Una di quelle storie ai confini della realtà
Una tranquilla mattinata d’agosto a Cassino
Quella che stiamo per narrare (a tre mani, quindi non fate caso se una volta parla in prima persona Riccardo, un’altra Ferdinando e un’altra ancora Gianni!) è una storia che sembra uscita pari pari da uno dei telefilm “Ai Confini Della Realtà”, la celebre serie televisiva che i lettori dell’Eco conoscono molto bene, dal momento che le abbiamo dedicato ben 9 puntate. Proprio per l’aspetto fantastico (ma solo apparentemente) della vicenda, omettiamo nomi e personaggi reali (altrimenti sarebbero forse costretti a fare i dovuti scongiuri …). State a sentire cosa ci è accaduto.
Una mattina dello scorso agosto, con Gianni, Ferdinando, Marco e Serena si è deciso di andare a Cassino. Mentre Marco e Serena si recavano presso la segreteria dell’Università, noialtri avevamo intenzione di fare la proverbiale “capatina” in una delle librerie più particolari della città (non la citiamo, ma qualcuno forse non farà fatica ad individuarla) dove si trovano testi di non facile reperimento e, soprattutto, si possono scambiare due parole con l’anziano proprietario, vera bibbia della storia di Cassino, specialmente in riferimento agli eventi della Seconda Guerra Mondiale. Ogni anno, da circa un decennio, questo è uno degli appuntamenti tradizionali della nostra “estate roccaseccana”. Potete immaginare il nostro sconcerto quando, arrivati di fronte al mitico negozio, per la prima volta ci siamo trovati di fronte alla saracinesca inesorabilmente abbassata ed un cartello sul vetro che recitava “CHIUSO X FERIE”.
Non ci eravamo ancora ripresi dallo sbigottimento, misto a delusione, che dietro di noi si materializzava (è proprio il caso di usare questo termine, dal momento che non abbiamo sentito alcun rumore di passi!) l’anziano proprietario, il quale ci chiedeva se volevamo entrare, pronto con un mazzo di chiavi nella mano destra. Gli esprimevamo la nostra sorpresa e gli chiedevo da quanti anni il negozio non chiudesse in agosto. Immediata nella sua semplicità la risposta del libraio: “Precisamente 118 anni, ovvero da quando abbiamo aperto”, ed intanto aveva aperto la porta e ci invitava ad entrare. Ci spiegava che la proprietà della libreria era passata al figlio che gli aveva “imposto” una pur breve chiusura in agosto. Ma a quanto pare lui non riusciva a rinunciare ad aprire ogni tanto! Mentre sceglievamo qualche libro inedito sulla battaglia di Montecassino cominciava il proverbiale scambio di idee con “l’esperto” il quale con la solita sapienza e con dovizia di particolari incredibili, tutti corredati di date e luoghi ben precisi, raccontava piccole storie e grandi eventi. Ricordava un episodio a noi ignoto che, tra l’altro, ci consegna una piccola luce di speranza sulla possibilità che anche nei momenti più terribili di una guerra dai lutti infiniti si possano verificare eventi dettati da una profonda umanità. Si tratta di una concessione fatta dai tedeschi ai mezzi di soccorso inglesi per poter raggiungere un gruppo di commilitoni, in gran parte feriti gravemente, chiudendo un occhio sugli “ordini dall’alto”. Pare che gli ufficiali tedeschi che presero tale decisione avessero studiato, prima della guerra, proprio in scuole e college inglesi ed erano stai richiamati, per necessità, sul fronte europeo dopo la disfatta in terra sovietica; pare che lo stesso Hitler avesse preteso che questi ufficiali dal passato un po’ troppo vicino ai britannici fossero inviati sul fronte orientale. Una ennesima e diretta dimostrazione che la cultura avvicina i popoli e allontana la barbarie. Prima della guerra erano molti i tedeschi, soprattutto i rampolli della borghesia medio – alta, che andavano a perfezionare gli studi nei college e nelle università britanniche. Mi è capitato anche altre volte di leggere o sentire di ufficiali e soldati della Wermacht che, nonostante la tambureggiante propaganda nazista, erano tuttaltro che “nemici” degli inglesi. Almeno al loro interno. Del resto il ceppo anglo-sassone era lo stesso e le rispettive culture avevano, ed hanno, radici comuni. Un altro esempio è stato proprio il generale Frido Senger von Etterlin comandante in capo delle armate tedesche che combatterono a Montecassino.
