Un lontano ricordo di Don Raffaele Pasquariello
Il nostro esimio e prolifico collaboratore Orazio Manente mantiene la promessa fatta a Montefiascone lo scorso giugno e invia in redazione un corposo plico contenente le fotocopie di un capitolo del libro “Dal vero”, dedicato ai primi anni della carriera scolastica del compianto Don Raffaele Pasquariello, figura carismatica in Roccasecca per quasi un secolo, talmente lunga è stata la sua vita. Pensiamo di far cosa gradita a molti pubblicando queste pagine tratte da un libro realmente raro ed introvabile, pubblicato verso la fine degli anni ’20 a cura di un ispettore scolastico dell’epoca, il quale si tolse la soddisfazione di scrivere i profili (sia positivi che non!) di alcuni insegnanti che aveva conosciuto.
Il giovine Don Raffele in un’immagine del libro
Nella bella lettera che accompagnava il plico, Orazio scrive: Caro Riccardo, Promissio boni viri est obbligatio. (dai motti e sentenze …) Ti invio la copia delle pagine sul mio maestro Don Raffaele Pasquariello. Rileggendo quelle pagine mi sono veramente commosso su ciò che dice l’ispettore scolastico Petrolillo sul libro “Dal vero” (figure e macchiette magistrali). Il mio maestro è tra i più virtuosi, oltre che noto per aver compiuto gli studi teologici, filosofici ed aver amato i piccoli alunni dopo aver studiato pedagogia. Ho voluto risvegliare a Roccasecca e specie allo Scalo, l’affetto che noi alunni abbiamo dimostrato a Don Raffaele, nella scuola e nel resto della sua esistenza. Spesso, quando abitava alla “Stazione”, sono andato, con mia moglie, a fargli visita e a dire il vero le visite sono state oltremodo gioiose. Don Raffaele amava i fiori e il suo giardino era un tripudio di profumi e colori. Don Raffaele mi ha insegnato tanto e devo a lui riconoscenza per tutto ciò che mi ha donato. E’ morto alla bella età di 95 anni ed ha voluto mandarmi un ultimo bacio tramite mio cugino Ludovico. Ci sentivamo per lettera o cartolina negli auguri natalizi e pasquali. Non lo potrò giammai dimenticare. L’alunno Orazio Manente.
Come è facile arguire, “l’alunno” Manente, divenuto in seguito eccellente professore non ha di certo dimenticato il suo educatore e maestro, a dispetto del tempo che è passato! Naturalmente il testo che segue si presenta come poteva essere un testo scritto a metà degli anni venti, in un italiano che al giorno d’oggi può apparire antiquato, ma fotografa perfettamente il quadro dell’epoca ed i sentimenti che lo ispirano.
RAFFAELE PASQUARIELLO
Sono tanti i maestri virtuosi, divenuti tali attraverso una serie di vicende che sembrano combinazioni. Il Pasquariello ne è uno. Conseguita la licenza ginnasiale, e compiuti gli studi teologici e filosofici nel Collegio Leonino di Anagni, venne consacrato sacerdote a 22 anni, con speciale dispensa da Roma. L’amore per i piccoli lo spinge a studiare pedagogia. Tornato al suo paese (in Basilicata), occupato come vice-parroco, non se ne contenta ed assume spontaneamente la cura delle piccole anime, cioè apre una scuola serale gratuita. Apriti cielo! Proteste e ricorsi al Provveditore da parte dei pedagoghi bollati e pagati! Forse temevano, i poveretti, che fosse anche quello del nostro un modo, per quanto involontario, di riveder le loro bucce più o meno pedagogiche, da organizzati nel gran seno della più grande U.M.N. ! Allora Pasquariello va a Sala Consilina (Salerno), frequenta il Corso magistrale e dopo un anno è maestro bollato anche lui, ma con un’anima, come pochi. Voti del titolo 146 su 150. Naso di quegli altri,intrighi più o meno socialisti per non fargli trovar posto. Nemo propheta in patria. Il sacerdote educatore va lontano e, dopo alcune vicende, capita con me a Roccasecca. Visetto bruno affilato, bellissima fronte, occhi neri lampeggianti, voce dolce, cervello fino, pronto a tutto tentare. Il maestro entusiasta e fattivo si profilava subito a’ miei occhi: gli fui amico, l’assistei: mai un errore da parte sua, mai un’opposizione da parte mia. Lui veramente agiva da solo, e ricorreva al mio consiglio in casi difficili, e ricorse, come fanno parecchi, anche quando non gli fui più superiore gerarchico. Io facevo da semplice timoniere pedagogico, mentre il fuoco sacro e l’iniziativa eran privilegi suoi. Ebbe per aula una spelonca lunga, buia, col pavimento mezzo sfondato.
