Parlare in dialetto Le voci verbali Nell’ultimo decennio sono stati pubblicati diversi libretti ed opuscoli dedicati al dialetto cosiddetto "ciociaro", sotto l’egida di alcune amministrazioni comunali. Come spesso accade nella Patria della Bella Lingua si alternano i periodi in cui si guarda al dialetto come al "male" da rifuggire, a quelli in cui bisogna "riscoprirne" le origini e gli usi quotidiani. E come spesso è facile sentenziare, la verità sta nel mezzo. Indubbiamente negli anni del primo dopoguerra, quando l’indice di analfabetismo era ancora molto elevato, i maestri cercavano in ogni modo di avvicinare una grande massa, soprattutto proveniente dalle campagne, alla lingua italiana, provando in ogni modo ad estirpare certe forme dialettali radicate nelle famiglie di origine. Nei decenni successivi, una volta raggiunto un grado di scolarizzazione accettabile, tale da "garantire" una sufficiente conoscenza della lingua italiana, ecco gli studiosi e gli appassionati correre a "riscoprire" la lingua delle origini, perché non vada dispersa. Un circolo abbastanza usuale che gira intorno alla lingua scritta e parlata di ciascuna comunità. Non sorprende più di tanto dunque il proliferare di libri dedicati all’argomento, convegni a tema, tesi di laurea e quant’altro. Tra i lavori che ci sono capitati tra le mani negli ultimi anni, ricordiamo "Parlare e scrivere in Roccaseccano" di Anna di Lauro (n. 4 dei Quaderni roccaseccani, giugno 2000), "Colle San Magno: Detti e Proverbi" di Ecla Testa (Agosto 1998), il dotto lavoro "Il dialetto di San Donato Val Comino" di Daniela Farina (Dicembre 2001) ed il classico "Arrénneme gliu fazzelettòne – Dizionario del dialetto di Colfelice, Arce e Roccadarce" a cura di Alfonso Germani (1993). Sono lavori importanti, tesi a fermare su carta quanto potrebbe inesorabilmente andare perduto una volta scomparsi i testimoni della lingua parlata nelle zone di cui ci occupiamo. Scrive la Di Lauro "Il dialetto è come un filo che ci tiene legati alle nostre radici. Purtroppo è qualcosa che si va perdendo giorno dopo giorno". Le fa Eco Bernardo Donfrancesco nella prefazione al libro di Germani puntualizzando: "l’intento è di custodire e mantenere vivo il nostro dialetto, nella sua funzione di codice linguistico tipico di una piccola comunità e del suo patrimonio culturale, e nel contempo, attraverso il recupero di certe espressioni e modi di dire dialettali, ridare armonia e musicalità alla lingua parlata quotidiana". A proposito di musicalità, la dottoressa Farina precisa che "per quanto riguarda il vocalismo tonico vediamo che il sistema del sandonatese rispetto a quello del latino volgare ha 5 gradi di apertura. Il fenomeno principale risulta essere la metafonesi e il dittongo metafonetico sia da -1 che da –U finali (origini latine) ". Cose da esperti, come potete facilmente immaginare. Carlo Della Torre, una istituzione al "Bivio". Accanto a queste pubblicazioni ufficiali, l’Eco di Roccasecca può dotarsi di "libri viventi" come Carlo Della Torre, vero esperto e compilatore di tante pagine sul dialetto, che abbiamo via via pubblicato. Non scrive libri, Carlo, ma i suoi appunti vergati su vecchi fogli di quaderno sono una fonte preziosa ed inesauribile per tutti noi! Questa volta parliamo di verbi, in particolare del verbo "andare", che già in italiano presenta alcune peculiarità: fin dal presente indicativo, prima persona, ci si trova di fronte la voce "vado", quando ci si aspetterebbe "ando", per poi trovare effettivamente "andiamo" alla prima persona plurale, quando ormai si era sicuri che fosse "vadiamo"! Del resto, anche in inglese, una lingua abbastanza semplice per quanto riguarda i verbi regolari, "andare" è irregolare (go - went - gone).
Veniamo dunque ai vari tempi in roccaseccano, inserendo, laddove note, le differenze tra le versioni di diversi … paesi!
a cura di R.M.
|