Un generale dalle grandissime capacità strategiche e militari ma che non aveva mai goduto dei favori dell’aristocrazia nazista proprio per le sue convinzioni antihitleriane, che gli derivavano dalla sua cultura. Oblato benedettino e ammiratore del Regno Unito, Senger combatté con la massima determinazione tenendo in scacco gli alleati per lunghi mesi, ma intimamente non condivideva nulla del credo nazista. Tornando a Lamberti e alle nostre storie, devo sottolineare altresì la pronuncia inglese perfetta del nostro libraio nel citare luoghi e nomi, evento poco usuale nel nostro Paese, dove la conoscenza delle lingue risulta spesso scarsa e la pronuncia molto approssimativa. Intanto Marco e Serena ci avevano raggiunti ed erano entrati nell’antro “storico”; Marco era intenzionato a comperare una penna e, su invito dello stesso anziano libraio, le provava su un vetusto quaderno delle elementari, con risultati incredibili: quelle penne non scrivevano, sembravano reperti di almeno 50 anni prima! L’atmosfera si faceva sempre più surreale; due ragazze entravano dubbiose e chiedevano un modulo per le domande di supplenza; il libraio offriva il modulo ma negava gli auguri di rito, sostenendo che coloro a cui li aveva fatti l’anno precedente non avevano ottenuto la sospirata supplenza! Si passava quindi a parlare dell’evento più grave della cosiddetta Battaglia di Montecassino, ossia il bombardamento degli alleati e la conseguente distruzione della Abbazia. Il libraio tira fuori una teoria che cancella tutto ciò che è riportato sui libri scritti finora: infatti l’ordine dell’attacco (il cosiddetto flat-down) venne dato non dal comandante australiano, come sempre è stato riportato dagli storici e dai cronisti, bensì dallo stesso generale inglese Alexander. Saremmo rimasti ancora volentieri a parlare, ma dopo questa ultima rivelazione e dopo che Marco aveva finalmente trovato una penna funzionante, decidemmo di tornare verso l’automobile e salutammo con calore il nostro dotto ospite. Il tempo di prendere il caffè e passammo di nuovo davanti la libreria per andare a fotografare il vecchio tabellone di un bar che aveva una storia che Ferdinando aveva intenzione di raccontare sull’Eco. La saracinesca era di nuovo abbassata e la porta sbarrata! Possibile? Il libraio già aveva chiuso di nuovo il negozio? Guardammo all’interno, ma non c’era nessuno e un passante ci disse che quella libreria era chiusa da tempo! Ci guardammo in faccia ed avemmo lo stesso pensiero: non è che avevamo vissuto una di quelle storie “ai confini della realtà” che ci erano sempre piaciute così tanto in TV?
Forse la delusione di trovare la porta sbarrata per la prima volta, unita al desiderio di non perdere dopo tanti anni l’occasione di parlare con l’esperto storico aveva fatto sì che lui si materializzasse dal nulla ed aprisse solo per noi? Soltanto per evitare che questo 2004 mandasse buca la tradizione? Ripensammo a quella cifra detta all’inizio “118 anni” senza chiudere mai! Ma quanti anni ha il libraio? Siamo sicuri che era in carne e ossa o era stata solo un’apparizione evocata da noi tre? Qualcuno ci ha confermato che il simpatico libraio vive vivo e vegeto e che siamo matti, ma a noi qualche dubbio è rimasto …
Per rimanere in tema (si fa per dire, sarebbe più appropriato si fa per … ridere) segnaliamo questo cartellone pubblicitario fotografato, guarda caso, quella medesima mattina sempre a Cassino. Si tratta di un negozio di articoli ed abbigliamento sportivo (in cui abbiamo anche fatto una spedizione, di cui si parla più avanti) che pubblicizza i propri SALDI denominandoli I BOTTI FINALI con tanto di foto di fuochi d’artificio. Non ci sarebbe niente da ridere se, successivamente, un addetto all’affissione di manifesti funebri non avesse pensato (chissà se casualmente o maliziosamente) di attaccare la notizia del trapasso di un concittadino (di cui ovviamente abbiamo coperto il cognome) proprio sui “fuochi”, in modo da creare una sorta di macabro cartello che dice:
SALDI I BOTTI FINALI SI E’ SPENTO TOMMASO ……….” META’ PREZZO
Chissà se il “Metà prezzo” si riferisce ai funerali? Roba da … cassinati!
Ora Riccardo passa la mano agli altri due coautori di questo reportage cassinate scritto in una sorta di staffetta olimpica ….
Ferdi.