L’aula (ex-spelonca) piena di alunni
Un pedagogo di quelli soprallodati e di quegli altri che bazzicavano per far carriera a Palazzo Giustiniani, avrebbe subito fatto rumore. Una maestra avrebbe ricorso al provveditore ed ai protettori, e tutti le avrebbero dato ragione e con la ragione due giorni, due mesi e due anni di permesso per riposarsi a casa, attendendo che la scuola fosse messa così e così. Il lettore è pregato di intendermi: non creda che non ami la scuola ben messa; ma pensi che amo di più i maestri che, non trovandola tale, non solo non ne piglino pretesto a far festa, ma facciano tutto da loro! Pasquariello fa così: accomoda il pavimento, imbianchisce la spelonca, vi aduna i piccini, insegna, aumenta la popolazione scolastica, s’affeziona l’ambiente e gli amministratori del Comune, s’affeziona i colleghi (quelli di Roccasecca hanno questo merito peculiare dell’unità e dell’onestà professionale), s’affeziona a tutti. In un paese non suo agisce meglio che se fosse suo e comincia a contare per qualche cosa. E così il Pasquariello è chiamato confidenzialmente “Don Raffaele” anche dagli alunni di altre scuole; dice messa in campagna dove tutti l’adorano; lavora indefessamente in classe; poi s’occupa occupando i piccini nelle ore pomeridiane in lavori di ordine e pulitezza dell’aula, costruzione di oggetti per la scuola, traforo, falegnameria, legature dei libri, letture educative, conversazioni e giochi.
Il Pestalozzi, di temperamento e di origine italianissimi (come ha dimostrato Luigi Credraro, fascicolo III, anno 1926 della Rivista Pedagogica), lo avrebbe adottato come figlio. E così egli va avanti, sale di classe in classe, dalla prima che gli avevano assegnata alle altre, e sale anche in attività, perizia, prestigio. Coopera, prima della riforma Gentile, con Luisa Pelligrini nel tenere a Roccasecca una scoletta tecnica privata, i cui alunni agli esami di licenza riportano, nelle ombrose e gelose scuole pubbliche statali, fin dei nove. Naso, anche qui, dei dottori governativi con tanto di laurea! L’anno scorso un provvedimento inatteso lo toglie dalla quarta che gli si era regolarmente affidata e ch’egli si era preparata di lunga mano; egli ubbidisce, benché prenda il provvedimento come un atto di sfiducia per lui, ma non se ne contenta la popolazione, che protesta, agisce e fa restituire l’educatore ai suoi alunni ed alla sua, più che sua scuola, ricca di quel ben di Dio che lui solo aveva saputo apprestarvi. Nella detta scuola, ciò che vi è oggi raccolto non è facile dirlo e non si può neppure fotografare, poiché le fotografie non mostrerebbero tutto. Ecco una elencazione alla buona, quasi da catalogo: Ricca collezione di quadri: dei tre regni della natura, di nomenclatura geografica e astronomica, di anatomia, di soccorsi medici e chirurgici, di profilassi delle malattie, del Redentore, dei Sovrani, di Mussolini, dei grandi Martiri dell’ultima guerra – Carte geografiche – Bollettino della Vittoria – Albo d’onore – Calendario della Montesca – termometro – barometro – bussola – bandiera – squadre e righe – collezione dei solidi geometrici – metro quadrato e metro cubo (costruiti nella grandezza naturale dal maestro) – biblioteca scolastica (circa 200 volumi) – cassette dei primi soccorsi d’urgenza – grammofono (L.1200) e dischi – pianoforte – macchina cinmatografica (L. 4500)
