Dagli scritti del Prof. Sarro
NEL MONDO DELLA SCUOLA
Il prof. Sarro, sulla sinistra
Sul numero 50 de “L’Eco di Roccasecca” mi sembra doveroso che appaia anche la firma del mio celebre ed indimenticato nonno, professor Luigi Sarro, con la pubblicazione di un secondo estratto dal preziosissimo documento dedicato alle problematiche scolastiche, da lui redatto nel lontano 1947. Il precedente è apparso sull’Eco n. 43 dell’ottobre 2003. Ricordavo già in quell’occasione che il saggio, suddiviso in capitoletti monografici, nonostante la sua vetustà, conserva una profonda attualità di contenuti, un estremo rigore ed uno stile impeccabile. Il titolo è:
LA SCUOLA QUESTA SCONOSCIUTA
Il pubblico ignora, in gran parte, i problemi della scuola che sono pure i suoi problemi, anzi tra i più importanti, perché riguardano i figli. Non credo che se ne possa incolpare noi oltre un certo limite, perché noi insegnanti, per primi, fuori dalle aule scolastiche, non abbiamo più voce. Di noi si parla più male che bene, al più ci si compatisce, perché nessuno, uscito, con un sospiro di sollievo, dalla scuola, che in giorni lontanissimi, contento o recalcitrante, l’aveva accolto la prima volta, vi rientra più, se non costretto ad accompagnarvi i figli.
Da quel giorno in cui, adulto, riprende contatto con la Scuola lasciata senza rimpianti, cominciano nuovi rapporti. Il figlio va bene: i contatti sono, generalmente, scarsi e superficiali. Il figlio va male: allora i contatti con la scuola ci sono. Non sempre, non come dovrebbero avvenire. Molti si disinteressano. Molti s’interessano, ma tardi, quando tutto è compromesso. Altri, che si ritengono più furbi, cercano l’amicizia degli insegnanti, la coltivano, se riescono ad ottenerla. Ricorrono ai loro amici, ai colleghi, ai superiori. Tutto è buono per salvare - dicono - i figli. E non si accorgono, così, di rovinarli. La conoscenza vera, profonda, con chi deve sostituirli in pieno, nel compito educativo che compete naturalmente alla famiglia, non avviene, o, se mai, è rara. Si va, quindi, per anni, insieme, ma senza fusione di intenti e di opere: manca la vera, unica, efficace collaborazione tra famiglie ed insegnanti: si fa un matrimonio d’interesse e di convenienza, che mal regge il primo urto: la bocciatura. Perché, perdonatemi la franchezza che la lunga esperienza mi può permettere, purtroppo, per la maggior parte, è “il pezzo di carta” che conta, più di ogni altra cosa. Ma quando tra genitori e insegnanti si stabiliscono rari, ma cordiali rapporti di stima, ogni prevenzione scompare e i giovani, fortunati loro, in tal caso, all’affetto dei genitori, a volte cieco, vedono unito quello dei loro educatori, non meno forte, credetelo, ma senza veli. La verità, purtroppo, è quasi sempre spiacevole, ma, detta senza preconcetti e dettata dall’amore, deve essere un tonico, amaro, ma salutare. E’ naturale che ognuno di noi voglia vedere, nei propri figli, quanto di meglio vi possa essere, ma è anche naturale che non tutti lo possano. La Scuola può e deve correggere e sorreggere i genitori coi suoi docenti, scelti fra i migliori giovani. Ma questi debbono essere incoraggiati, debbono sentire che nessuno impiego, nessun alto grado, nella vita sociale, è superiore alla funzione dell’insegnante. I genitori, per primi, non devono essere i nemici della Scuola, in cui essi sono stati, in cui i loro figli e i loro nipoti, tutti, dovranno inesorabilmente passare. E allora perché non vedere che la Scuola è malata, perché la Società è malata?
Luigi Sarro |