Una gita a Montefiascone ANGULUS RIDET Abbiamo incontrato Orazio Manente
Il Professor Orazio Manente
Domenica 18 giugno 2006. Questo giorno si è ritagliato un posto d’onore nella storia dell’Eco di Roccasecca. In tale data, infatti, il nostro Direttore, accompagnato dalla sua signora, ha fatto visita all’amico e collaboratore dell’Eco, Orazio Manente, presso la sua abitazione di Montefiascone. Abbiamo intitolato questo articolo “Angulus Ridet”, seguendo un percorso doppiamente “oraziano”. I proverbi latini, lo sanno bene i lettori dell’Eco, sono uno dei tanti interessi del nostro Orazio Manente, il quale giusto un anno fa dedicò ad essi un libro che tanto successo ha avuto, anche sulle pagine del nostro giornale. Inoltre il proverbio scelto come apertura è di un altro ben noto Orazio, ossia l’Orazio Flacco della ARS POETICA. “Angulus ridet”, ovvero “Quest’ angolo (di terra) mi sorride”: dicesi delle cose piccole e graziose, dei luoghi appartati nei quali, lungi dal tumulto, trovasi la felicità (dalle ODI). Ebbene, tale detto appare indovinato se riferito al “nostro” Orazio ed a Montefiascone, il suo “Angulus ridet” da quasi 60 anni!
Va ricordato che Orazio, nato per uno dei tanti casi della vita in quel di Savona, il 20 luglio 1920, è di chiare e riaffermate origini roccaseccane. Visse a Roccasecca fino alla fine degli anni 40, quando si trasferì a Montefiascone dove sposò la signora Pina di Bagnoreggio. Lunga e ricca di soddisfazioni è stata la sua carriera di professore, molteplici gli interessi culturali abbracciati e tenuti vivi anche con l’arrivo della pensione. Sempre presente in lui il ricordo di Roccasecca, ma altrettanto sincero l’attaccamento a questa sua “seconda” patria, una cittadina che ormai gli divide il cuore in due parti, bellissime entrambe. L’incontro è iniziato con una proverbiale battuta del “professore” che aspettava i “romani” che apparivano in ritardo. Rivolgendosi a Riccardo, appena sceso dall’automobile dopo un tortuoso giro che aveva reso particolarmente lungo l’ultimissimo tratto di strada alla ricerca di “Via Tagliamento”, gli diceva: “e neanche foste dovuti arrivare in America!”. La giornata a Montefiascone è risultata piacevolissima sia dal punto di vista umano, grazie all’immediata reciproca simpatia e unità di interessi ed argomenti di conversazione, sia nell’ottica prettamente storico culturale, grazie alle bellezze che la cittadina laziale offre. Il pranzo, consumato in un ristorante sulle rive del lago di Bolsena, è stato ottimo per le pietanze e pregevole per gli argomenti trattati. Orazio e la signora Pina, (coppia inossidabile, prossimi alle nozze di diamante) sono entrambi votati ad una intensa e fluida narrazione di fatti ed eventi, talvolta – non me ne vogliano! - addirittura sovrapponendosi nella narrazione di fatti e ricordi: una miniera di memorie di grande interesse. Ascoltare Orazio è un piacere in assoluto, ma diviene evento speciale quando “condisce” - tanto per restare all’atmosfera conviviale – la narrazione con opportune citazioni letterarie “a memoria”.