– scale in legno massiccio per accedere al teatrino con relativo palcoscenico dovuti pure a lui – Aula tutta imbiancata – banchi verniciati a smalto. E tutto questo, nuovo, scelto, ammirevole, per la spesa complessiva di L. 10.000 circa. Accanto a questo ben di Dio, la roba provveduta dal Municipio: banchi, cattedra, lavagna, armadio, vetri, ecc. La scolaresca diede il suo contributo alla Croce Rossa e ad altre Opere nazionali e patriottiche: debito di guerra, colonie marine, ecc. Il cinema funziona regolarmente ogni domenica per tutte le scuole. Gli alunni vi hanno libero ingresso pagando la quota annua di L. 1.50 a testa. Il pubblico vi è ammesso pagando volta per volta qualche lira o meno, secondo i casi. Il buon maestro aziona lui la macchina; e durante la proiezione va spiegando quanto agli spettatori può giovare ad una completa intellezione educativa. Egli ha scoperto che sono un ottimo esercizio di lettura simultanea e interessante le leggende interpolate nelle varie proiezioni, sulle quali leggende l’attenzione dei piccoli s’affissa prontamente per comprendere tutto lo sviluppo della scena. Alcune volte il cinema funziona gratuitamente per il pubblico, cioè si stende la tela sul Corso principale del paese, e Pasquariello dall’alto di un balcone frontestante lavora alla macchina. Chi potrà credere quanta fosse la mia gioia allorché per queste constatazioni imparai anche io qualcosa? La quarta, l’anno scorso, contava 34 maschi e 22 femmine; la 5° e 6° di quest’anno 1925-26 contano 68 alunni tra maschi e femmine. Questi numeri provano l’efficacia della scuola che vada bene, anche in piccoli nuclei di popolazione, come Roccasecca, centro con meno di 2000 abitanti. E provano un’altra cosa: il pubblico il pregiudizio del sesso o non l’ha o l’ha soltanto per gl’insegnanti indegni. Pasquariello, in ogni modo, il pregiudizio l’ha vinto: alla scuola di questo giovine accorsero tanto le ragazze quanto i ragazzi. Suo merito, dunque!
E condirò degli effetti educativi delle rappresentazioni (poche ma buone) date agli alunni nel teatrino, e quale interesse ed emulazione si sveglino tra loro! A questo modo Pasquariello diviene qualcosa di meglio del maestro-sacerdote che appare: egli è il buon sacerdote di civiltà nel modo più compiuto e desiderabile. Non è più la concezione comune della scuola, è la più alta concezione di essa, che sembra un sogno svanito e si fa realtà viva e persistente! Per opera di questo giovine la scuola s’inalvea nella vita correggendosi e correggendola, mentre la vita stessa penetra nella scuola ammirandola e sostenendola. E’ una duplice somma di attività che si uniscono per un bene comune. Oh, l’alta significazione del fascio littorio! Tutti i dottori che, rimanendo chiusi nella loro cabina d’acciaio, hanno discusso (o chiacchierato?) a lungo sulle relazioni tra scuola e famiglia, non avrebbero saputo mai concepire, né saprebbero ammirarla nel fatto, l’opera attiva e varia di questo mio giovine fratello. Egli si è formato anche la sua biblioteca accanto a quella degli alunni, e la arricchisce continuamente di nuovi libri di attualità, che studia e assimila, discorrendone poi con chi gli capita, e che s’interessi di cultura e di scuola. Ed il più ricco corredo culturale mentre sempre più a profitto dell’insegnamento, attuando mezzi ed espedienti nuovi, scoperti da lui o da altri. E discute spesso di cultura, di metodo, di programmi con quell’altra sua valorosa collega: Antonietta Ricci. Ecco qualche cosa al riguardo. Egli, per far sperimentare che la superficie di una sfera è quattro volte l’area del circolo massimo della sfera stessa, divide questa in due parti eguali e ne prende con un foglio il circolo massimo, poi ritaglia questo foglio in tanti settori piccolissimi e li incolla sulla superficie curva di un quarto della superficie sferica divisa in quattro fusi eguali.