Già la staffetta. La facevamo noi, quando al mattino andavamo a scuola a Cassino, nel senso che si scendeva dal treno alla stazione e poi passavamo i libri a quelle ( poche per la verità) amiche e compagne che appena scese dal treno si dirigevano subito verso il liceo. La maggior parte, fra cui io ovviamente, cercavano di sfruttare lo spazio di circa un’ora che intercorreva fra l’arrivo del treno a Cassino (7.32) e l’inizio delle lezioni (8.20/8.30) per curare i propri variegati interessi. Quindi c’era chi si ficcava in un bar a giocare a biliardo, chi nello stesso bar si dedicava alla “copia” dei compiti a casa non fatti il giorno prima, chi si “curava” le ragazze di suo interesse, chi semplicemente se ne andava per bancarelle al mitico mercato americano o nei primi negozi che aprivano. A me che in quegli anni giocavo a calcio con Roccasecca, capitava sempre di incontrare altri ragazzi che giocavano in tutte o quasi le squadre del circondario e che pure venivano a scuola a Cassino.
Il Bar Argo
In particolare il “crocevia calcistico” era rappresentato dal famoso Bar Argo, che come vedete sopra abbiamo fotografato durante il nostro reportage estivo. Questo bar è rimasto identico a quando io frequentavo il liceo ( 25/30 anni fa ahimè!). Nella parte esterna che si vede perfettamente nella foto, c’è una bacheca nella quale i gestori del Bar al lunedì esponevano i risultati e le classifiche di A e B, oltre alla schedina. Al martedì invece attaccavano dei fogli con tutti i risultati del calcio minore con le squadre dei dintorni. Era inevitabile quindi ritrovarsi il martedì mattina lì davanti un po’ tutti.
Così accadeva anche di trovarti faccia a faccia con quello a cui la domenica, per esempio, avevi affibbiato una bella botta sulla caviglia o con il quale avevi avuto in campo una discussione per lo meno vivace. Il più delle volte finiva a pacche sulle spalle, magari scambiandosi informazioni sulle prossime rivali. Capitava però anche che il Bar Argo fosse luogo di regolamenti di conti; per fortuna di rado, ma qualche zuffa me la ricordo. Diciamo insomma che il Bar Argo, in quanto a consultazione di risultati e scambio di commenti e informazioni calcistiche sulle squadre di dilettanti del cassinate era una sorta di Internet point, ante litteram e vivente! Eh, i tempi cambiano. Ora anche il Roccasecca calcio ha un sito internet, ma a me è rimasta la nostalgia degli incontri al bar Argo. Il martedì mattina era un appuntamento che non mi perdevo, nemmeno se c’era qualche ragazzina nell’aria. Il calcio era il calcio. Ferdi passa mano a Gianni che, prendendo spunto da un incontro “femminile” in quella magica mattina cassinate, apre proprio con Ferdinando un dibattito che avrà come sottotitoli “W le magre” e “W le grasse”.
Gianni.
W LE MAGRE La prima avvisaglia di simpatica baruffa tra me, Riccardo e Ferdi sulle “giuste” dimensioni delle tette delle donne e in genere sulla “quantità” di carne che debba tornire lo scheletro di una donna è annosa. Gli schieramenti prevedono, solitamente, io contro tutti. Poi l’estate scorsa mentre una sera tardi eravamo nel giardino del Direttore è nuovamente divampata la polemica. Questo perché io con l’innocenza che mi contraddistingue ho lasciato cadere una frase che più o meno suonava così: << le donne che hanno le tette piccole le hanno più sensibili>> Ad ascoltare erano presenti: Riccardo seduto che tamburellava nervosamente un piede, Ferdi stravaccato su una sedia e Miria in piedi. La mia, lo risottolineo volentieri, innocente frase ha acceso immediatamente gli animi già abbondantemente sopiti dopo una lunga giornata di faticose attività. Mentre Riccardo bofonchiava qualcosa che non ricordo esattamente, ma che più o meno suonava: <<a pazzo!!!>> Ferdi, più analitico del Direttore, dopo aver emesso una risata lugubre ha denotato una certa curiosità. Nel frattempo Miria con eleganza lasciava il campo adducendo improrogabili impegni che la richiamavano ai piani superiori.
