Letti e commentati per voi
Nello scorso mese di giugno 206 sono stati dati alle stampe, in perfetta sincronia, due libri a firma di due grandi amici de “L’Eco di Roccasecca”: Orazio Manente e Mario Izzi. Ne stendiamo una breve recensione nella certezza di stimolare interesse nei nostri lettori.
Il libro di Orazio è intitolato “Armonia tra narrativa e pittura in Franco Tangari”, dedicato alla vita ed alle opere di quest’ultimo, nativo di Terlizzi (Puglia) e residente in Montefiascone. Il libro è ornato di tante immagini di “tele in penna e china” e “di olio su tela” che rendono piacevole e non monotono il testo stesso. Il titolo è stato scelto dall’autore per significare l’inusuale incontro con un artista “che si sia dedicato alle arti figurative e alla narrativa, romantica e storica”. I primi capitoli descrivono la vita del Tangari ed i suoi primi approcci con il mondo dell’Arte, ivi compresi i primi successi e le delusioni; quindi la scelta di un lavoro impiegatizio (Segretario comunale) che lascia comunque spazio e tempo alle sue inclinazioni artistiche. La pittura di Franco – secondo Orazio – può essere associata alla tendenza romantica (l’arte del XIX secolo) quando esplose la cultura del sentimento, quando dal sublime si passa al pittoresco.
Quando cioè, dapprima al colore si cura maggiormente il disegno. Molti i disegni in bianco e nero (penna e china, matita, carboncino) che prevalentemente riproducono numerosi scorci della cupola della Chiesa di S. Margherita e le vedute prospettiche della Basilica di S. Flaviano, i due monumenti più famosi di Montefiascone. Nelle pitture ad olio le tematiche ricorrenti sono l’uomo e l’ambiente: scenari di spiagge e fanciulle al sole, numerosissimi ritratti di amici e parenti. Gli acquerelli sono resi con colori luminosi che mostrano un clima emozionale e romantico. Alla pittura ed alla scultura (in cemento bianco ed in gesso) il Tangari affianca un altro grande amore artistico: la narrativa. Egli è autore, oltre che di innumerevoli articoli apparsi su giornali e riviste nazionali, di ben cinque romanzi. INVIDIOSA (1960), ovvero le aspirazioni, le attese, le delusioni, la ricerca di una sistemazione e dell’amore da parte di una ragazza non bella ma intelligente tra gli anni 30 e 50. IL GIOVANE SOLISTA (1968), le piccole e grandi vicende di un gruppo di ragazzi “pendolari” i quali nel treno vengono a contatto con realtà e prendono coscienza di se stessi. GIULIA (1994), uno studio psicologico portato a termine dcon scrupolosa e singolare bravura, pregio che distingue lo scrittore. La protagonista è donna gradevole, intelligente, viva, palpitante, estrosa nella sua ambizione e nella sua sensibilità. IL MILLENARIO II (2000), dove un fantasioso personaggio, chiamato Sig. Millenario II, risponde alle domande sull’ultimo millennio tracciando i profili dei personaggi più importanti che lo hanno caratterizzato, da San Francesco a San Tommaso, da Dante a Leonardo, da Ariosto a Manzoni, etc. . L’intreccio di domande e risposte riescono a soddisfare anche il lettore più attento e curioso. I CAPRICCI DI CUPIDO (2002) “un inno all’amore o agli amori della prima gioventù, quasi a dir dei latini: omnia vincit amor: l’amore vince ogni ostacolo; et nos cedamus amori: e noi soccombiamo al nobile sentimento”. Il libro di Orazio si pone dunque non solo come una descrizione lineare ed efficace dell’opera di Tangari, ma anche come un vero e proprio “invito” alla lettura che, siamo certi, in molti vorranno raccogliere.