Risulta così che la superficie del circolo massimo copre interamente quella curva del quarto della superficie sferica e tutta questa perciò è quattro volte l’area del circolo massimo. Io imparai da lui questo esperimento e ne insegnai un altro al mio amico. Partendo dal centro del cerchio massimo dopo averci conficcato un chiodetto, vi si adagi una cordicella ben liscia: girandola sempre a spirale su quel piano, fino a che lo copre tutto. Si prendano poi quattro cordicelle eguali alla predetta e si avvolgano al modo di trottola sopra la superficie della sfera. Risulterà che la coprono tutta esattamente. Vorrà dire che questa superficie è quattro volte quella del circolo massimo della sfera. Pasquariello, per inculcare la regola della ricerca del volume della sfera, prende un’arancia niente o poco schiacciata ai suoi punti opposti e la divide con un coltello ben tagliente in numerose piramidi, di cui ha già insegnato a cercare il volume; e per insegnare a trovare il volume della piramide e del cono, altri esperimenti. Forma col cartone una piramide o un cono e insieme un prisma o un cilindro, ognuno di questi con base e altezza rispettivamente eguali a uno degli altri solidi. Riempiendo di sabbia il cilindro o il prisma, la stessa quantità di sabbia riempie tre volte la piramide o il cono.. Donde la regola: il volume del cono equivale al terzo del volume di un cilindro con la stessa base e la stessa altezza; il volume della piramide è il terzo di quello di un prisma con la stessa base e la stessa altezza. Per l’intellizione delle voci: ho, hai, ha, hanno ed è, usa questo espediente: fa sperimentare le rispettive voci con tutta la frase in cui son contenute, all’imperfetto dell’indicativo, e se questa ha senso trasportata al presente, la parola richiede la H, se voce di avere o l’ACCENTO se voce di essere; se poi la frase all’imperfetto non ha senso, quelle voci non sono verbi e non richiedono l’H o l’ACCENTO.
Prendiamo un esempio: i ragazzi si trovano a scrivere “oggi o domani a me e a te” . Egli prova che non può trasportare all’imperfetto queste due frasi perché non avrebbero senso. Infatti “oggi avevo domani avevo me e avevo te” non significano nulla, non sono quindi voci verbali, e si scrivono così come sono. Così di “io e Luigi” non si può formare “io ero Luigi”. La grammatica egli l’insegna sempre praticamente, derivandola dall’uso del dialetto e applicandola a vari esercizi scritti e orali di composizione. Agli alunni non crea fastidi eccessivi nella composizione. IN primo tempo, per ottenere una certa spontaneità ed attenuare le difficoltà, li fa esprimere in dialetto; poi li fa tradurre questo in lingua italiana, precisandone di volta in volta la differenza. I ragazzi allora intendono e ricordano meglio. La geografia e la storia formano per lui negli esercizi un gruppo unico appoggiato all’uso della carta geografica ed ai quadri storici. Ora io comprendo che questi espedienti sono di tanti maestri; ma sono appunto degli espedienti escogitati che caratterizzano il buon maestro; e di espedienti Pasquariello è ricco. E poi la scuola è anche abbellita per ingentilire il cuore: otto vasi di piante varie l’adornano e intanto servono per opportune composizioni e per dimostrare praticamente le leggi dell’eliotropismo e del geotropismo, cioè la tendenza delle piante ad orientarsi verso la luce e ad allungarsi nella direzione dell’asse terrestre. Ond’è che i ragazzi vanno volentieri a scuola e non commettono assenze o atti di indisciplinatezza. Sono anzi affezionatissimi alla loro scuola ed al maestro, il quale, una volta che fu costretto a letto perché ammalato, si vide circondato dalle loro cure amorose. Tutti si recavano quotidianamente e in gruppi a fargli visita, e quelli più lontani gli scrissero e gli fecero scrivere anche da alunni di altre scuole, come ho constatato io stesso.
