OMARINEIDE
Le RIME ITALIOTE di Mario Izzi
Mario Izzi continua a sfornare interessantissimi
libri che noi continuiamo imperterriti a commentare. Questa nuova
fatica raccoglie numerosi appunti stilati a cavallo degli anni 80 a
Firenze, dove l’autore si trovava "di passaggio" per motivi di
lavoro. Siamo in quell’epoca nella quale i "parvenu" <crescono come
polli in batteria e pretendono di contare in ogni stagione e
dovunque, arrogandosi autorità per distribuire favori, stabilire
misure e attribuire meriti, parlando spesso e male e razzolando
sempre peggio e avendo per fine costante l’interesse personale e di
"clan" >.E, proseguono gli appunti <schiere di rampanti, cumulasti e forchettari che si distinguono nell’assalto alla diligenza pubblica
per gli appetiti famelici, di peso trasferiti nelle nuove realtà
regionali, dove si moltiplicano le greppie per dare spazio alle
logiche degli insaziabili apparati.
Di guisa che restando indefinitamente in mezzo al
guado, la confusione e, nel polverone che ne segue, la cosa pubblica
diventa pascolo abusivo per furbi e parassiti, mentre i più
consapevoli si defilano quando non rinunciano. E, quale tocco finale
a mò di edificante conclusione, nei convegni, negli incontri, nei
comitati del sottogoverno del sottosviluppo, tra esperti annaspanti
e tecnocrati imberbi, celebrano il meritato trionfo ‘ominicchi’ e ‘quaquaraquà’>.
Nelle "Avvertenze" l’autore ricorda che "le Rime
vengono pubblicate così come tratte dai rispettivi testi all’epoca
dattiloscritti. Alcune, ritenute ‘d’assaggio’, sono già state
pubblicate in VERSI DAL CAMPANILE. Altre recano introduzioni recenti
– gli ‘spunti’, numericamente distinti in rapporto alla collocazione
– al fine di renderli apprensibili, dato il tanto tempo trascorso
dagli avvenimenti e dai personaggi che le ispirarono. Non vengono
questa volta intitolate ‘NUGAE’ (sciocchezze) – che pure avrebbero
meritato – per venire incontro ai desideri di chi il termine non ha
gradito in quanto attinente piuttosto a ‘cosucce’ (inezie) e non del
tutto adatto al contenuto. Per tale motivo si è ripiegato nel
qualificarle ‘ITALIOTE’, come gli antichi chiamavano i greci
abitanti in Italia: come si trattasse, in altre parole, di rime ‘importate’,
vale a dire di natura diversa da quelle usuali, composte da chi con
la poesia vera è di casa. L’aggettivazione di ‘epigrammatiche’
sarebbe stata, forse, più confacente per il fatto che così gli
antichi definivano i versi celebrativi – i greci - , o ironici e
mordaci – i romani - . Il termine, però, sarebbe stato compreso in
prima battuta solo dagli addetti ai lavori o dagli ‘acculturati’. Il
significato spregiativo assunto nel tempo da ITALIOTA mi ha spinto,
quindi, a preferirlo anche per le rime. Un’occasione in più per
sorriderne … Ma avendo presente il motto latino: ‘Ridendo castigat’,
vale a dire ‘Castigar ridendo’ (amaro)."
E’ molto difficile scegliere dal libro una
composizione staccata da un contesto così sapientemente collegato a
fatti e situazione, con tanto di suddivisione in Spunti,
Divagazioni dissacranti sui culi di pietra, Il Processo e
via scrivendo. Abbiamo così selezionato una rima del marzo 1978 che
ci sembra non abbia perso molta attualità.
IL DUBBIO
(Comitati d’affari)
Nei tempi andati spesso si diceva
che il patrio reggitor se la intendeva
con il fior fiore della borghesia
con cui faceva gli affari a mezzadria.
Oggi che i tempi in parte son mutati,
l’intesa è fatta con i Sindacati.
Ma se i problemi son molto assortiti,
gli accordi son conclusi coi Partiti
Inoltre la moderna borghesia,
accantonata un po’ la polizia,
ha esteso a tutto campo lo strumento
che le era congeniale: il Parlamento.
C onsigli comunali e sanitari,
consorzi provinciali e circondari
profondono torrenti di parole,
concioni altere piene di gran fole.
Da quando c’è la partecipazione,
dentro lo Stato ed ogni Amministrazione,
son molti che qui credon di trovare
quel tanto che gli basti per campare.
Tra la "caciara" e le programmazioni,
son nati fricandò di previsioni.
L’effetto che ne segue è strabiliante,
davvero inusitato e sconfortante.
Si dice di far rosso e bianco,
si mostra spesso il destro e puro il fianco,
null’altro ormai diventa più credibile,
vedendo tutto il mal che qui è fattibile.
Rapine, ruberie con i sequestri
S’alternano a governi più maldestri.
E tutto per lo più resta impunito,
si fa quadrato e non si tocca un dito.
Così persin gli spiriti bollenti
aspettan le riforme e son contenti.
Se poi qualcun rileva il gran ritardo,
sovviene la teoria del ‘gattopardo’:
"Qualunque istituzion sia riformata,
ma, concludendo, in nulla sia cambiata".
E’ questa in fin dei conti la sostanza
del bel Paese senza maggioranza,
o, se volete, è la demagogia
con cui s’impasta la democrazia.
S’appronta allora il tragico cemento
che nella Storia è in voga ogni momento,
rapprende e ingigantisce ognor l’unione,
che porta avanti la … rivoluzione.
Lo capiranno alfine gli ‘omarini’?
Speriam! Ma un dubbio insorge: son piccini!
Interverranno allora i competenti?
Il dubbio incalza ancora: e i precedenti?
Qui va a finire che, co’ ‘sti cretini,
farem tutti la fine degli agnellini,
che nascono, si sa, sempre cornuti
e muoiono, alla fin, sempre scannati …
Mario Izzi, 3/1978 |

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