza alla distrazione in quei brevi momenti di rilassamento che ci sono anche durante le peggiori guerre. Si avvicinava ai bambini e ai ragazzi che giocavano nell’aia, provava a comunicare, a condividere in qualche modo momenti più sereni. Chissà se proveniva dalla città o anche lui dalla campagna? Chissà se quel luogo in qualche modo non gli ricordava casa sua, un fratello, una sorellina. Noi non lo sapremo mai. Quel giorno i ricognitori volarono più spesso del solito.

Il papà di Maria subodorò il pericolo e trascinò i bambini sotto una macchina agricola, accanto ad un pagliaio. I nonni rimasero in cantina, causa quel certo fatalismo, che spesso sfocia in pigrizia, tipico delle zone meridionali …. I soldati tedeschi, ordinati come al solito su due file, aspettavano il rancio. Le donne avevano preparato pasta e fagioli. C’erano due donne del paese che venivano tutti i giorni ad aiutare in cucina, ed una di loro si era fidanzata proprio con un soldato tedesco. I bombardieri si materializzarono sul cielo limpido e sganciarono il loro pesante e triste carico. Maria racconta che alcune delle buche che vide successivamente sembravano enormi crateri lunari. Le esplosioni, gli incendi e le grida si susseguirono nel breve spazio di pochi minuti. Quando Maria si rialzò trovò le mani accoglienti e protettive dei genitori che la portavano via. Per uno di quei miracoli che ogni tanto accadono anche in guerra, la bomba scoppiata accanto al covone di paglia non aveva provocato incendi e così anche la trebbiatrice sotto cui si erano accovacciati era rimasta integra. Una scheggia di muro aveva invece provocato una ferita nel papà. La scena che li accolse mentre passavano in quella che era stata l’aia fu atroce. Tutti quei soldati tedeschi erano a terra, morti, in una fila quasi composta, proprio come erano stati, in piedi, negli ultimi istanti di vita. Maria riconobbe Schmidt dai capelli, chiamò la mamma urlando "quello è Schmidt, è Schmidt!", ma fu strattonata e portata via il più in fretta possibile da mamma Rosa, che aveva un unico obiettivo: allontanarsi in fretta da quell’orrore. I nonni, altro miracolo, si erano salvati restando seduti sotto l’unico arco della cantina rimasto in piedi. Tutto attorno solo distruzione. Della casa non rimase nulla. Fu riedificata in seguito; un solo piano in attesa di sopraelevare successivamente. Poi Maria si sposò e la casa rimase così com’era, ad un solo piano. Nella tragedia Maria ricorda anche un particolare quasi divertente. Come tutti gli abitanti del luogo, i suoi genitori, prima dell’arrivo dei Tedeschi, avevano nascosto damigiane dappertutto, per evitare il sequestro e tentare di conservare qualche bene essenziale (olio, farina, etc.). Ebbene, una bomba andò a colpire proprio il posto dove erano state sotterrate le damigiane riempite con la farina, lasciando un paesaggio lunare, con tanto di cratere imbiancato da quella preziosa polvere bianca.

Oggi le polveri bianche preziose, nel mondo, sono ben altre, oltretutto pericolosissime …

La famiglia di Maria si trovò d’un tratto senza casa, senza un posto dove andare a dormire. Ma ecco che da Caprile giunse uno zio, accorso dopo il bombardamento. In realtà questo parente era considerato un "libertino" all’epoca, forse non andava neanche particolarmente d’accordo con i parenti, ed era andato ad abitare da solo, in affitto, in una casetta di Caprile. E proprio in quella casa ospitò gli sfortunati parenti.

La leggenda (o la verità storica? chi lo sa!) vuole che questo "zio", giunto sul luogo, dopo essersi accertato che i parenti fossero in condizioni di salute accettabili, si accomodasse tra i ruderi e le macerie per rendere omaggio a … quella pasta e fagioli alla ciociara che non era stata consumata! E così, spostando qua e là detriti e polvere dalla pentola, ne mangiò una robusta porzione. Proprio come in un film di Totò! Questa scena finale smorza un poco la tristezza della storia e fece sì che, tornando a casa in quella sera d’inverno, io e Miria commentassimo più questo episodio che ciò che era successo prima.

E spero che abbia lo stesso effetto su di voi, che vi apprestate a voltare pagina per affrontare pagine più frivole. Anche se ormai il soldato Schmidt è entrato nelle nostre vite e difficilmente ne uscirà più. R.I.P.

R.M.