Magie per flauto e orchestra

 

Quando è salito sul palco così semplicemente, senza nessun strombazzamento, mi è venuta in mente una immagine calcistica: l’attaccante veramente forte che con un gesto tecnico unico rende facile una giocata complicatissima.

Ecco, Ian Anderson è uno di quelli che a vederlo, e soprattutto a sentirlo, ti viene da dire che la musica è magia. Anzi la Musica, con la maiuscola, perché ascoltare le note del suo flauto traverso è come immergersi in un mare di sensazioni ed emozioni che ti lasciano con il fiato sospeso nella speranza che vada avanti il più a lungo possibile.

E lui a Roma quella sera luglio è andato avanti a suo piacimento, quasi due ore e mezzo di spettacolo vero. L’ennesima conferma che Ian è uno di quelli che non ha mai ridotto la musica ad un semplice mestiere, ma che ogni volta che sale su un palco o che comunque imbraccia il suo "Flute" si diverte un mondo. La complicità di una serata di luglio a Roma e il flauto traverso di Ian Anderson sono stati un mix esplosivo: non c’era tantissima gente al Foro Italico ma Ian ha saputo rendere tutto così intimo, intenso, anche sorprendente da farmi subito pensare che stavolta il nostro Direttore declinando il mio invito a seguirmi aveva clamorosamente toppato.

 

L’accompagnamento per una parte del concerto con l’Orchestra del Regio teatro di Parma non ha affatto appesantito il concerto, arricchendolo invece di nuove suggestioni. Del resto la musica di Ian Anderson e dei Jethro Tull ha sempre avuto notevoli contiguità con la Classica.

Non è la prima volta e non sarà l’ultima che Ian si farà seguire da un’orchestra; peraltro quella di Parma di grande livello lo ha stimolato in continui nuovi arrangiamenti di cui noi spettatori abbiamo goduto gli effetti.

E poi Ian ha confermato di essere un trascinatore, capace di farsi capire benissimo anche in inglese: battute, ironia, discorsi, racconti, aneddoti.

Era proprio in forma: 57 anni ma non li dimostra. Tutte le volte poi che con il flauto in mano si è lanciato nella sua tipica e trascinante gestualità, con il famoso saltello da folletto della musica, da straordinario trolls delle note, brividi sulla pelle nonostante il caldo.

Dodici minuti della Bouree, nel religioso silenzio dello stadio, hanno lasciato tutti in apnea. Un evento da vivere, non da descrivere.

Alla fine a me personalmente è mancata solo la leggendaria Thick as a Brick, ma quando il repertorio è così vasto rimane sempre lo spazio per quell’angolo di desiderio inappagato. E forse è giusto così: la prossima volta ci sarò di nuovo, Ian suonerà Thick as a Brick e il Direttore non mancherà. Almeno spero.

Un’ultima annotazione: uscendo ho pensato ad una follia: avrei voluto tornare indietro e chiedere a Ian se conosce Severino Gazzelloni. La sua risposta sarebbe stata sì, ne sono certo. Uno studioso del Flauto come lui avrà ascoltato molte volte la nostra gloria roccaseccana. E’ stato un pensiero che mi ha riempito di gioia, vi sembrerà banale o insignificante, ma questo legame ideale fra Grandi Flauti, fra Blackpool e Roccasecca mi intriga tantissimo.

E pensare che Ian durante il concerto ha raccontato del treno che lui prendeva da Blackpool a Preston; quasi come il nostro trenino da Roccasecca a Cassino. In fondo, come si dice da noi, ogni mondo è paese. Chess’è , e c’ò fa?.

Ferdinando