Eco Revisited Nell’ambito della "rivisitazione" di vecchi articoli apparsi su numeri ormai "da collezione", ci soffermiamo questa volta su due contributi del nostro inviato speciale Angelo Scienziato il quale, spesso e sovente, non si sa come, valica il confine della terra dei koala e dei canguri per narrarci situazioni (in Australia, ma, come vedrete, non solo!). Si tratta di uno dei primissimi lunghi "speciali" della nostra rivista, al suo secondo anno di vita (Eco di Roccasecca n. 20, Anno 4, Aprile 1999 e Eco di Roccasecca n. 21, Anno 4, Giugno 1999),
Leggende Metro-Roccaseccane (1) L’Eco di Roccasecca vuole proporre da questa edizione una serie di articoletti intitolati "LEGGENDE METRO-ROCCASECCANE". Come dice il nostro amico Angelo: "da quando Roccasecca è diventata città si può parlare di Metropoli o forse è meglio continuare con qualche radice legata alla campagna? A volte i giochi di parole vengono da soli. Non avevo pensato assolutamente al collegamento radice /campagna ma visto che ci siamo…" In realtà la prima avventura che raccontiamo, frutto di un’intervista con lo stesso Angelo (ideatore della rubrica), non si svolge a Roccasecca, bensì in una vera "metropoli" (Torino), ma alla nostra città è strettamente legata, come potrete ben constatare. SE SEI DI ROCCASECCA … NON SEI MAI SOLO! L’anonimato ci protegge in città diverse dalla nostra? Quando ci troviamo lontano da casa pensiamo sempre di poter girare impunemente, sicuri di non essere riconosciuti da nessuno. Non ci preoccupiamo quindi di assumere atteggiamenti a noi inusuali, o di indossare vestiti diversi dal solito (una cravatta sgargiante, un paio di bermuda hawaiani, una minigonna più cortina). La "certezza" di non incontrare persone conosciute ci lascia libero sfogo nel vestiario e nei comportamenti in genere. Ma la sorpresa, soprattutto se proveniamo da Roccasecca, è dietro l’angolo. Potrei ricordare una sera di dicembre 1982 in cui chi vi scrive incontrò nella sala TV di un hotel fuori Umbertide (!) il Lorino in libera uscita proveniente da un raduno motoristico. Ma la storia più emblematica l’ha vissuta sicuramente il nostro Angelo Scienziato. Cosi l’ha raccontata al nostro intervistatore: Mi trovavo a Torino. Erano i tempi in cui giravo con l’autostop ed alloggiavo negli ostelli della gioventù. Ora sono diventato più schizzinoso (per cui non vado negli ostelli) e più vecchio (per cui la gioventù non si sogna di frequentarmi). A quando gli ostelli per la vecchiaia? Ero vicino al Lungo-pò (che si chiama cosi ma a me facendomelo a piedi, sembrava Lungo-tanto…) ed ammiravo la Mole Antonelliana. Non sapevo ancora che pochi anni dopo sarei tornato nella città' di Gianduia per ragioni di lavoro. Passeggiavo senza fretta con la mente lontana mille miglia da Roccasecca ed i suoi abitanti nella sicurezza derivante dal fatto di essere là uno sconosciuto e sentendomi pertanto libero di agire senza condizionamenti. (Che poi, detto tra noi , anche quando ero in paese non è che mi sia lasciato troppo condizionare quando ho voluto fare… di testa mia!). Era ormai pomeriggio inoltrato di una giornata invernale e mentre continuavo a guardarmi intorno, da uno dei portici di cui la città è molto ricca si levò alle mie spalle un’esclamazione: "Uè Scienzia’ che stai a fa’ aecche?" Era Tommaso Viola insieme al figlio di "Craccavella" la fruttivendola, ed un altro amico che allora abitava alla contrada Cese e di cui non ricordo il nome. Tutti e tre erano in divisa militare in quanto stavano prestando servizio nel Genio Ferrovieri (io non sono stato accettato perché già allora ero per tutti "Scienziato" e pare che poli uguali si respingano …sai, geni e scienziati…). In un attimo non fui più a Torino ma fu come essere proiettato "alla crocevia" vicino al casello dell’Anas, quello accanto al famigerato Hotel Mollicone. Ero stato teletrasportato di nuovo in quel di Roccasecca, Frosinone. Amen. Termina qui questa prima puntata, arrivederci alla seconda che tratterà di … fotografie