Dopo aver rimuginato un paio di minuti Ferdi chiedeva: <<cosa intendi per più sensibili?>> Senza lasciarmi pregare argomentavo: <<i seni delle donne sono pieni di capillari, (questa storia dei capillari devo averla letta da qualche parte, ma non ne sono affatto sicuro, N.d.R.) ora più il seno è piccolo e sodo più è ricettivo ai palpeggiamenti delle mani. Viceversa un seno grande registra con meno immediatezza sollecitazioni esterne e quindi la donna ha una fase di ritardo sulla sensazione di piacere, che per noi uomini è invece immediata. Diciamo che avviene un difetto di coordinazione emotiva.>> e quindi aggiungevo:<< Altro mito da sfatare è che le donne magre non siano calde. È assolutamente falso! Magari hanno vie d’accesso più nascoste, meno visibili di altre, ma una volta scoperte s’intraprende un viaggio interessantissimo, ricco di belle scoperte>> Ovviamente la mia esposizione veniva continuamente interrotta da insulti e frasi fuori luogo, ma Ferdi chiosava l’ilare discussione con un’osservazione acuta e comica al contempo: <<Ma quindi se un uomo tocca il seno ad una donna che ce l’ha grande, deve farlo un paio di giorni prima, altrimenti questa si eccita troppo in ritardo, quando magari il partner è già lontano e quindi ne usufruisce uno sconosciuto che magari è lì di passaggio>>. Dopo questa battuta ne sono intercorse altre, ma la censura le priverebbe dei passaggi più significativi, quindi preferisco andare oltre. Ora mi sembra evidente quindi qual è la mia posizione “fideistica” sulla questione: mi piacciono donne magre, longilinee, molto ricettive (psico-fisicamente) e ovviamente disponibili. Comunque aldilà delle facili battute, a me le donne sono sempre piaciute così e in genere mi piacciono le cose piccole, ben fatte, non ingombranti, facili da maneggiare, preferendo scoprire un piccolo tesoro che si nasconde in una confezione minuta, piuttosto che trovarmi di fronte ad un mastodontico oggetto che dichiara immediatamente le sue peculiarità. Mi accorgo di aver inserito un termine fatale:“oggetto” che potrebbe far imbestialire giustamente il pubblico femminile del nostro giornale. Ebbene: lungi da me considerare la donna un mero oggetto, Non Lo È!!!!!!! Al contrario una donna la considero attraente quando esprime se stessa non solo con il corpo, ma anche con sguardi, gesti ed espressioni che non sono mera espressione statuaria del suo fisico; in una sola parola quando esprime fascino. Qualche giorno dopo il nostro dotto convivio andiamo a Cassino, la stesse calda mattinata del incontro con il libraio fantasma. Oltre al Direttore, Ferdi ed io erano presenti Serena e Marco. Entriamo in un bel negozio di abbigliamento e parte il gioco: “questa è una ragazza alla Gianni,
questa è una ragazza alla Ferdi”, (Marco anche avrebbe voluto partecipare al gioco ma è stato semplicemente minacciato, intimidito e diffidato e quindi non sono state catalogate le “ragazze alla Marco”) protagoniste inconsapevoli della gara le commesse e le astanti del negozio. Tra risa e scherzi vari usciamo dal negozio, qui ci si divide per qualche attimo: Riccardo va in un negozio di elettronica, Serena e Marco entrano in negozio, mentre Ferdi ed io rimaniamo a bighellonare sul marciapiedi. Improvvisamente appare una DEA: altezza media, capelli lunghi castani, carnagione bella abbronzata, gambe affusolate e slanciate, dal portamento elegante, ma anche molto sensuale: il tutto fasciato in un vestitino nero senza maniche corto e scollato al punto giusto. Il tempo si è fermato, gli sguardi “congiunti” di Ferdi e mio si incollano all’ignara(?) bellezza. Non ci accorgiamo più di niente, Riccardo narra di averci visto camminare come automi verso di lui, poi improvvisamente ci ha visto compiere un improvviso dietrofront e procedere furtivi verso chissà dove. Ma noi sapevamo bene dove dirigerci! Era accaduto una sorta di miracolo, o se vogliamo essere più prosaici una specie di compromesso storico: una donna, ne magra, ne procace aveva messo d’accordo Ferdi e il sottoscritto. Segno che la bellezza e il fascino di una donna sfuggono a catalogazioni razionali e colpiscono e rapiscono senza tanti perché e per come. Gianni
Ferdi.
W LE GRASSE “Tu non sai quanta gioia mette in un uomo una donna come te”. Questa frase che cito a memoria viene pronunciata in un film di Sergio Leone, “C’era una volta il west”, credo che sia. La splendida creatura che è destinataria della frase stessa, e del magnifico complimento, è Claudia Cardinale che nel film penso che si chiami Jill.. Beh, vi dico che in quella frase è racchiusa molta della magia che la bellezza femminile da sempre sprigiona ed esercita sull’uomo e sull’immaginario maschile.
