Aneddotica calcistica

 Sulla scia di quanto scritto da Ferdinando sull’ultimo Eco pubblicato, ho rovistato nella memoria e ho rintracciato alcuni dei molti aneddoti sul mondo del calcio, ascoltati in tanti anni. Uno dei più gustosi è quello narrato alcuni mesi fa dal centravanti del Bologna (ma anche d Catanzaro, Genoa) Bruno Pace. Ebbene egli all’epoca del fatto militava tra i felsinei, allenati dal mitico Oronzo Pugliese. Pace ha detto che l’allenatore lo marcava stretto, a causa del suo comportamento un po' troppo libertino. Un giorno in un cinema Pace si accorge che qualche fila davanti a lui c'era uno che da dietro gli somigliava moltissimo. Allora chiama Bulgarelli e gli dice:<<vai da Pugliese e digli che mi hai visto fumare>>. Infatti l'ignaro signore si stava godendo lunghe boccate da un grosso sigaro. Bulgarelli si reca dall'allenatore e gli fa:<<guardi che c'è Pace che sta fumando>>. Pugliese allora si alza striscia fino alla fila indicatagli da Bulgarelli e bham!! molla uno scapaccione sulla testa dello spettatore. Questi, che era più alto e grosso di Pace, si alza inviperito e prende Pugliese per il bavero pronto a frollarlo di botte. Inutili le scuse di Pugliese che in perfetto barese diceva al colosso:<<mi scusi, credevo che lei fosse Pece>> con una rigorosa “E” al posto della “A”.

 

Oronzo Pugliese si agita in panchina, come sempre!

 

 

           

Due rare figurine del “bolognese a vita” Giacomo Bulgarelli: a sinistra nel 1960, a destra nel 1962.

 

Pugliese era noto per le sue uscite in “dialetto” stretto. Se fate un giro su internet farete l’incredibile scoperta che alcune sue espressioni sono nbcora ricordate con ironia mista ad affetto da vecchi appassionati. Frasi come:

 

"Date, pigghiate... fescite, fescite.

Acciaffat' a cudde... Vedite, Vedite.

Uagliò,la palle: ca se no ji t'accide"

 

"Acciaff'a cudde... vite,vite.

Uagliò la palla, ca se no t'accide"

"Uagnune, nda denz'a le uà,

nu amà scì in serie A.

Forz' alle gamme, forz'a le becchine

non zite facenne le signorine.
Forza, uagnune...

Acciaffate ddò, acciaffate ddà,

non zite facenne le baccalà

perchè ama scì in serie A"

 

"Acciaff'a cudde... vite, vite:

uagliò la palla, ca se no t'accite"

 

Sempre riguardo al povero Pugliese un altro aneddoto fu narrato da Peirò (mezz’ala che giocò nell’Inter e nella Roma) e riguardava la comprensione del lessico adoperato dal ruspante “mister”. Dice Peirò:<<Io con Pugliese andavo d'accordo, ma non sempre riuscivo a capire quando parlava e considerate che io l'italiano l'avevo imparato bene>>.

 

Questi erano grosso modo i mitici  anni ’60, ma l’aneddotica è grande anche in tempi recenti. Prendiamo il sofisticato Milan di Arrigo Sacchi. Il profeta del nuovo calcio entrò come un ciclone a Milanello. Una delle prime cose che cercò d’insegnare a Franco Baresi fu come egli si dovesse muovere per fare la diagonale e come punto di riferimento gli consegnò una cassetta contenente le esibizioni di Signorini nel Parma. Non contento quando alla seconda giornata d’andata a Milano arrivò la Fiorentina, spostò Tassotti centrale difensivo e immise sulle corsie laterali Mussi e Bianchi. Il risultato fu che Roby Baggio si divertì come un matto e segnò un gol, dopo essersi dribblato varie volte i basiti difensori rossoneri.

Sempre nell’anno del suo avvento, Sacchi impose alle sue truppe delle sedute di yoga, in cui l’unico suono ammesso era il rituale <<ohm, ohm>>. Mentre tutti erano ad occhi chiusi, ecco che Massaro scivola alle spalle di tutti e  spara con una scacciacani. Si sussurra che Sacchi perse qualcuno dei suoi già rarissimi capelli. È, viceversa, una realtà il trasferimento di Massaro alla Roma la stagione successiva.

Di quel tellurico primo impatto sacchiano serba un gran bel ricordo il grande Filippo Galli.

Una notte fu svegliato da urla atroci, giungenti dalla stanza dell’allenatore. Ovviamente era Sacchi che in piena trance agonistico-onorica urlava nel sonno: <<Francoooooooooooo, esciiiiiiiiiiiiiiiiiiii, il fuorigioco!!!!!!!>>. Povero Sacchi! 

Al Milan si tramandano varie altre leggende. La prima è quella riguardante Marcel Desailly. Ve lo ricordate? Un armadio a tre ante, sconsigliabile irritarlo o provocarlo. Tuttavia il gigante buono si rifiutava di giocare al fianco di Baresi in difesa. Il motivo? Semplice: aveva paura che il grande capitano lo sgridasse!

Altra storia quella di Tassotti. Il Tasso, romano di San Basilio (quartiere accuratamente evitato dalle SS, durante l’occupazione nazista della capitale nel 43-44) all’inizio della carriera passava per uno dai modi spicci (i tacchetti piantati nella faccia di Oriali - o Altobelli? - durante un derby suscitarono più di una perplessità nei lamentosi nerazzurri), ma con il proseguire degli anni affinò molto la sua tecnica  e si meritò il soprannome di Djalma Santos. Tuttavia era rispettatissimo dagli avversari e quando durante un Bari - Milan, un difensore avversario lo sbattè per terra, bastò un’occhiataccia per indurre l’incauto barese ad esclamare:<<mi scusi signor Tassotti>>.

Non meno ricca la fucina di leggende riguardanti la Lazio. Chinaglia era uno dei boss e quando c’era da farsi da rispettare non andava per il sottile, neanche con i compagni di squadra. Sicché durante una partita la Lazio si vede assegnare un calcio di punizione. Si avvicina D’Amico deciso a calciare il pallone. Ma Long John era di tutt’altro parere e per renderne partecipe il, allora giovane, talentuoso centrocampista lo prese a calci nel sedere.

 

 Sempre D’Amico fu protagonista di un altro episodio, da lui stesso ricordato. Ultima giornata del campionato di B, Cavese- Lazio, pare che le squadre si siano accordate per un pareggio (che sta bene a tutti), tuttavia i campani sono in vantaggio 2-1: arriva provvidenziale un calcio di rigore, “capitato” a proposito. Sul dischetto va D’Amico – Chinaglia non c’è più – il portiere avversario gli va incontro e D’Amico gli dice:<<lo batto sulla destra, tu vai dall’altra parte>>. Il portiere, per essere certo, ribatte:<<alla destra di chi?>>. Per la cronaca il rigore andò a segno, la partita finì 2-2, Cavese salva, Lazio in A.

Chiudo con una richiesta per Ferdinando, non mi ricordo più bene  la storia  tra De Sisti e Bierhoff ai tempi dell’Ascoli, in cui il primo anziché dare indicazioni tattiche al centravanti gli raccontava storie di strade che sembravano in salita e invece erano in discesa.

 

Gianni Sarro