E mi ritrovai davanti a Belfagor che mi fissava crudelmente!

 

Belfagor o il fantasma del Louvre, è un film francese prodotto per la TV nel 1965 per la regia di Claude Barma e la sceneggiatura di Jacques Armand. Lo sceneggiato televisivo andò in onda sulla televisione francese dal 13 al 27 marzo 1965. In Italia fu trasmesso in sei puntate, a partire dal 15 giugno 1965, il mercoledì sera alle ore 21.00. Le prime quattro puntate furono mandate in onda sul Secondo Programma; le ultime due furono invece trasmesse sul Programma Nazionale. Fu uno dei più grandi successi della televisione italiana di tutti i tempi, tanto che il successo della prima edizione sollecitò la replica delle sei puntate per ben quattro volte, nel 1966, nel 1969, nel 1975 e ancora nel 1988 su RAI 3.

Il film era liberamente ispirato a un romanzo scritto nel 1927 da Arthur Bernède, apparso in 59 puntate giornaliere su Le Petit Parisien, dal 28 gennaio al 28 marzo 1927.

 

Il misterioso fantasma, protagonista assoluto del film, si aggira di notte nelle sale del Louvre con un lungo mantello e un copricapo nero e una maschera sul volto, guidato da un bambino (di cui non si saprà nulla nella "ricostruzione" alla fine del film, n.d.r.) che gli fa strada richiamandolo con un particolare fischio. Suo scopo sembra essere la ricerca di un antico metallo che dovrebbe trovarsi all’interno della statua di Belfagor, la divinità caldea dell'inganno.

Tra gli interpreti figura un’icona del film esistenzialista francese come come Juliette Gréco nel ruolo di Luciana Borel e della sua gemella Stefania; quindi René Dary è il commissario Menardier, Franqois Chaumette l'aristocratico russo Boris Williams, Madame Sylvie nella parte di Lady Hodwyn e la giovane coppia formata da Christine Delaroche e Yves Renier, nei panni di Colette, figlia dei commissario, e Andrea Bellegarde, il giornalista-detective. Da menzionare anche il mimo Isaac Alvarez che interpretava Belfagor.

Qualcuno ha scritto che "le riprese, in un cupo bianco e nero, hanno un taglio quasi impressionistico, accentuato dalle location evocative di un Louvre per altro ricostruito in studio (in quanto l'allora ministro francese dei beni culturali non concesse l'autorizzazione a girare dentro il museo) e di una Parigi ben poco rassicurante, a tratti minacciosa e carica di enigmi, di vicoli in penombra, di personaggi equivoci e misteriosi."

Una ricostruzione assolutamente impeccabile, un’analisi pressoché perfetta che possiamo pienamente condividere.

La regia denota la capacità di provocare suspense con poco. E’ sufficiente un mantello nero ed una maschera dorata a creare un'atmosfera piena di tensione e di terrore, senza bisogno di ricorrere a quegli "effetti" cinematografici che imperversano nel cinema di oggi. A riprova di ciò, basta andare a vedere il film uscito nel 2001, Belphegor, zeppo di trucchi ma con suspense zero assoluto!

 

Anche la colonna sonora di Antoine Dumahel ebbe la sua particolare valenza, soprattutto nelle scene più paurose, in cui il fantasma si muoveva tra le sale del museo o nelle case, col sottofondo di poche note dettate da un lugubre violino.

Alzi la mano chi, all’epoca bambino, dopo aver visto la serie televisiva di Belfagor non rimase talmente impressionato da non riuscire più a trascorrere le notti tranquillo come prima! Chi, pur più grandicello, non è stato preso da un’insana paura nell’attraversare il cortile che porta a casa o nel dover attraversare al buio le stanze di casa.

 

Ricordo nitidamente i discorsi con i miei coetanei, le ipotesi sull’atteggiamento da tenere semmai un giorno Belfagor si fosse fatto vivo in una delle nostre case, le eventuali possibili vie di fuga. A Roccasecca immaginavamo che venisse dalla Stazione! Eh già, anche i fantasmi prendono il treno …

Immaginavamo di vederlo avanzare su Via Piave in direzione delle nostre case, al crocevia. Chi diceva di nascondersi in mansarda, chi in cantina, chi sosteneva che ogni posto chiuso non avrebbe consentito fughe e quindi meglio sarebbe stato rimanere nei campi e controllare i suoi movimenti da una postazione aperta. Qualcuno più pratico proponeva il più canonico lancio di pietre a mitraglia, senza sconti!

