PREFAZIONE
Tanto tuonò che… non
piovve e arrivò, invece della pioggia, la prima
pubblicazione su carta del vasto repertorio dialettale
di Fulvio Cocuzzo.
Quella che avete tra le
mani infatti, magistralmente promossa e curata
dall’Associazione onlus “PRETA” che da tempo svolge un
importante lavoro di valorizzazione delle tradizioni
musicali ed artistiche del Basso Lazio, è un’ampia
raccolta della vasta produzione intellettuale del più
eclettico e versatile artista della Valle di Comino.
Fulvio Cocuzzo,
Professore di Italiano al Liceo Classico di Sora, è in
realtà molto di più: cantautore, cantastorie, poeta,
rimatore, burattinaio, commediografo, attore e, nel
tempo che gli rimane, anche falegname e ciclista.
A queste definizioni
d’obbligo vorrei aggiungere anche quelle di ricercatore
e storico visto che, proprio grazie a questa sorta di
“opera omnia”, nel rileggere ed esaminare in modo
omogeneo e complessivo la produzione di Fulvio è ancor
più evidente quanto “studio” e “conoscenza” ci sia
dietro il suo lavoro.
Conoscenza ed
approfondimento del passato del tutto evidenti non solo
nelle commedie da lui ideate ma anche in molti testi
delle sue canzoni, spesso vere e proprie sintesi
storiche di secoli di sofferenze, trasformazioni e
cataclismi subiti dalla gente della Valle di Comino. In
altri testi Cocuzzo, proprio come un falegname o un
artigiano, taglia, cuce, incolla, trasforma episodi,
personaggi e luoghi raccontando e creando scene a metà
tra la fiaba ed il realismo, che evocano e provocano
una intensa partecipazione emotiva. Lavoro di sapienza e
maestria artigianale svolto anche riguardo ad alcune
delle sue composizioni poetiche tra le quali, oltre a
quelle di produzione originale, vengono abilmente celate
rivisitazioni di celebri liriche filtrate e rilette
attraverso la sua e nostra sensibilità di gente di
“Terra di Lavoro”.
Sono anni, del resto,
che Fulvio cattura e trascina il suo pubblico in mille
storie senza respiro, che rapisce e travolge con il
martellante succedersi di canzoni, sonetti, poesie e
massime filosofiche tutte rigorosamente in dialetto reso
comprensibilissimo dalla sua stessa simultanea ed
ironica traduzione che diventa, a sua volta, una nuova
storia nella storia, in una catena senza fine di
racconti, aneddoti, personaggi, scene di vita e pillole
di saggezza popolare.
In direzione ostinata e
contraria alla società dell’omologazione, Cocuzzo
racconta degli usi, dei costumi e di tutto ciò che non
c’è più della nostra vita esteriore ma è dentro di noi,
gente della Valle di Comino. E ci identifichiamo e
riconosciamo nei suoi monologhi e nelle sue canzoni
proprio perché siamo quello che lui racconta senza
sapere di esserlo.
Tuttavia, il problema di
chi sia e come possa essere definito un così poliedrico
artista resta irrisolto. Cocuzzo è un camaleonte di
qualità che sfugge per sua natura ad ogni definizione
ma, se ben osserviamo, un comun denominatore, nella sua
linea espressiva, esiste eccome.
E’ il dialetto. La
lingua della sua terra, la Valle di Comino. Il
linguaggio attraverso il quale Cocuzzo si esprime e
comunica rendendolo più malleabile e comprensibile
dell’italiano. Un lavoro tutto espresso in dialetto e,
per questo, un faticosissimo lavoro di ricerca meritorio
quanto e più di qualsiasi saggio linguistico.
Senza quel dialetto,
senza quella lingua, nessuna delle sue storie avrebbe
suono, nessuna delle sue canzoni avrebbe parola, nessuna
delle sue commedie avrebbe colore. Ecco chi è, alla
fine, Fulvio Cocuzzo. Uno scalpellino della parola che,
naturale erede degli scalpellini della pietra di San
Donato, scolpisce, scava e plasma parole, racconti e
tutto ciò che deve restare nella nostra memoria
collettiva.
Tutta sta Valle parla de
chi c’é campate,
De chi l’é fatte ste case
de prete squadrate
E n’é lassate ste vicule e
chiese
E st’ialbere e ste fentane,
Ma, chiù de tutte, ste
belle
Parole paisane che n’iava
avé fine,
Ca se le teneme a mente
Seme sempre la gente della
Valcomine.
E quello della carta
stampata è, in definitiva, solo l’ultimo della lunga
serie di palcoscenici attraverso i quali il cantastorie
Cocuzzo ha raccontato, in questi anni, passato e
presente (andanne e mo) della Valle di Comino,
indefinita terra di mezzo e di confine culturale
apparentemente anonima ma, in realtà, perpetuo calderone
di eventi, paesaggi, nostalgie, sofferenze, vinte
rivolte e tragiche emigrazioni, in una eterna vita dal
tempo inconcludente, che mai muta e scompare a poco a
poco.
Casalvieri, 8/12/2005
Silvio Zincone
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