Trascrivo questa lettera di un’alunna di terza classe:
Roccasecca, 25 marzo 1926 Egregio Sig. maestro, L’altro giorno noi sapemmo dalla nostra buona maestra che voi stavate assai malato. Noi abbimo stati tutti dispiaciuti, in classe abbiamo pregato il Sacro Cuore di Gesù che ti faccia guarire subito. Stamattina abbiamo saputo che stavate meglio e tutti contenti abbiamo ringraziato il Cuore di Gesù e speriamo che domenica venite a dire la S. Messa nella nostra chiesiola. Ossequi dalla bambina Lucci Antonietta
La Chiesa di Roccasecca Scalo in una rara foto prima della ricostruzione (archivio F. Nardi Communications)
Ma ora vengono a taglio alcune considerazioni. La scuola, quanto ad arredamento ed a materiale, deve darsi al maestro completa? Se ammettiamo questo, come vorrebbe F.S. De Dominicis, non vogliamo la scuola né il buon maestro, vogliamo far causa comune coi maestri cattivi, che cercano pretesti continui per far poco e male. Sempre ad ogni scuola mancherà qualche cosa. Anche quando tutto le si è apprestato in un dato momento, un’ora, un giorno dopo qualcosa le manca, e allora punto e a capo. Dovremmo, dunque, creare un ente ad hoc, con tutti i suoi bravi artefici, pronti, solleciti per apprestare ora questo, ora quello ad ogni scuola.
Anzi (poiché l’appetito vien mangiando) dietro la porta di ogni scuola dovremmo tenere un agente pronto a ricevere gli ordini dell’insegnante e a trasmetterli con apposito filo telefonico allo stabilimento. Ironia della scuola? Scuola del regno di Marte? Scuola sì, che l’Italia non darà mai, e nessuno potrà mai dare. E poi, quale ente dovrebbe dar tutto questo? Lo Stato? la Regione? il Comune? Voler dar tutto al maestro, equivarrebbe davvero a voler tutto da lui. Né l’una né l’altra cosa sarebbero possibili, nemmeno se tutti i maestri fossero come Pasquariello. Se al caro giovine non si fosse consegnata quella spelonca (che è pure qualche cosa), forse tutte le sue ulteriori iniziative sarebbero cadute, forse egli sarebbe capitato in altro paese, dove certamente avrebbe fatto molto, ma non tutto quanto abbiamo innanzi esposto. Il maestro ormai deve intenderlo e gli enti pubblici anche. A lui devolsi dare le cose più importanti, costose e permanenti: locali, suppellettili. Il resto può, in tutto o in parte, provvederselo lui coi propri mezzi e con quelli degli scolari, tanto più se si conviene che nelle pubbliche scuole, quotidianamente tormentate da pubbliche sottoscrizioni, una sola dovrebbe rimanervi: quella degli insegnanti, delle famiglie e degli alunni, intesa a provvedere quanto occorre alla scuola. Tornando al nostro amico, ecco qui trascritto un recentissimo verbale redatto e fornitomi da un tecnico (il cav. Gaetano Pellegrino R. Direttore Didattico di Roccasecca) che conosce e stima quell’educatore da molti anni: “Nella scuola si respira un’aria di modernità che conforta ed esalta lo spirito. Aula spaziosa, pulita ed in piena efficienza; essa è lo specchio della vera scuola modello. Suppellettili in ottime condizioni. Materiale didattico al completo sotto ogni riguardo.
Nulla manca che abbia attinenza con lo svolgimento dei vigenti programmi, sia nei rapporti istruttivi che educativi. Una ricca biblioteca scolastica, formata di scelti volumi, disposti armonicamente per materia, e conservati in apposito scaffale a vetri, concorre in ogni caso non solamente a fornire buone letture alla scolaresca, ma anche ad illustrare il quotidiano insegnamento. In altro apposito scaffale sono disposte due belle cassette di medicinali per il pronto soccorso. Né a ciò si è soffermata la diligente operosità dell’egregio maestro. Oltre ad un grammofono con scelti dischi ed un pianoforte, a soddisfare il suo amore alla scuola, egli, sobbarcandosi a non lievi personali sacrifizi economici, preparò in altra lunga ed ampia sala quanto si rendeva indispensabile per le proiezioni cinematografiche. Messosi quindi in relazione con una casa di Roma acquistò una splendida macchina, la quale già funziona ottimamente da parecchio tempo con speciali e scelti films, che vengono noleggiati dall’Istituto Proiezioni luminose di cultura. Lo spettacolo è illustrato sempre dalla viva voce dell’insegnante. E’ encomiabile poi il fatto che le sedute cinematografiche non sono solamente tenute a beneficio dei suoi alunni, ma