Storie di presepi

 

(Presepe a casa del Direttore, Dicembre 2004)

 

Chi mi conosce bene sa che nel periodo che va dall’8 dicembre a gennaio (e a volte anche febbraio) inoltrato, un grande presepe accoglie gli ospiti all’entrata della nostra casa; inoltre, è tradizione che ogni anno venga aggiunta almeno una statuina o ulteriori oggettini e minuterie varie (questi a cura quasi esclusiva di Miria).

Il culto del presepe mi porta a visitare i posti in cui vengono organizzate mostre in merito come nel gennaio scorso quando, su suggerimento di Franco, mi sono portato in quel di Arce con lui e Gianni ad ammirare una esposizione che conteneva alcuni dei presepi più bizzarri mai visti. Ma, procedendo con ordine, è bene cominciare con una breve introduzione storica sull’argomento.

Il termine “presepe” (o presepio) deriva dalla parola latina “praesepium” che ha il significato di “greppia”, “mangiatoia”. Fin dai primi secoli dopo la nascita di Cristo,  la raffigurazione della Natività, in particolare Gesù Bambino nella mangiatoia scaldato dal bue e dall’asinello, compare in alcune grotte e catacombe. Il presepio in senso più vicino a come siamo abituati a vederlo noi ha origin più recenti; in particolare, secondo la tradizione, si fa riferimento al primo presepio “vivente” voluto e realizzato da San Francesco il 24 dicembre 1223 nel paesino di Greccio, dove ancora oggi viene rappresentato in questo modo. La prima versione di presepe inanimato è considerata l’ “Oratorium Praesepis”, realizzata in legno da Arnolfo di Cambio nel 1280, oggi conservata nella cripta della Cappella Sistina della basilica Santa Maria Maggiore a Roma. Tra il 1300 ed il 1700 statuine in legno e in terracotta venero modellate da artisti ed artigiani ("figurarum sculptores") che le sistemano davanti a fondali all’uopo dipinti, con esposizione all'interno delle chiese nel periodo del Santo Natale.

 

Dapprima le statuine raffiguravano soltanto i personaggi principali della Natività, successivamente apparvero i pastori, gli animali e via via tutti gli altri “protagonisti” che siamo abituati ad ammirare ogni anno: contadini, pescatori, artigiani, mendicanti, sognatori, mercanti, indaffarati nelle loro attività, nei mercati, nelle botteghe, nelle locande, stupendi scorci di vita quotidiana.

 

(La “Locanda” ed il mercato)

 

Quando ci si trova di fronte ad un presepe tradizionale ci si domanda sempre come mai l’ambientazione non abbia quasi alcun riferimento ai luoghi ed ai personaggi dell’epoca della “grotta di Betlemme”. Alberi innevati sostituiscono il deserto, personaggi ottocenteschi dalle fattezze tipicamente europee prendono il posto degli arabi, osterie e case in muratura anziché capanne e tende. Proviamo a dare una risposta.

In Italia il presepe ricco e pieno di figure come lo vediamo oggi nasce a Napoli, durante il Regno di Carlo III di Borbone (dal 1735 al 1759), sovrano talmente amante della rappresentazione della Natività, da dedicare egli stesso alcune ore del giorno alla composizione del presepio, mentre sua moglie cuciva gli abiti dei personaggi. Il presepe che veniva costruito e pubblicamente mostrato nei saloni del Palazzo Reale di Napoli, “era immenso, perché consisteva in una catena  lunghissima di montagne, con i paesaggi, con le taverne, con le botteghe e i mercati. IN quella scena immensa e di grande effetto, era disposto, con fine accorgimento estetico, un intero popolo di pastori e migliaia di piccoli oggetti di dettaglio, di offerte e di attrezzi. Dell’osteria si riconosce un’abbondanza di cibarie, salsicce, caciocavalli, prosciutti, carni fresche macellate, fiaschi di vino, piatti colmi di maccheroni, pani, cibarie simbolicamente alla portata di tutti, con la canonica presenza di tavole imbandite tra cui razzolano animali da cortile, mentre gli astanti sono allietati da musici. Molte volte le costruzioni erano addirittura costituite da minuscoli mattoncini di terracotta, tenuti insieme dalla calce. Il paesaggio, ammantato di fine muschio, punteggiato da pini, cactus e grappoli di fichi d’india, brulica di una folla sterminata che si sospinge, si urta, si accalca. La scena centrale e principale, il motivo, la causa prima del presepe, la Nascita del Redentore, è come sopraffatta, rimpiccolita, soffocata, per far posto a uno scenario ricco, brulicante di costumi, di luci e di colori, ove l’occhio vaga smarrito senza avere un punto dominante su cui posarsi. Creando la loro Natività gli artefici partenopei non pensano all’arida Palestina, ma alla Napoli fiorita, alla natura in festa in cui Gesù nasce senza dolori e senza tristi presagi; il Messia, nel presepe napoletano, nasce semplicemente, naturalmente, facilmente, senza maestà e senza tristezza. Gli artefici napoletani dimenticano la storia: il loro presepe manifesta gioia, letizia: perciò le loro figurine cantano, danzano e suonano tra l’esultanza infinita degli uomini e degli animali, del cielo e della terra”.  (IL PRESEPE NAPOLETANO, di Elena Sica, Newton, 1996).

 

(IL paese di montagna e i taglialegna)

 

Il presepe diventa una vera e propria moda. I nobili, ad imitazione del sovrano, fanno a gara per presentare il presepe più ricco e sontuoso. Piano piano l’usanza si diffonde, naturalmente in forma meno lussuosa, anche nel "popolino" partenopeo; ogni casa comincia a presentare il suo presepio seppure con pochi pastori raggruppati su un minuscolo "scoglio". Lo "scoglio", o “masso”, era nato come un grosso sperone roccioso che, a seconda delle dimensioni poteva ospitare solo la Natività (Maria, Giuseppe, Gesù, Angeli, bue e asinello) o costituire la base per tutto il paesaggio, dove scorrono fiumi e si estendono a vista d’occhio paesi e campagne. Il "figurinaio", colui che crea le statuine, diviene una professione vera e propria, coinvolgendo anche le donne di casa adibite al taglio e cucito delle vesti, proprio come la consorte del Re borbonico che si era dedicata a questa attività.

Nei secoli successivi il presepe ha conosciuto cadute di interesse e risalite. Nei recenti anni ’60 anche in Italia venne diffondendosi la moda tipicamente nordica dell’albero di Natale, inoltre la mancanza di spazio in case sempre più piccole rende difficile la realizzazione di grandi presepi. Sempre affollatissime le mostre sui presepi, sia nella città d’origine (Napoli) sia nella Capitale (i 100 Presepi nelle Sale del Bramante), sia in piccole realtà, come Arce, alla cui mostra abbiamo fatto visita, su “istigazione” di Franco, nello scorso gennaio. E cosa abbiamo scoperto, insieme ad un buon numero di presepi tradizionali? Un presepio realizzato in un acquario, con le statuine immerse nell’acqua, bizzarro ma suggestivo!

 

(Presepe acquatico)

 

Ed il più strano mai visto, ovvero il presepe “preistorico”! Tirannosauri e dinosauri incombono sulla mangiatoia … e, sarà un caso … del bambinello non si vede neanche l’ombra!

 

 

(Presepe preistorico)

 

Ulteriori notizie storiche, didattiche ed aneddoti in un prossimo numero della rivista. Un “Buon Natale” fuori stagione a tutti voi.

 

R.M.