Dagli scritti del Prof. Sarro

NEL MONDO DELLA SCUOLA

Ho trovato di recente un documento dattiloscritto dedicato alle problematiche scolastiche, redatto dal celebre nonno Luigi Sarro nel 1947. Considerata l’epoca in cui il saggio, suddiviso in capitoletti monografici, è stato scritto, salta immediatamente agli occhi la profonda attualità dei contenuti. Tutti i temi vengono toccati, la scuola, pubblica e privata, la società, la figura del professore, i rapporti con i giornali, etc.

Che la scuola in Italia abbia sempre incontrato grosse difficoltà, dal dopoguerra ad oggi, non è un mistero. I problemi della scuola sono sempre stati sotto gli occhi di tutti. Ogni governo ha inserito nei propri programmi ingenti investimenti per il settore, rimangiandoseli tosto in sede di "Finanziaria". Il governo attuale ha pensato bene di cominciare l’anno scolastico destinando una parte dei già miseri fondi disponibili alle scuole private. Una scelta a dir poco impopolare.

Torniamo al Professor Sarro. Fa un certo effetto leggere le pagine che un professore maturo ma ancor pieno di vigore e di slanci ideali scrisse mentre il Paese tentava faticosamente di ripartire dopo l’immane tragedia dell’ultima guerra mondiale.

Il ricordo che ho del nonno è quello di un professore vecchio stampo, tutto d’un pezzo, primo ad entrare ed ultimo ad uscire dall’Istituto, fermo nelle sue convinzioni morali e religiose, rigoroso nei suoi ideali al punto da rimandare indietro eventuali omaggi da parte di genitori.Mi ha stupito quindi una certa "passione" nell’affermare i suoi punti di vista, una passione che sfiora l’ingenuità quando vagheggia una "casa senza rumori" per l’uomo di studio (l’insegnante) che ha bisogno di pace e silenzio. Di sorprendente attualità l’accorata denuncia dell’inadeguato livello degli stipendi di un insegnante in Italia!

Lo stile può apparire un po’ arcaico, eppure lo scritto scorre fluido, forse perché oggi siamo talmente abituati a leggere strafalcioni anche su articoli firmati da Ministri della repubblica, che leggere finalmente un Italiano corretto e scorrevole fa un certo effetto.

Ho scelto due brevi saggi dedicati il primo alla Educazione , il secondo allo "status" del professore, che già allora viene descritto come inferiore rispetto ad altre categorie e malpagato, in palese contrasto con l’importanza della missione affidatagli.

Una scolaresca del prof. Luigi Sarro, in piedi al centro in prima fila, accanto al sacerdote. (anni 30)

L’EDUCAZIONE

L’educazione, prima ancora che nella Scuola, comincia nella famiglia e nella Società che ci circonda, fin dalla nascita.

Essa, si può anzi affermare, comincia prima della nascita, perché, per essere efficace, deve iniziarsi in quelli che, col loro esempio, devono educarci.

I genitori, per primi, hanno una responsabilità tremenda: se se ne rendessero conto, agirebbero ben diversamente. Di quali conseguenze incalcolabili sono essi responsabili di fronte a Dio, a se stessi e agli altri!

Gli educatori, poi, devono continuare completare, quasi sempre correggere quanto i genitori non hanno fatto, o, peggio, hanno fatto male.

Sono, però, essi preparati a questo compito pieno di responsabilità?

Esaminando a fondo la mia coscienza, io, almeno, e pure posso serenamente affermare che la mia costante preoccupazione è quella di migliorare prima me stesso per poter educare gli altri, osservo che avrei dovuto fare molto di più e meglio, che non si sa mai abbastanza, che soprattutto non si è mai umili abbastanza.

L’umiltà è la base della vera pedagogia. L’alunno deve vedere nel suo maestro l’esempio costante dell’uomo rivolto al continuo miglioramento morale, intellettuale, fisico di se stesso, dando l’esempio vivente di quanto afferma con la parola.

Il brano che segue si colloca dopo due dissertazioni intitolate LA GRANDE MALATA: LA SOCIETA’ ed IL GRANDE MEDICO: LA SCUOLA.