Il libro di Mario Izzi mi è giunto dopo l’estate, accompagnato da una simpatica lettera nella quale l’autore ammette di aver indugiato nell’invio, pensando che l’argomento potesse essere non adatto all’Eco ed ai suoi lettori. Fortunatamente Mario si è ricordato di avermi promesso una copia del libro, per cui, dal momento che si considera ancora un “vir bonus”, ha messo in atto il motto latino “promissio boni viri est obligatio” e lo ha spedito. Debbo ammettere che “Perché comunista – generazione delusa?” mi ha leggermente spiazzato. Immaginavo di leggere una sorta di racconto autobiografico, visto dall’ottica della “scelta di campo”, sul tipo di altri libri di ricordi, sia pure differenti, pubblicati dal medesimo autore. E invece più andavo avanti nella lettura, più mi accorgevo di trovarmi di fronte ad una mirabile sintesi di oltre 60 anni di vita politica d’Italia, puntellata da continue citazioni, sia politiche che letterarie. Ecco dunque Popper, LeFevre, Dahrendorf, Braudel, Blaumarchais, Voltaire, Croce, Vico, Hobbes, Salvemini e Montanelli , ma anche Socrate, Platone, Tucidide, Foscolo, Calvino, Vittorini, Calamandrei, Don Milani, Checov, Pasternak e Solgenitzcin. E questi sono solo i nomi che riesco a citare a memoria, ma chissà quanti altri ne dimentico in questo momento! Insomma, mi pareva di essere tornato ai giorni dell’Università, gli studi in Scienze Politiche, la preparazione ad esami come “Storia delle Dottrine Politiche” o “Sociologia Politica”. “Perché comunista” indaga sui motivi di quella scelta, nel primo dopoguerra da parte del “giovane” Izzi. Per dirlo con le sue stesse parole “la scelta comunista intervenne in chi scrive dopo la sconfitta elettorale del fronte popolare dell’aprile del 1948, in un momento cioè in cui si indebolivano le prospettive della sinistra e si tendeva a ripristinare situazioni nella sostanza simili a quelle che avevano determinato la sconfitta morale e materiale del Paese”. Il timore dell’oblìo, questa l’idea che prevalse, che i conti col passato fossero fatti con eccessiva rapidità, dimenticando presto colpe e responsabilità. Lo stesso Einstein ebbe a dire, dopo Hiroshima e Nagasaki “con la bomba s’è conquistata la vittoria, non la pace”. L’aggiunta al titolo “Generazione delusa?” consente soprattutto “di giustificare il punto di domanda apposto al sottotitolo del libro, dappoiché il dubbio sulla delusione si è ascritto alle opere degli uomini – più esattamente, di ‘certi’ uomini – piuttosto che alle idee che essi dicevano di professare. L’analisi dei partiti del dopoguerra è impietosa; Izzi non fa sconti. La Dc ed il malgoverno, la sudditanza agli USA, le stragi senza colpevole, il malcostume dei governi insieme ai partiti “laici” minori ed al PSI, l’influenza del Vaticano, la “nuova destra”, nessuno passa indenne dalla penna di Mario, lucido ma severo. Ne ha anche per i sovietici, soprattutto per come avevano nascosto realtà che cominciarono a venir fuori con scrittori come Pasternak (“Il dottor Divago”, Nobel per la Letteratura 1958) e Solgenitzcin (“Arcipelago gulag” negli anni ’70) e ancor di più dopo la caduta del muro di Berlino. Mario Izzi ha dato alle stampe uno scritto “colto”, completo pur nel ristretto ambito di 150 pagine, da cui scaturiscono, tra le righe, ricordi, idee ed emozioni personali che sicuramente il tempo non ha scalfito. E spesso torna la parola a molti tanto cara, l’UTOPIA: “l’homo homini frater” potrà costituire l’avvio a soluzione del secolare, millenario problema dei rapporti civili tra gli uomini, quali che siano le diversità tra loro di razze, lingue, etnìe, religioni, sostituendosi al selvaggio principio dell’ “homo homini lupus”? Non so se ero il destinatario giusto per parlare di un periodo e di una generazione, che non è la mia, ma ho cercato di trasmettere ciò che questa lettura mi ha offerto, nella speranza di suscitare, così come per il libro di O. Manente, qualcosa di più di una semplice curiosità. Buona lettura!
Riccardo Milan
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