Lo stemma della città di Gualtieri In Ottobre siamo stati a Parma, ospiti di Roberto (l’esperto dei Jethro Tull), il quale ci ha fatto da guida in un giro nei paesi della "bassa". Un reportage completo in merito sarà sicuramente pubblicato sul prossimo Eco, per ora ci limitiamo a raccontarvi un incontro particolare avvenuto nella cittadina di Gualtieri. Avevo insistito per visitare Gualtieri per due buone ragioni: fotografare la stazione ferroviaria, famosa per alcune scene "storiche" girate nella serie di film di "Peppone e Don Camillo"; visitare il museo del pittore Ligabue, su suggerimento di Ferdi. Dopo aver svolto la prima missione, sotto una pioggerellina insistente che aveva smentito clamorosamente le previsioni di "sole in Val Padana", abbiamo chiesto indicazioni per il museo. Una gentile signora ci ha indirizzato su una strada alla fine della quale avremmo incontrato la piazza con il museo. E che piazza!
Piazza Bentivoglio Sembra di essere in una città ben più grande che in una cittadina di 6229 abitanti! Ma rimandiamo al reportage del prossimo numero la storia di questa stupenda piazza, ora ci interessa un personaggio incontrato in uno dei negozi che si trovano sotto i portici, un rivenditore di scarpe con prezzi invitanti in vetrina. Erano circa le 15:30 ed era ancora chiuso, ma il titolare era ben visibile all’interno; gentilmente ci ha aperto e, dopo le prove e gli acquisti di rito, ci siamo intrattenuti per una mezz’ora di piacevolissima chiacchierata. La pioggerella ci porta a parlare della difficile situazione in cui vivono tutti i paesi della "bassa", posizionati al di sotto della Via Emilia, e, soprattutto, al di sotto del livello del Po. Il nostro interlocutore, con naturalezza, ma anche con una certa flemma, ci racconta che con il problema delle possibili "piene" del Po loro sono abituati a convivere. Certo, se la piena provoca la rottura degli argini le case, ai piani più bassi, vengono allagate, e così i campi e i giardini. I negozi debbono velocemente mettere in salvo la merce, ma in fondo, aggiunge, "dal momento dell’avviso della rottura dell’argine all’allagamento passano almeno 3 o 4 ore". Gli argini sono costantemente controllati, sia dalla Protezione Civile, particolarmente efficiente da queste parti, che dai privati cittadini, i quali addirittura organizzano vigilanza "armata" in caso di pericolo di "rotture degli argini provocate volutamente da personaggi senza scrupoli". Eppure, dice, lui (come molti altri compaesani) ama quella terra e non se ne andrebbe mai, nonostante i rischi che si corrono. Ma non ci troviamo di fronte ad una enfatizzazione dell’attaccamento alla propria terra fine a se stesso; l’impagabile personaggio infatti narra dei suoi costanti viaggi per la penisola italica ed apprezza moltissimo ciò che altre terre diverse dalla sua possono offrire. In Toscana va a fare i bagni, in Ciociaria, dove vive un fratello (ad Alatri) è di casa (e qui si conferma un personaggio da Eco a tutti gli effetti!) e ci racconta degli scambi culinari che fanno in occasione dei loro incontri: olio e pane ciociara in cambio di prosciutto e parmigiano. Grande appassionato di arte, è fiero delle gite nelle grandi città piene di tesori artistici, come Roma, Firenze, Venezia e tante altre. Insomma, ama la sua terra ma apprezza tutta l’Italia. Della sua città adora la tranquillità, raggiungendo quasi il paradosso – per un negoziante – quando dice "Qui c’è silenzio anche la sera, non c’è tanto movimento, passa poca gente, non c’è gentaglia come a Reggio, qui è sempre tutto calmo, anche se la piazza è grande ed accogliente".