MEDICE, CURA TE IPSUM

Se la Società è malata ed il grande, insostituibile medico è la Scuola, bisogna che questa sia in grado di adempiere la sua funzione curativa. Ma la Scuola, in concreto, è diretta da uomini, coi loro bisogni, materiali, intellettuali, spirituali. E’ diretta ad uomini in formazione, che domani dovranno assumere, nella società, la loro responsabilità. Interessa milioni di persone, nelle famiglie dei docenti e dei discenti.

La Scuola è, in fondo, la Società stessa, con tutta la mole immensa dei suoi problemi materiali e spirituali. Se la Scuola non risponde alle sue finalità, è morta, come tale, come maestra di vita e di civiltà; le resta soltanto, nella coscienza di tutti, la funzione di elargizione di diplomi, che daranno il diritto di occupare posti di comando, per il solo fatto che sono posseduti. Non importa che corrispondano o no ad un reale valore di chi li ha meritati o carpiti.

Anche la Scuola è malata ed ha bisogno di essere guarita con mano energica. Se occorre, di chirurgo. Ora la Scuola ha un Ministro, una burocrazia, numerosi organi direttivi, ispettivi. Ha uomini e donne che ad essa dedicano le loro energie, tutte le loro energie. Ma basta questo?

Un fatto ci rende pensosi e preoccupati per le sorti della Scuola: i giovani migliori disertano la Scuola. E’ una realtà innegabile. Il professore, il padre, la società, in una parola, sono concordi nel far comprendere al giovane intelligente, capace, che, scegliendo la carriera dell’insegnamento, si vota ad una vita priva di soddisfazioni, misera e grama. Il professore è, in un certo senso, un minus habens, un minorato, un incapace. Perché la Società, nella sua inesauribile sete di soddisfazioni materiali (ci vuole danaro, non chiacchiere), disprezza i poveri, li calpesta, li umilia. E gli Insegnanti sono poveri. Sono poveri tra poveri, è vero, perché, oggi, di poveri ve ne sono legioni.

Ma chi si dedica allo studio, ha bisogno non solo di pane e di vestiti. Gli occorre tranquillità, serenità, che non sono e non debbono essere ozio. Gli occorre una Scuola che gli offra un giusto compenso materiale. Gli occorre anche una Scuola che gli offra tutti i mezzi possibili per migliorarsi intellettualmente e moralmente. Affermo, con serena convinzione, che, oltre una casa decorosa e tranquilla, uno stipendio giusto, occorre, all’uomo di studio, che tutta la sua intelligenza dedica con amore alla Società, una Scuola che sia la sua Scuola, dove egli trascorra volentieri le sue ore migliori.

 

In casa, generalmente, tolte le prime ore del mattino e non sempre, e le ore notturne, quando intorno a noi si tace, finalmente, e si riposa, non vi è riposo. Rumori, movimento, grida, la vita, in una parola, della famiglia, dei vicini, della strada, si impongono imperiosi. Lo studio richiede silenzio, tranquillità, meditazione.

E i professori non sono frati, chiusi in una cella appartata e silenziosa. Vivono nella Società vasta, agitata, rumorosa. E, poi, il bisogno li obbliga durante il giorno a correre di qua e di là, affamati, inquieti,o, se e quando loro riesce, a correre affannosamente dietro qualche lezione privata od altra occupazione, nel vano tentativo di chiudere le paurose falle del bilancio domestico.

Vi sono, nel 1947, professori che guadagnano 10.000 lire mensili, senza sicurezza, senza avvenire, avviliti e delusi, gli incaricati ed i supplenti. Ma ve ne sono tanti che guadagnano molto meno.

Così si vogliono gli uomini migliori come educatori dei nostri figli?

O non vengono, o, se possono, disertano. E, spesso, ancora i migliori.

Noi, ancora, resistiamo. Perché, dicono, incapaci di fare altro. E sorridono, ironici, su questi poveri uomini, incapaci, falliti.

Il preside Luigi Sarro, secondo da destra in piedi, insieme ad un gruppo di insegnanti (anni ’50)

A cura di RM