anche, per turno ed in giorni determinati, a beneficio delle scuole delle frazioni e di quelle rurali del Comune. Con tale speciale interessamento, non disgiunto Da una soda coltura didattico-pedagogica, il maestro assolve lodevolmente la nobile missione che s’è imposta. Entrando in iscuola trovo il maestro che intrattiene i suoi alunni sul raid Roma-Polo Nord, compiuto felicemente da un nostro glorioso italiano. Lo invito a non interrompere l’interessante lezione. Egli riprende il suo dire, e con una parola piana facile, suadente, confortata da espedienti escogitati in diversi anni di insegnamento e dal materiale didattico, di cui, come ho detto, largamente dispone la sua scuola, dà ragione all’attenta scolaresca del viaggio intrapreso dall’ardito navigatore aereo Colonnello Nobile, con dirigibile da lui ideato e costruito; sulle difficoltà atmosferiche incontrate lungo il percorso; su la grande soddisfazione di aver finalmente assolto il non facile compito di scoprire una terra fino ad oggi sconosciuta e di piantare sul Polo il glorioso vessillo della Patria. Ardita ed audace impresa invano tentata da secoli da valorosi esploratori, di cui parecchi lasciarono la vita su quelle vaste plaghe di ghiaccio. Conclude il suo dire inneggiando al genio italico, che aggiunge oggi, a quelle di Colombo e di Marco Polo, un’altra gemma fulgidissima per la gloria della Patria nostra. La bella ed interessante lezione, ascoltata con religioso interesse da tutta la scolaresca è coronata con un triplice evviva all’Italia, al Ree ed al glorioso Colonnello Nobile. Dopo ciò non mi rimane che tributare al maestro un sincero voto di plauso, e di attribuire all medesimo, per il valore del servizio che presta nel pubblico insegnamento, al qualifica di “Valente” con 10 punti su 10. Roccasecca, 20 maggio 1926
Il colonnello Nobile ed il dirigibile
Si osserverà che in questo profilo qualcosa è ripetuta: non potevo mutilare il mio pensiero nello scrivere come mi dettava dentro, né potevo mutilare un documento del mio amico Pellegrini. Tanto meglio, ho detto: vuol dire che le cose son pronte a parlare a chiunque voglia andar lì e intenderle. Oh, perché non ci va o non vi manda uno studioso anche il Ministero della Pubblica Istruzione? Perché pagare il Pasquariello come la peggiore delle traditrici del regno, che hanno perduto financo l’uso del leggere e dello scrivere per conto proprio, oltre che di far scuola e, per dirne una, compilano (ma che dico compilare!!) registri ed atti d’ufficio con un mozzicone di matita, e a volte non si può redigere nella loro scuola un verbale di visita perché sul tavolino, sui banchi, alla maestra ed agli alunni tutto manca per scrivere? Ricordi amico Buompensieri? A Pasquariello, un augurio un po’ inatteso: resti sempre maestro! In una quarantina d’anni di lavoro educherà, oltre a popolazioni adulte, due o tremila figliuoli. Qual lavoro migliore di questo per redimere l’umanità? Vi sono carriere (carriere morali) nel mondo che non si fanno in un medesimo ufficio dai venti anni ai sessanta, e allora si avanza in grandezza morale e spirituale, che è la vera grandezza. Cosa farebbe lui quando fosse alle prese con le emarginate e con i cattivi maestri e i sopracciò? Se dicesse “io ho fatto così” (riferendosi apertamente all’opera sua di maestro) sarebbe giudicato pazzo. Un Pasquariello maestro può formarne tanti negli alunni e nei colleghi; un Pasquariello direttore, non formerà nei propri dipendenti neppure un’ombra di se stesso. L’esempio pei cattivi maestri e con lo stato giuridico attuale viene dall’alto e neppure da lato. Per adesso Pasquariello ha perso il posto da direttore, perché ammalato quando fu chiamato alla prova scritta. “Tanto meglio!” diss’io allorché lo seppi. E procurai di dissuaderlo a farne altri. Quando, disobbedendo al suo fratello maggiore, sarà direttore, sarà (oh, io lo so bene questo!) un pianto per i suoi alunni, e poi, un tormento nostalgico per tutta la vita. O amico, Dio ti salvi dal divenire soprastante scolastico! Domanda al nostro caro Pio Tanzilli quante delizie ha provato lui anche prima di cominciare, e come un becero, che ancora non lo conosceva, l’accolse con corrispondenze tra insolenti e insinuanti sui quotidiani.
A cura di Orazio Manente
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