Dialetto Ciociaro SAGGEZZA POPOLARE
Nello scorso aprile è stato dato alle
stampe un bel testo di Lionello Prignani e Fernando Di
Maggio per l’Artestampa Editore: SAGGEZZA POPOLARE – Una
raccolta di proverbi e Detti della città di Pontecorvo. Chi legge L’Eco di Roccasecca sa che
difficilmente ci facciamo sfuggire testi sull’argomento
"dialetto ciociaro": da Roccasecca a Colfelice, da Arce a
Colle San Magno, molti sono i centri della Ciociaria a cui
sono stati dedicate interessantissime pubblicazioni, di
volta in volta segnalate e recensite su queste pagine. Ora
anche Pontecorvo ha la sua "bibbia" del dialetto. Diciamo subito che il libro si presenta
bene fin dal primo impatto visivo, grazie alla stupenda
copertina dominata da una stampa del 1850 dello svedese Carl
Johan Billmark "Ponte Corvo Etats Romains", sulla quale
spicca l’illustrazione di Roberto Lugli "Il bambino ascolta
i saggi consigli del nonno". La premessa della Dottoressa Floriana
Ciccodicola è una breve ed illuminante cavalcata sul
"Proverbio" lungo i vari secoli. Il Proverbio "racchiude in
una massima la saggezza popolare, è espresso in poesia, è
elaborato in rima, proprio, per aiuto alla memoria". Nella introduzione a cura dei due autori
si spiega come questa raccolta di proverbi nasca
dall’ascolto dei nonni che sovente arricchivano i loro
discorsi con ricorrenti detti e proverbi (da qui
l’illustrazione dedicata al "nonno"). Dalla trascrizione di questi modi di dire
su foglietti sparsi alla puntuale e metodica catalogazione
degli stessi sul computer sono passati anni in cui la
dedizione all’argomento non è mai venuta meno, fino alla
stesura finale del corposo testo. Ai ricordi familiari, ovviamente, hanno
fatto seguito ulteriori testimonianze, raccolte soprattutto
con gli anziani, in tutto il circondario di Pontecorvo,
giungendo a collezionare circa settecento proverbi popolari.
Il criterio adottato nella pubblicazione
dei proverbi, suddivisi per argomenti (come fece l’amico
Mario Izzi per i suoi "Proverbi roccaseccani", n.d.r.) , è
stato il seguente: trascrizione in dialetto, traduzione
italiana a fianco, interpretazione. Sull’eventuale
"soggettività" dell’interpretazione, gli autori ammettono la
possibilità di una valutazione personale, ma, d’altra parte,
spiegano che "il senso educativo e moralizzatore spesso è
completamente scollegato con il senso delle parole, che
vengono enunciate, pertanto, in maniera metaforica. Ad
esempio: "Gl’asegne kade pure a gliu piàgne" Ovvero: "L’asino cade anche in pianura" Si riferisce non certo all’animale bensì
all’uomo poco intelligente. Anche ai ricordi fotografici è stato dato
ampio spazio, e questa è la vera novità del libro, rispetto
ad altre pubblicazioni similari, prive quasi totalmente di
immagini fotografiche. Grazie all’aiuto di qualche amico
appassionato e disponibile, molte foto d’epoca sono andate
ad impreziosire il testo. Non mancano raffronti con detti
simili di paesi diversi, limitrofi o più lontani.
Vecchia cartolina – Piazza mercato a
Pontecorvo Il concetto basilare del "proverbio" e
del "detto popolare" è resa perfettamente: " "C’erano una
volta i Re, i nobili, i possidenti e pochi altri che avevano
a disposizione, oltre a terre e denaro, anche librerie e
insegnanti personali che davano loro strumenti per leggere e
scrivere, per studiare gli astri con il telescopio e la
natura con il microscopio, per scrivere trattati di
filosofia o fare leggi che stabilivano ciò che, per loro,
era giusto o ingiusto. Poi vi erano tanti altri, contadini,
operai, artigiani, donne e uomini del popolo, che non
possedevano nulla, in termini materiali, ma avevano come
grande ricchezza il contatto con la vita reale, dura e
spietata, che dava loro sentimenti semplici ed una saggezza
interiore che si esternava nel solo modo che gli era
possibile ovvero con poche parole, semplici e comprensibili,
che venivano tramandate oralmente da altre persone come
loro: erano i proverbi popolari". La tradizione orale, dunque, quella che
ben conosciamo fin dai tempi di Omero. Prima di "scatenare" le quasi trecento
pagine di proverbi illustrati, gli autori dedicano due
capitoli ad importanti argomenti: il primo fornisce "cenni
storico-sociali sulla città di Pontecorvo", nata nell’862
per iniziativa di Rodoaldo d’Aquino, gastaldo di origine
longobarda. Il secondo, molto interessante, illustra
"influssi esterni e caratteristiche del dialetto