Ci chiediamo come questa eccessiva calma possa conciliarsi con i suoi affari ma preferiamo tacere. Racconta che va spesso sul fiume con un grande barcone, a pesca di cefali e avannotti, ma il volto gli si oscura quando dice che spesso nella rete finiscono i pesci siluro, che lui odia. Sì, non li sopporta, perché sono dei pesci che mangiano di tutto, avanzano, con la bocca senza denti aperta a dismisura, ed inghiottono tutto, dagli altri pesci (di cui fanno strage) alla fanghiglia. Pare abbiano un sapore orribile, ma sono ricercati dai tedeschi e dagli europei dei paesi dell’est. Anzi, sembra che siano stati proprio i tedeschi e gli ungheresi a popolare il Po con questi pesci, per farne poi grandi mangiate. Lui no, lui li detesta perché li considera distruttori dell’equilibrio ambientale e quando li pesca, se sono di piccolo o medio peso, li fotografa e poi li seppellisce; se qualche volta ne pesca di enormi allora si concede uno "strappo" e li regala ad una famiglia di indiani che li seziona in filetti da conservare per mesi, risolvendo il problema del pasto quotidiano. La passione per il fiume fa sì che, oltre alla sua casa in città, possieda una casetta sul Po, dove passa le ore più belle della sua giornata. Al mattino presto ci va a "sentire" il silenzio della natura, immersa nella nebbia, quel leggero brusio proveniente dallo sciabordio dell’acqua, il vento tra le foglie, i movimenti di fugaci animali. Poi ci torna dopo pranzo, seduto a leggere un buon libro, sempre in compagnia dei rumori del luogo, ed infine, talvolta, anche a mezzanotte, soprattutto per controllare che non si avvicinino dei malintenzionati. Gli chiediamo se ha paura dei ladri e cosa mai potrebbero rubare. Ci spiega: "Rubare? Nulla, non c’è nulla da rubare, è una casupola di legno. Il problema è la nutria. Sapete, le nutrie sono considerate dei grossi topi, non piacciono molto e i cacciatori spesso le fanno fuori. Ma io sono riuscito, con un paziente lavoro cominciato due anni fa, a renderne quasi domestica una! Quando la vidi dentro una tana costruita vicino la mia casupola, cominciai a lasciarle una mela. Visto che la gradiva, continui a portargliene altre, e dopo un po’ veniva a prenderla dalle mie mani. Quando mia moglie viene ed appoggiava la bicicletta alla casa, la nutria si avvicina ad odorare la bici e capisce che non è la mia.
Ora le lascio anche degli spiedini di barbabietole di cui è molto ghiotta. Dopo tanto lavoro non posso permettere che le sparino di notte e la levino di mezzo brutalmente, ormai è di casa!" Preso dai racconti, ci porta appena fuori dal negozio e ci fa osservare le targhe, poste sui muri, che indicano il livello raggiunto dalle piene più grosse: veramente impressionante, una persona molto alta, in piedi, risulterebbe interamente ricoperta dall’acqua!
Le targhe indicanti il livello delle piene del Po sul muro dei portici di Gualtieri Quando ci salutiamo abbiamo l’impressione, immediatamente, di aver fatto un incontro speciale, di aver ascoltato un personaggio di quelli che necessariamente devono essere conosciuti dai lettori dell’Eco di Roccasecca. Impagabile, l’amico di Gualtieri (di cui, per rispetto della privacy omettiamo il nome, ma se andate in Piazza Bentivoglio, lo trovate facilmente, ed ha pure prezzi ottimi), imperturbabile mentre racconta eventi che a noi miseri cittadini di Roma metterebbero una paura incontenibile, sincero quando alla fine della storia ci saluta con una domanda disarmante: "Ma dove lo trovo un altro posto come questo qua?". Un personaggio che merita un posto d’onore nella galleria di "varia e profonda umanità" che spesso abbiamo proposto su queste pagine. Lunga vita e gloria imperitura a queste persone popolari che ci regalano quasi senza accorgersene, momenti di grande saggezza ed umanità, ormai così difficili da trovare. A cura di Riccardo, Miria, Roberto e Rita Foto Roberto e Riccardo
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