Questa terra è la mia terra

 

 

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l disegno che campeggia sulla prima pagina di questa edizione estiva dell’Eco fu realizzato da Gianfranco come copertina di una audiocassetta sulla quale aveva registrato un consumatissimo LP di Woody Guthrie dedicato a Sacco e Vanzetti. Questa cassetta mi fu donata qualche anno fa con la seguente dedica: “Quando dopo aver ascoltato una cassetta registrata con apparecchiature vecchie da un vecchio vinile tratto da una registrazione fatta su disco di cera, il tutto con impianto ‘mono’ con casse acustiche dal tipico suono da ‘scatola di pelati’ , ancora si riesce ad apprezzare lo slancio compositivo, la melodia ed il testo, l’interpretazione ed eventualmente i messaggi contenuti provando una forte emozione, allora ci si può fregiare appieno del titolo di ‘esperto musicale’, senza che nessuno ne possa contestare la legittimità”. Nonostante la mia collezione di dischi abbia ormai raggiunto livelli da “record megastore”, questa cassetta è rimasta in una posizione privilegiata, sulla mensola sopra la mia scrivania, e non soltanto per motivi affettivi. Strano a dirsi, a tutt’oggi è l’unico documento sonoro di Woody Guthrie che possiedo e mi è sembrato naturale inserirla nel registratore come perfetto ausilio sonoro nella lettura del libro che mio fratello mi ha regalato per il mio recente compleanno: Chronicles, la prima autobiografia di Bob Dylan. Il suono è forse un po’ basso, talvolta gracchiante, ma forse proprio per questo ancora più affascinante; sarà per la vetustà della cassetta o a causa delle registrazioni di fortuna risalenti ad oltre 60 anni fa? Cosa importa? Era perfetto ascoltare quella voce e quella musica mentre scorrevano le pagine di Dylan che ricorda le sue visite al capezzale del «più grande poeta rivoluzionario americano» nel suo letto d’ospedale, dove doveva restare fino alla fine dei suoi giorni (3 ottobre 1967), bloccato da una grave malattia ereditaria, oppure quando rivela che un giorno andò a casa sua alla ricerca di “certe scatole piene di canzoni e poesie che ancora non erano state messe in musica” di cui Woody in ospedale gli aveva parlato dandogli il permesso di prenderle. Purtroppo nessun componente della famiglia Guthrie fu in grado di aiutarlo, e lui lasciò perdere; quei testi sarebbero stati pubblicati solo 40 anni dopo, senza che Dylan avesse potuto vederli! Sto parlando di due “monumenti” della musica e della poesia americana contemporanea, e mi fa piacere suggerirvi di andare ad ascoltare i dischi dei due personaggi e rileggere i testi delle loro opere, non soltanto le canzoni ma anche i libri, la succitata biografia di Bob Dylan, o il celeberrimo Questa terra è la mia terra di Woody Guthrie, che dice: "Scrivo le cose che vedo, le cose che ho visto, le cose che spero di vedere, da qualche parte, in un posto lontano". Un libro sempre attuale ed interessante, non tanto per lo stile, quanto per le molteplici esperienze di vita in esso narrate.

Il titolo evoca nostalgie comuni a tanti: chi ha lasciato la “propria terra” spesso e sovente la ritrova nella mente e nei ricordi.

Buone vacanze e piacevoli letture a tutti.

 

Il Direttore