pontecorvese" con particolari riferimenti alle lingue che lo
hanno influenzato. Si citano parole derivanti dal greco (Ceràsa
– ciliegia, da Kérasos), dal latino (Ràsse –
grasso, da Crassus), dall’arabo (Gérbia –
grossa vasca, da Dijeb), dal longobardo, di cui
spesso viene utilizzata la tedesca "K" nella trascrizione
delle parole (Sparagnnà – risparmiare, da Sparen),
dal francese (Buàtta – barattolo, da Boite) ,
dallo spagnolo (Skuppètta – fucile, da Escopeta),
e non mancano riferimenti all’influsso meridionale, in
particolare il napoletano, dal momento che la bassa
Ciociaria appartenne per anni al Regno di Napoli. A questo proposito viene presentato un
simpatico trittico di pronomi possessivi nella accezione
dialettale locale, napoletana e romanesca. Nel dialetto
locale e in quello napoletano il pronome possessivo me
sta per mio mentre ma sta per mia e
vengono posti dopo il nome; invece nel dialetto romanesco il
mi è usato sia per il maschile che per il femminile
ed è posto prima del nome: Patreme > Pateme > Mi
padre Tra le "caratteristiche" del dialetto di
Pontecorvo, particolarmente interessante è l’uso degli
ausiliari. Il verbo avere è sempre sostituito
dal verbo "tenere" (I tènghe, isse tè, vue tenète …)
mentre il verbo essere è costantemente utilizzato come
ausiliare anche quando dovrebbe essere preferito il verbo
avere( Sème posta la ‘nzalata = abbiamo
piantato l’insalata). Naturalmente, come ogni lingua che si
rispetti, non mancano le eccezioni (A ‘Ndunètta se gl’ave
‘nceskate le dèta = ad Antonietta si sono sporcate le
dita). I capitoli dedicati ai Proverbi sono
undici, così suddivisi: Consigli di vita. La famiglia, gli
anziani. Vizi e virtù, Le stagioni, la meteorologia. La vita
contadina. Il lavoro, il commercio. La donna, l’uomo. La
religione, le ingiustizie sociali, la politica e il potere. L’amicizia, l’amore. La fortuna, la
salute, la morte. Paesi e contrade. In fondo, una trentina di pagine
contengono un "dizionarietto" del dialetto pontecorvese,
necessaria conclusione di un’opera veramente lodevole. La Domenica del Corriere del 20 ottobre
1907. Costumi caratteristici: un corteo di tori a Pontecorvo
(all’epoca provincia di Caserta) A questo punto non si può lasciare il
lettore con il solo classico invito a procurarsi il libro
(costo contenuto, 9 euro), ma sembra doveroso riportarne
qualche estratto. Dal capitolo "Paesi e contrade" si
comincia con un detto noto in tutto il mondo: "paése ke vaje, usanza ke tròve" (paese che vai, usanza che trovi) che dovrebbe avere insito un "rispetto" a
priori degli abitanti di altre città, anche se poi le
differenze, intese sovente come rivalità, vengono marcate in
modo pungente e con grande ironia. Sembra di sentire Fulvio Cocuzzo che
descrive gli abitanti della Val Comino in una sua celebre
canzone. Evidentemente il pontecorvese non è
soddisfatto della cucina di Tordoni: "A Turdùgne vaje sacere e revé addiùgne" (A Tordoni vai sazio e torni digiuno) Tordoni, contrada sulla Via Leuciana, è
sempre stata povera d’acqua e quindi con poche risorse
agricole e alimentari. Dei roccaseccani viene apprezzata
l’astuzia: "Gli Rokkasekkàgne frekèregne la karna a
gli singhere" (I Roccaseccani rubarono la carne agli
zingari) Quando tratti con un roccaseccano devi
stare in guardia, è più furbo di uno zingaro. Agli abitanti di Piedimonte si imputa una
certa malvagità: "Si de Pédemònte? 30 agnne!" (Sei di Piedimonte? 30 anni!) Una certa ingenuità viene attribuita agli
stessi concittadini di Pontecorvo: "A Pentecòrve c’à nace Kamèle" (A Pontecorvo è nato Kamèle) Ovvero il pontecorvese dovrebbe essere
più furbo e scaltro. La leggenda narra di tal Giovanni Mele,
detto Kamèle, di Pontecorvo, che fu salvato da San Giovanni
Battista mentre attraversava a nuoto il fiume Liri, attirato
dal Diavolo sull’altra sponda. Ci fermiamo qui, ma solo per motivi di
spazio, tanto interessante e divertente risulta la lettura
di questa raccolta imperdibile non solo per gli appassionati
di dialetto, ma anche per tutti quanti abbiano a cuore
quelle "pillole" di saggezza popolare che molto spesso
rendono meglio di ogni altra considerazione dotta o
filosofica la nostra semplice quotidianità. Non è detto che in qualche prossimo
numero de "L’Eco di Roccasecca" non si pubblichi qualche
altro stralcio del libro. R. Milan
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