Libri di sport … e non solo …

Lamberto Boranga

e un calcio che non c’è più

 

Recentemente sono stati pubblicati alcuni libri molto interessanti aventi il calcio come oggetto. Non parliamo delle stucchevoli e edulcorate biografie di notissimi campioni o delle celebrazioni di squadre arcinote a tutti, ma di alcuni testi che guardano al mondo del pallone da un’ottica diversa, disincantata, di chi ama questo sport, nonostante tutto, e che prova ad offrire ancora oggi delle pagine vive e dei ricordi indelebili, quel "calcio che non c’è più" come lo definisce Ferdinando.

Citiamo alcuni titoli letti di recente:

"Le reti di Wembley. Viaggio nostalgico nella Londra del calcio" di Roberto Gotta (Libri di Sport Edizioni), un testo imperdibile per tutti gli amanti del calcio, quello inglese in particolare. Una sorta di giusto completamento a "Febbre a 90°" scritto da Nick Hornby e recensito su queste pagine appena pubblicato, a tempo di record, credo nel 1997 o 98. Questa volta è un tifoso italiano, malato di calcio inglese (ne conosco diversi!) che ci consegna una passeggiata per gli stadi di Londra, alla ricerca di aneddoti, ricordi, piccole storie, sensazioni, il tutto in rigoroso disordine, come se si fosse a tavola con amici appassionati di calcio inglese e sorgessero in continuazione curiosità e domande senza regola e senza criterio.
Da Wembley e le sue reti accoglienti ad Underhill, dalle maglie del West Ham al Subbuteo, da Willie Young ad un passato che nel ricordo viene visto sempre migliore e più romantico di quanto non fosse, ma che ha il merito di essere, perlomeno, lontano dall'apparente caos e dalla mercificazione di oggi.

"Il terzo incomodo" dell’ex calciatore Ferruccio Mazzola, fratello del celeberrimo Sandrino: ricordi familiari scomodi e poco lusinghieri soprattutto nei confronti del mitico papà ed una spietata analisi di un ambiente in cui doping e partite combinate gettano pesanti ombre anche su periodi da noi più lontani, come gli anni ’60. Un testo che avvalora le tesi sostenute da Carlo Petrini con il suo più datato "Nel fango del dio pallone" (Edizioni Kaos) e nei successivi capitoli pubblicati negli ultimi anni.

Ecco, questa è la tipologia di libri sul pallone che tutti gli appassionati di calcio come noi amano leggere e si sentono di consigliare. Ma è tempo di passare la parola a Ferdinando!

Un libro che riconcilia con il calcio.

Una frase forse abusata, ma che calza a pennello con "Il cappotto spagnolo" (Limina Editore, 2005), il libro di Andrea Bacci che narra le vicende calcistiche e non di Lamberto Boranga. Anzi, del dottor Lamberto Boranga, uno dei primissimi calciatori che sia giunto alla laurea e che esercita attualmente il mestiere di medico a Perugia.

Specializzato in medicina dello sport, Boranga è da sempre un profondo innamorato del calcio, oltre che essere stato calciatore professionista per tanti anni. Perugia, Fiorentina, Reggiana, Varese, Parma, Cesena sono state alcune delle sue squadre. Ma la passione genuina per lo sport lo ha portato, per esempio, a tornare in campo con il Foligno a 40 anni passati vincendo il campionato di serie D. Non contento ha continuato a giocare sino a 50 anni e oltre in varie squadre dilettanti umbre: Mugnano, Bastardo, Bettona, Tavernelle, sono nomi di paesini che non dicono nulla ai più, ma che per me che ho giocato quattro anni in quelle contrade e in quel calcio durante la mia permanenza perugina, identificano luoghi e personaggi autentici di un "mondo" calcistico che non c’è più nemmeno fra i dilettanti. Pensare che Boranga, ormai affermato medico ed ex calciatore professionista di fama, a più di 50 anni abbia accettato di tornare in campo per puro divertimento e per aiutare degli amici, fa comprendere lo spirito di un uomo decisamente fuori dagli schemi, sia da calciatore che non. Una personalità poliedrica, ragazzino scapestrato, grande portiere, contestatore della prima ora ma anche studente modello laureatosi in medicina a 38 anni mentre ancora giocava nel Parma di un giovane Carlo Ancelotti con un rispettabilissimo 106/110. Per Boranga peraltro questa fu la sua seconda laurea, ottenuta dopo quella in Biologia: un vero record per un calciatore.

L’atmosfera che si respira leggendo la storia della vita di Lamberto Boranga è quella del calcio ruspante, fatto a pane e salame, che anche ai livelli più alti ancora conservava il calore e il fascino di un gioco che aveva per protagonisti uomini animati dalla passione e non solo dai guadagni.