Così durante il pranzo abbiamo risentito ed ammirato passi di Dante, versi di Carducci e Leopardi, continui riferimenti in latino, insomma roba per palati fini! E’ impossibile trascrivere tutti i fatti e le citazioni letterarie ascoltate, ma mi fa particolarmente piacere ricordare il momento in cui Orazio ha parlato del suo insegnante “preferito”, il roccaseccano “doc” Don Raffaele Pasquariello, personaggio ben noto a tutti i roccaseccani per l’attività svolta sia in campo religioso che scolastico. Dall’immensa biblioteca di Orazio è emerso un libro di biografie con un capitolo dedicato a Don Raffaele. Vi si legge, tra l’altro, il “metodo” con cui insegnava l’uso dell’accento agli studenti. Come si fa a sapere quando si usa “e” oppure “è”? Semplice, si prova a mettere la frase col participio passato e si vede subito se il verbo ci sta bene o se ci vuole la congiunzione! Es. : Luigi e Vincenzo Si potrebbe mai scrivere: Luigi è stato Vincenzo? Mai! Quindi ci vuole la “e” congiunzione. Es. : Luigi è bravo Si può scrivere Luigi è stato bravo? Sì. Quindi si deve usare il verbo essere “è”. Questo ed altro ho letto con attenzione, mista ad un sorriso, perché a tavola Orazio aveva raccontato proprio alcuni di questi esempi, con un trasporto tale ed una sincera ammirazione per il suo antico docente. Solo per scrivere alcuni degli aneddoti aventi Don Raffaele protagonista ci vorrebbe più di una puntata. A questo proposito ci proponiamo di chiedere ad Orazio una fotocopia delle pagine dedicate a Don Raffaele, da pubblicare sull’Eco nei prossimi mesi. Per smaltire il lauto pranzo ci siamo recati a fare una passeggiata sulla sommità del colle di Montefiascone, ove sorge la Rocca dei Papi. Tale zona privilegiata un tempo dal punto di vista strategico, è oggi soprattutto un punto invidiabile da cui si può godere un panorama di impareggiabile bellezza.
Dalla rocca infatti si ha visione di un paesaggio ineguagliabile, che va dal Mar Tirreno, dove si riconoscono le sagome dell'Argentario e dell'isola del Giglio, alla Maremma, al lago di Bolsena con le sue bellissime isole Martana e Bisentina. Montefiascone si erge in cima al cratere Volsino a circa 600 metri di altezza.
Il lago di Bolsena visto dalla Rocca
Procedendo per una salita giungiamo dunque alla Rocca dei Papi dove abbiamo imparato un altro pezzo di storia che ignoravamo. Miria, appassionata di storia dei Papi, ha trovato particolarmente proficua la spedizione pomeridiana. Guidati dai nostri ospiti abbiamo visitato i giardini con il belvedere, luogo in cui Orazio ricorda di essersi soffermato ore godendo della lettura dei classici della letteratura russa, e due sale all’interno della Rocca, dedicate a Innocenzo III e Martino IV. La visita è stata talmente foriera di spunti e stimoli che tornati a Roma abbiamo cercato ulteriori dettagli ed informazioni su “internet” che trascriviamo. La storia della Rocca dei Papi inizia attorno al XII sec. quando papa Innocenzo III ne ordina il restauro, rendendola una vera e propria fortezza. Durante il periodo di cattività avignonese la Rocca di Montefiascone diventa la capitale del patrimonio di San Pietro; infatti il Papa dalla Francia, dove era rifugiato, nominava il "rettore" che doveva risiedere a Montefiascone e curare il governo del nascente Stato Pontificio.
Il pontefice inoltre inviava di tanto in tanto i suoi legati che avevano il compito di controllare l’operato dei rettori ed eventualmente di riformare, legiferare e convocare parlamenti. Tra i rettori ed i legati più illustri vi furono il leggendario condottiero cardinale Egidio Albornoz che diresse dalla Rocca la riconquista del Patrimonio di San Pietro e Bertrando Deux famoso per le sue dispute con Cola di Rienzo. Le mura della Rocca ospitarono anche numerosi papi per brevi o lunghi periodi e questi spesso condussero con loro artisti e letterati illustrissimi che con le loro opere diedero fama alla Rocca di Montefiascone . Con il duca Valentino e con papa Giulio II lavoreranno Antonio da Sangallo il Vecchio, con Leone X, figure del calibro di Michelangelo al quale il Fontana attribuisce più tardi delle parti della fortezza (in seguito troviamo lo stesso Carlo Fontana al quale si devono delle belle stampe della Rocca), Antonio da Sangallo il Giovane , i letterati Pietro Bembo e Jacopo Sadoleto. All’interno dell’inespugnabile castello gia nel XIII sec. vi era una "zecca" dove si coniavano i Paparini. Il declino iniziò verso la fine del ‘500 quando venne a mancare il bisogno di una residenza così fortificata. Alla fine del ‘600 si completò la rovina con il cardinale Barbarigo, che usò le possenti mura come cava di materiale per la costruzione del seminario diocesano.
