Anteprima al cinema LA ROSA BIANCA SOPHIE SCHOLL
Febbraio 1943 la resistenza della Wehrmacht di Adolf Hitler è stata spezzata nella caldaia dei dannati di Stalingrado, e per l’armata tedesca inizia la disfatta. In patria, a Monaco, già da qualche tempo ha iniziato ad operare una piccola cellula della resistenza: la rosa bianca. Quella volontà di opporsi al mostro nazista che in pochi anni si è divorata la Germania ha il volto dolce e lo sguardo tenace di Sophie Sholl, interpretata da una convincentissima Julia Jentsch. Sophie e il fratello Hans (Fabian Hinrinchs) sono degli studenti universitari che insieme ad altri giovani impegnati nel tentativo (per lo più vano) di risvegliare la coscienza tedesca immersa in un terrificante sonno della ragione. Il film di Rothemund narra gli ultimi giorni dei due fratelli: dal 17 al 22 febbraio del 1943; arco di tempo che va dal giorno in cui Sophie e Hans vengono arrestati all’università mentre distribuiscono volantini, al giorno della loro esecuzione. Le immagini iniziali fanno vedere uno scantinato, mal illuminato dove i ragazzi stanno preparando i loro volantini (sembra giustamente inevitabile che il nazismo evochi ambienti cupi e plumbei, ad esempio "La caduta" iniziava in uno dei bunker del fuhrer). I cardini narrativi su cui poggia il film sono due: l’interrogatorio di Sophie negli uffici della Gestapo e il processo. L’interrogatorio rappresenta un momento drammaturgicamente molto intenso. Sophie fronteggia a testa alta, con una forza tranquilla, che le da la consapevolezza di sapere quello che è giusto e quello che è sbagliato, l’ufficiale della Gestapo Mohr, interpretato con grande bravura da Alexander Held. Il duello tra la ragazza e l’inquisitore (che indossa un papillon rosso vermiglio, che rigurgita un riflesso crudele e sinistro) mette in mostra la determinazione di Sophie di avviarsi al martirio, come quel crocefisso sul muro che lei guarda a lungo. Da parte sua Mohr mette in campo il suo "mestiere", la sua abilità nel condurre interrogatori, ma qualche spiffero lo avvertirà anche la sua coscienza. Il secondo snodo è il processo: una farsa, diabolica e violenta in cui il potere nazista schiaccia le vite di quei ragazzi che l’hanno sfidato. Il giudice André Hennicke vomita ingiurie e slogan di regime, officiando così il rito che si concluderà con il sacrificio degli imputati. Nella lunga sequenza finale spicca il mefistofelico onore delle armi che Mohr compie andando a salutare silenziosamente in prigione Sophie. Il ritratto che Rothemund fa della Germania nazista è condivisibile: una nazione schiacciata dal terrore hitleriano,ma anche da una cecità e da una passività che non sono due prove a discarico. Per di più l’eroica azione dei ragazzi della Rosa bianca da sola non riuscì sicuramente a riscattare la pavidità di un intero popolo. Anche dal punto di vista cinematografico il film persuade. Dalla ricostruzione ambientale, alla recitazione intensa, mai sopra le righe, degli attori, alla colonna sonora discreta, tutto contribuisce a rendere consigliabile la visione di questa pagina di cinema ben realizzato. Guai se la memoria di uno dei periodi più bui della Storia europea andasse perduta. Un’ultima nota: nel film non si vede una goccia di sangue. Un merito in più. Gianni Sarro REGIA: Marc Rothemund; CON:Julia Jentsch, Alexander Held, Fabian Hinrinchs; DISTRIBUZIONE:Istituto Luce. Uscita nelle sale Ottobre 2005 |