Soprattutto intorno non c’era il clima esasperato che c’è oggi; anche i personaggi errano ancora vicini alla gente, "umani" fra gli umani, non stelle del calcio – system lontane anni luce dalla realtà e dagli stessi tifosi.

Personaggio sanguigno, ma di estrema generosità, Boranga è rimasto famoso oltre che per la sue parate per i tanti aneddoti che ne hanno connotato la carriera.

Ormai nella leggenda del calcio sono entrati alcuni suoi comportamenti: A Cesena si faceva portare una tazzina di caffé dal massaggiatore che beveva a metà secondo tempo accanto alla porta con il gioco in corso.

Imperturbabile, Boranga beve

il suo caffé durante la partita!!!

 

Giocando nel Cesena di Marchioro sperimentò il training autogeno, usando il classico cappellino da portiere per un richiamo post ipnotico. Insomma una pratica che aiuta la concentrazione e che, nel caso specifico, prevedeva che Boranga si togliesse ad intervalli fissi il cappello, lo buttasse nella porta e poi lo raccogliesse per indossarlo di nuovo.

Nel 2003, a 61 anni, Boranga viene chiamato nella Maifredi Band, la squadra che replica in diretta "i goal" nel programma televisivo "Quelli che il calcio …" e quindi torna in campo spesso per beneficenza.

Da medico Lamberto Boranga si è interessato quasi da subito al fenomeno del doping e si è reso protagonista di una serie di campagne per combatterlo. Ha appoggiato Zeman nelle sue battaglie contro l’uso eccessivo di farmaci e anche di recente è uscito pubblicamente allo scoperto con delle denunce specifiche. Anche ultimamente dalle colonne de "La Stampa" del 23 ottobre scorso Boranga è partito di nuovo all’attacco del fenomeno doping, davvero il suo peggior nemico:

Mondo del calcio in subbuglio per le accuse di Lamberto Boranga che ha sollevato un nuovo polverone sulla questione doping. Per l'ex portiere del Cesena e ora medico sportivo alla Asl di Perugia nel calcio il doping c'è e c'è anche la droga. ''L'uso dell'Epo produrrà conseguenze devastanti. Nel calcio di oggi c'è molta cocaina'' ha detto Boranga in un'intervista al quotidiano 'Avvenire'.

''Dalla fine degli anni '70 al 1985 circa - dice - l'hanno fatta da padrone gli stimolanti, i cortisonici e le anfetamine. Poi da lì a tutti gli anni '90 è stata l'era degli anabolizzanti. Ora il doppio controllo antidoping (sangue-urine) ha quasi fatto sparire gli anabolizzanti e siamo entrati nel tempo dell'Epo.

Le conseguenze di abuso di eritropoietina sulla salute degli atleti si vedranno fra una ventina d'anni ma posso tranquillamente dire già adesso, senza peccare di allarmismo, che saranno devastanti''. Per Boranga, però, ''forse il problema più grave al momento è dato dalla cocaina. Dopo 2 giorni che si è assunta la sostanza, è impossibile che i controlli rilevino tracce. Per riscontrarla si dovrebbe ricorrere all'esame del capello. "Se lo facessero, credo che i positivi sarebbero parecchi''. Parole pesanti come pietre, provenienti da chi ha vissuto in prima persona l’esperienza del calciatore professionista ma che conosce a fondo anche le implicazioni mediche del problema, grazie alle sue lauree in Biologia e Medicina.

La passione nel combattere il doping è la stessa che metteva nell’affrontare bomber come Riva, Boninsegna, Bettega, Chinaglia e, in qualche caso, anche nel rispondere per le rime sul campo. Un esempio ? Eccolo.

Verona – Parma del 16 marzo 1980, con Boranga fra i pali degli emiliani, è lui stesso che racconta:

"Il mio difensore Caneo fece un fallo su Vignola, quello che poi ha giocato nella Juventus e che mise su un teatrino mai visto. L’arbitro espulse del tutto ingiustamente Caneo a causa delle sceneggiate di Vignola. Si riprese il gioco con la punizione per il Verona, io uscii in presa alta e proprio Vignola mi colpì con una gomitata. Mi incazzai come una bestia ! Rinviai la palla, andai da Vignola e lo colpii con un cazzottane. Lui cadde di nuovo a terra, ma stavolta almeno c’era un buon motivo. Se dovesse ricapitare un’occasione simile lo rifarei. Anzi glielo darei più forte! Anche se poi fui espulso".

Firmato Lamberto Boranga, uno che le cose non le manda a dire.

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