Credo anche che ognuno di noi, uomini o donne, abbia un proprio ideale di bellezza. Per restare agli uomini, scusate ma mi viene molto meglio così, non posso farci niente, bionde o more, magre o formose, alte o basse, tornite o sottili, lungocrinite o con capelli alla maschietto, “quarta” o “seconda”. L’elenco delle divisioni e delle conseguenti opinioni è lunghissimo, potrei andare avanti all’infinito, ma alla fine la differenza fra carnose e magre è quella che le racchiude un po’ tutte, sicuramente la più gettonata., Ora, non è mia intenzione contestare a Gianni,o a chicchessia, i gusti in fatto di forme femminili. Sono tollerante per natura su mille altre questioni anche molto più qualificate, figuratevi se mi impunto per qualche chilo in più o in meno. Però qualche considerazione a difesa di quanti come me, e vi posso assicurare sono tanti, molti ma molti di più di quelli che hanno il coraggio di dichiarare apertamente i propri gusti, propendono per le donne “rotonde” vorrei svolgerla. Parto dalla famosa teoria di Gianni che recita più o meno così: le donne magre sono più sensibili alle sollecitazioni tattuali. Si tratta di una mera affermazione di principio che non trova alcun riscontro né medico-scientifico né, tantomeno, pratico. Per quanto mi riguarda, posso assicurare che sulla base delle mie esperienze dovrei rispondere semplicemente: non mi risulta. Anzi. Anzi. Intanto per definizione le signore e signorine più formose sono quasi sempre più allegre, disponibili al sorriso, aperte, capaci di gustarsi un buon bicchiere di vino o un gustoso piatto. E si sa, i piaceri della tavola e quelli del talamo sono spesso cugini se non fratelli. Sarà che ho avuto sovente accanto donne che si preoccupavano eccessivamente della linea e che erano perennemente impegnate a seguire diete ferree ( parlo soprattutto di parentado), ma un’intera esistenza dedita alla lotta alla bilancia e al sacrificio a tavola mi spaventa. Vogliamo poi parlare dell’effetto che fa una bella signora in carne quando passa con indosso qualcosa che ne sappia esaltare le forme? Le altre, le magre, che cosa mettono in risalto ? Delle belle membra “ossute” alla Bearzot ? Vi prego….. Ora, sono perfettamente consapevole che molti, perché indubbiamente fa più “chic”, a parole si dicono ammiratori delle bellezze esangui. Spesso la moda ci propone stereotipi del tipo “stampella”, in televisione spesso vogliono farci credere che solo chi è magro può essere felice.
Un’autentica mistificazione, o balla che dir si voglia, costruita ad uso e consumo degli interessi commerciali delle multinazionali della moda e della cosmesi. Ma andiamo sul pratico! Come diceva un mio amico roccaseccano di cui ometto il nome per carità di patria: “ quann acchiapp alloc ce vò la sostanza!”. I roccaseccani avranno capito benissimo, ma anche per gli altri non penso che serva tradurre. Anche la storia ce lo insegna, pensate alle dee greche della mitologia classica o alle bellezze romane: Giunone, Diana, Cleopatra, Poppea, Cerere non a caso detta dea dell’abbondanza, la stessa Messalina. Per non parlare poi delle attrici; cito alla rinfusa: Sofia Loren, Silvana Mangano, Marisa Allasio, Gina Lollobrigida, Raquel Welch, Stefania Sandrelli, tanto per restare sul classico – famoso. Bellezze formose, piene, forme abbondanti, morbide, calde, avvolgenti, rassicuranti, ma anche che stimolano alla grande la fantasia e il sogno. L’abbondanza, la fertilità, la gioia, la vivacità, la salute, sono da sempre state accostate all’immagine di una bella donna dalle forme tornite e sode. Comunque se a questo punto non vi avessi convinto, come argomento decisivo e incontrovertibile per dirimere questa querelle porto a mio sostegno la saggezza di Nonna Concetta. Quando Mietta tornava dai suoi soggiorni universitari ogni volta Nonna Concetta la sottoponeva ad un suo attento esame visivo. Dopo averla guardata bene, nonna emetteva il suo insindacabile giudizio, e solo poche volte pronunciava la fatidica frase “Miè, mò si ca stai bona”. Ebbene, Mietta lo può confermare, questo sommo giudizio lo riceveva solo in quei pochi casi in cui la sua bilancia ne segnalava un’ adeguata crescita ponderale. Vi basta? Ferdi
I tre autori del reportage, in piedi da sinistra: Gianni, Riccardo e Ferdinando (foto Zì Mimì)
Settembre 2004 |