La Rocca dei Papi
Alla città di Montefiascone è legata anche una celebre leggenda legata al … vino! Abbiamo detto che per tutto il periodo medievale Montefiascone fu luogo di sosta e residenza di Papi e personaggi illustri. L'imperatore Enrico IV tentò senza successo di impadronirsene, cosa che riuscì nel 1111 al suo successore Enrico V. Si narra che proprio in questo anno di grazia una delegazione imperiale comprendente scudieri, cavalieri, dame, nobili, pellegrini, prelati e mercanti fosse diretto a Roma per l'incoronazione di Enrico V. Fu in questa occasione che avvenne il fatto rimasto leggendario avente come protagonista il connestabile imperiale Giovanni Defuk (o Defuc, o De Fugger, o Defuis, tali e tante sono le differenti versioni del nome in circolazione, ndr) in viaggio con il gruppo imperiale. Costui, amante del buon vino e della buona tavola, aveva l’abitudine di spedire il suo fedele servitore Martino in avanscoperta, con l'ordine di segnalare con il verbo latino EST il vino buono che avesse assaggiato nelle varie località incontrate lungo il percorso; dove lo trovava scriveva sulla porta della cantina visitata "Est!" ovvero “c'è”, e raddoppiava l'esclamazione se il vino risultava ottimo. Giunto a Montefiascone l'assaggio del Moscatello del posto convinse Martino a rafforzare l'affermazione con la triplice esclamazione "Est! Est!! Est!!!". La cosa non sfuggì a Defuk che al ritorno da Roma decise di fermarsi per sempre a Montefiascone ove morì, si dice, per il troppo bere. I cittadini lo seppellirono con tutti gli onori nella chiesa di San Flaviano e la sua tomba riporta un singolare epitaffio: "Per il troppo Est qui morì il mio signore", scritto dal servitore Martino. Da allora EST, EST, EST è il nome dell'eccellente vino di Montefiascone e ogni estate, in occasione della tradizionale Fiera del Vino, l'avvenimento viene rievocato in maniera solenne con figuranti in costume (dame, arcieri, maestri d'ascia e alabardieri) e cerimonia sulla tomba del Connestabile che è visibile nell'antica Chiesa.
Proprio la Chiesa di San Flaviano è stata l’ultima bellezza da noi visitata, all’uscita della quale l’affettuoso saluto con Pina ed Orazio, e la promessa di vederci presto a … Roccasecca! Il modo migliore per chiudere queste note non può che essere un richiamo ad un altro detto latino di Orazio Flacco: “OMNE TULIT PUNCTUM, QUI MISCUIT UTILE DULCI” (Orazio, Ars Poetica, 343) ossia “ Ha raggiunto la perfezione chi ha saputo congiungere l’utile al dilettevole”, che ci sembra ciò che ha fatto il “nostro” Orazio, che nella sua vita è riuscito a far convivere saggiamente i doveri con il piacere dei tanti interessi intensamente vissuti. Mentre stavamo nel suo studio–biblioteca, con i ripiani straripanti di libri, mi ha detto: “Riccardo, io non mi annoio mai, anzi, mi manca sempre il tempo per fare tutte le cose che vorrei!”. Una eccellente filosofia di vita!
A cura di Miria e Riccardo (foto del Direttore)
Sulle rive del lago di Bolsena
Gli Anagrammi di Orazio
Orazio, che trova sempre, come detto, il modo di non annoiarsi, ci ha inviato un’altra puntata degli Anagrammi da lui stesso creati e che finora tanto interesse hanno suscitato nei lettori dell’Eco di Roccasecca. Sulla lettera di accompagnamento agli anagrammi Orazio scrive: “ Caro Riccardo, ti invio degli anagrammi per il prossimo numero dell’Eco; quando ho il tempo a disposizione mi “diverto” con gli anagrammi, per me ormai semplici”. Saranno semplici, ma di certo sono gustosi e in certi casi le due parole sembrano addirittura correlate (Ripetente -Pentirete lascia pensare a qualche anatema lanciato ai tempi dei suoi … studenti!).
Orazio Manente Montefiascone 26 maggio 2006 |