Leggende Metro-Roccaseccane (2) Come sapete, se avete letto "L’Eco di Roccasecca" numero 20 stiamo proponendo una serie di articoletti intitolati "LEGGENDE METRO-ROCCASECCANE", in quanto, nelle parole dell’ideatore di questa rubrica, l’amico Angelo Scienziato, "da quando Roccasecca è diventata città si può parlare di Metropoli o forse è meglio continuare con qualche radice legata alla campagna? A volte i giochi di parole vengono da soli. Non avevo pensato assolutamente al collegamento radice /campagna ma visto che ci siamo…" Ecco dunque la nuova storia, raccontata in prima persona dal nostro Angelo. BREVE CARRIERA DI UN "FOTOAMATORE" A … PEDALI Questa volta narriamo un’altra situazione stile quella del mio ritorno da Singapore di cui sono stato protagonista (già narrata sull’Eco). Caso vuole che la scena sia stata quasi sempre la stessa : il piazzale retrostante la stazione. Ciò è anche plausibile se si pensa che anni fa quel posto era il punto di riferimento sociale dello "Scalo". Ero militare a Barletta e per ottenere un permesso di qualche giorno e stare il meno possibile al CAR mi inventai fotografo quando in realtà ero solo un fotoamatore (poi tolsi anche le prime quattro lettere di questa parola e con l’età credo che la cancellerò del tutto). Comunque allora mi iscrissi ad un concorso fotografico bandito in caserma ed ebbi circa quattro giorni per venire a casa a selezionare e portare là le opere da presentare. Il colonnello nel firmarmi il permesso mi diede anche dei rullini di famiglia dicendomi di svilupparglieli a prova che ero quel che asserivo di essere. In realtà capivo benissimo che sfruttava la situazione per farsi sviluppare gratis le sue foto. La transazione però era per me conveniente e quindi accettai di buon grado. A Roccasecca sorse però il problema di come sviluppare le "sue" foto visto che avevo l’attrezzatura per ingrandire, stampare, sviluppare, etc su a Torino (avevo ancora 24 anni e lavoravo all’interno della Fiat-Avio) . Apro una parentesi per ricordare che ero partito militare di nascosto ed ero tornato dopo pochi giorni (in genere non si vien via dal CAR prima di 35 giorni), appunto in occasione del ritiro di tali foto e con i capelli lunghissimi (cosa per i lettori dell’Eco e per chissà quanti altri ben difficile da immaginare). Chiesi aiuto a Carlo D.S., il quale non era ancora il nababbo attuale ma muoveva i primi passi nella scia della tradizione familiare. Allora aveva il suo studio sotto casa dei De Camillo, subito dopo quello che è ora il famigerato bar Ceccanese. Questi però a quei tempi non aveva ancora cominciato a gestirlo e mi pare che il titolare fosse ancora un certo Peppe Canceglie. Lui mi sviluppò e stampò il tutto ma il tempo stringeva ed io dovevo ripartire la mattina successiva. Le foto erano ancora bagnate e lui a quei tempi non aveva le attrezzature automatiche di cui dispone ora. Bisognava ancora appenderle ad asciugare. Pertanto decisi di farlo da me lasciandole tutta la notte attaccate alle piastrelle del mio bagno. Per evitare che si attaccassero durante il trasporto, ero in bici, le misi dentro un secchio pieno d’acqua. Il tragitto dalla stazione al "quartiere" Ponte non è eccessivo ma riuscii ad incontrare almeno una decina di persone. Nessuna evitò di chiedermi cosa portassi nel secchio sulla bici e nessuna volle credere se non dopo aver guardato che fossi andato a ritirare delle foto in un modo per loro così bizzarro. Nessuno mi credette prima di aver verificato con ..occhio. Capii sin da allora che la fiducia riposta in me da parte dei vicini e compaesani vari era ben misera e che la mia reputazione si stava sfaldando sempre più. |