Ma il momento peggiore era la notte.

A questo proposito mi vengono alla memoria due episodi che possono sembrare ridicoli ma che sono una testimonianza di come Belfagor abbia segnato le paure di una intera generazione, forse la prima volta di una sorta di terrore "medianico" proveniente direttamente da un programma della televisione.

Era l’estate del 1966, e credo che da poco fosse andata in onda la prima replica dello sceneggiato. Mi trovavo in vacanza a Lavinio dai miei zii, e dormivo nella sala di una casa con giardino, da solo. Più di una volta mi capitò di svegliarmi all’alba, sentendo strani fruscii (probabilmente provenienti da rami e foglie degli alberi nel giardino, mossi dal vento) che mi ricordavano proprio il rumore che faceva Belfagor con il suo mantello e immaginavo di veder comparire da un momento all’altro la "sinistra silhouette", e sentivo realmente una lugubre campana in lontananza, annunciante chissà quale terribile avvenimento. Con ogni probabilità, si trattava del passaggio a livello a poca distanza. Una sera, rimasto a casa con la cuginetta di due anni, mi ritrovai a "difenderla" con un coltello da cucina vedendo un’altissima ombra che si stagliava sul muro davanti alla portafinestra:

era mio zio Mario che tornava con gli altri e che invece di passare dalla porta di ingresso si era affacciato dal giardino!

Quella stessa estate, a Roccasecca, mi trovai di notte, all’improvviso, REALMENTE di fronte a Belfagor, almeno così credevo: molto più alto del previsto, in piedi, davanti a me, mi fissava appoggiato all’armadio. Cercai di non muovermi, tenendo gli occhi quasi chiusi, ma non potevo fare a meno di fissarlo. Dopo molti minuti era ancora lì e, fortunatamente, almeno non si avvicinava. Non so come mi feci coraggio, aprendo di più gli occhi che, adattandosi meglio alla fioca luce lunare proveniente dalle persiane, cominciarono a distinguere meglio il "fantasma": un cappotto nero, lungo, che qualcuno, per motivi ancora a me oscuri, aveva sistemato su una stampella appoggiata esternamente all’armadio. Un cappotto che prendeva aria in agosto! Ma guarda che mi doveva succedere.

Il critico cinematografico Maurizio Costa in uno speciale televisivo dedicato qualche anno fa al nero padrone delle notti nel Louvre ha dichiarato: "Tutti quelli che erano bambini e ragazzi allora, sono cresciuti con la paura di Belfagor". E ciò che accadde in Italia era già successo in Francia dove la mania, ribattezzata subito "belphégorite", durò ben oltre le quattro memorabili settimane di programmazione, quando la gente correva a casa e non vedeva l'ora di venire terrorizzata. Un altro critico ha scritto che "Belfagor, con i suoi misteri, le sue valenze esoteriche e la sua essenza prettamente horror, rappresentò un momento di rottura che influenzò per anni il modo di fare televisione, ne sono riprova gli sceneggiati italiani anni settanta come Il segno del comando, Gamma o A come Andromeda. La trama di Belfagor era inoltre estremamente complessa per l'epoca, complotti, sette segreti e quel misterioso fantasma che imperversava all'interno del Louvre. Chi si nasconde dietro quella maschera?"

 

Forse l’unica delusione di chi ha visto – o rivisto – Belfagor sta proprio nel finale che lascia più di un dubbio e di una interpretazione. Ma forse il suo fascino è anche questo. Non scendiamo nei particolari della trama per non togliere nulla a chi lo vuole vedere.

Ci resta soltanto da aggiungere un’informazione per chi vedrà la nuova versione in DVD, che offre tre brevi scene di cui non esiste doppiaggio italiano, è quindi presente l'audio in francese con sottotitolazione automatica nella nostra lingua. E' curioso pensare che ciò è accaduto perché le parti mancanti sono state censurate dalla RAI di allora. Nella prima un gruppo di amici si trova presso un circolo di tennis ed una ragazza racconta di essere stata abbordata la sera prima da uno sconosciuto, di esserselo portato a casa e di aver passato la notte con lui. La seconda scena è un divertente sketch in cui un custode del Louvre pulisce con uno straccio, come se nulla fosse, un'antica statua rappresentante una divinità femminile nuda, la parte censurata è quella di quando con lo straccio passa sul seno marmoreo della scultura. La terza scena censurata non ve la raccontiamo in quanto è parte della scena finale dell'intero sceneggiato e certo non vogliamo dirvi come si conclude la storia.

Riccardo