Ma dove correvano
Giovannino e Rodolfo?
Un saggio volante sui presunti plagi musicali a cura di Mario e Gianfranco
Una semplice domanda, posta da Gianfranco, musicista e musicofilo, al nostro Direttore via mail in una calda giornata di agosto, ha generato un prezioso saggio sui cosiddetti “plagi” in campo musicale.
Gianfranco prende lo spunto da un sito internet dedicato completamente all’argomento e chiede a Riccardo e a suo fratello (l’esperto musicale con la E maiuscola) un giudizio in merito ad un presunto plagio tra un brano degli americani Roots e l’italiano Zucchero.
Riccardo, che esperto di note non è, cerca di cavarsela parlando di generiche “somiglianze” tra le due canzoni e fa notare, credendo di fare dello spirito, che ambedue i cantanti indossano lo stesso cappello.
Tale risposta non soddisfa Gianfranco che espone alcune convinzioni:
“Mi hai detto molte cose ma non mi hai detto se la canzone è copiata. Cappelli, gesti e riff di chitarra non hanno copyright. Detto così posso sembrare un pò duro, ma non ce l'ho con te bensì con chi la mattina si alza e scopre dei plagi "a naso", senza dimostrazioni scientifiche.
Il cappello poi, che non viene depositato alla Siae, Zucchero lo porta da tanto tempo. Le due melodie non hanno niente ma proprio niente in comune, si sente solo una chitarra che gioca con un accordo di minore con la sua quarta. E quello che conta è la melodia e per la precisione 7 note consecutive uguali. Ma qui non si arriva a trovare neanche una sequenza di tre note uguali. U giro di accordi non è plagio, altrimenti quasi tutte le canzoni anni 60 sarebbero un plagio l’una dell'altra (la gatta, il cielo in una stanza, ti voglio legare a un granello di sabbia, una lacrima sul viso, viva la mamma ecc ecc), inoltre tutti i blues hanno quasi sempre lo stesso giro) ecc ecc . Ho un doppio LP di Memphis Slim che contiene una decina di pezzi boogie al piano. Quasi non sono in grado di distinguere un brano dall'altro e solo ascoltandoli con grande attenzione potrei trovare sottili differenze tra essi, eppure hanno tutti titoli diversi. Oggi il mondo è fatto di bacchettatori che si ammantano di una competenza che non hanno e recano danni impunemente. Ma aspetto il giudizio di tuo fratello”.
Riccardo, capita l’aria “seria” che tirava, provava con scarsi risultati a sdrammatizzare, citando altri casi di similitudini, soprattutto in ambito “blues”:
“Gianfranco, se un giorno ti mettessi realmente a cercare di distinguere le sottili differenze tra le dozzine di boogie di Memphis Slim fammelo sapere, così chiamiamo mio fratello e facciamo lo stesso con un suo vecchio LP di Jimmy Reed dove non solo i brani sembrano tutti uguali, ma spesso curiosamente cominciano “già iniziati” ovvero sfumati in crescendo …. Ci sarebbe da divertirsi!
A proposito di titoli, ricordo una vecchia raccolta di Chuck Berry dove spiccavano canzoni come Johnny B. Goode, Bye Bye Johnny , Go Bobby Soxer e Run Rudolph Run …. Johnny salutava e andava da una parte, Rodolfo correva da un’altra … mi son sempre chiesto: Chissà dove correvano Giovannino e Rodolfo?”
A questo punto, finalmente, giungeva la risposta dell’esperto che era di fatto un vero e proprio saggio da leggere attentamente e conservare.
“Le controversie riguardanti presunti plagi son sempre le più difficili.
Spesso gli stessi esperti sono in difficoltà quando sono chiamati a testimoniare.
Il fatto è che si ha a che fare con una materia basata su sette note e relativi accordi, cioè un materiale molto inferiore alle circa 20000 parole che uno scrittore può combinare in un romanzo. Ma anche in quel caso alla fine le parole descrivono situazioni che non di rado hanno somiglianze per struttura del racconto, trama, personaggi e ambiente.
Tornando alla musica molto dipende anche dal campo scelto, nella musica cosiddetta "colta", soprattutto occidentale, la proprietà di un'idea è codificata a norma di legge, presumendo che una certa sequenza di note ed accordi sia irripetibile. Il fatto è che spesso si parte da un equivoco formalizzato nella "musica classica". Per secoli si è osannata la creatività di autori che hanno caratterizzato intere epoche, ma la realtà è che il più delle volte i motivi e le armonie così genialmente combinati erano presi pari pari dalla tradizione popolare di questo o quel Paese e sicuramente quei motivi e quelle armonie avevano "autori" rimasti sconosciuti.
Se all'epoca di Beethoven fossero esistiti i registratori sarebbero spuntati come funghi eredi di presunti autori di sezioni intere delle sue sinfonie che si sarebbero fatti avanti con frotte di avvocati.
Nella musica popolare la fa da padrona la tradizione, qualcuno conosce un canto, lo esegue come se lo ricorda, quindi aggiungendo parole, modificando un po' la melodia, ma siccome quella versione è la sua se ne sente autore, anche se magari il nome di chi lo ha inventato per primo si è perso.
Spesso si tratta di canti nati in circostanze speciali come una carestia, una guerra o per lenire le fatiche di un lavoro duro, nei quali l''autore iniziale ha il suo momento di gloria fra i compagni o le compagne presenti al momento, poi se l'idea si rivela tale da essere adottata da altri, magari si perde traccia di quella persona ma il canto è noto come un canto delle mondine, dei minatori ecc., tanto non essendo previsto un compenso nessuno si preoccupa di rivendicare alcunché. Con le case discografiche i due mondi, quello popolare e quello commerciale si sono incontrati. Nel campo specifico del blues si ha una sovrapposizione di mentalità rurale e di struttura industriale con inevitabili paradossi. Se Muddy Waters impara un brano di Robert Johnson, magari lo trova adeguato per esprimere una sua situazione, ma nell'eseguirlo lo adatta alla circostanza contingente, aggiungendo qualche frase, cambiando un po' la melodia, magri cambia anche il titolo per fare capire che si riferisce ad una storia personale. Come se uno che vuole esprimere il proprio dolore per la perdita della donna amata, che lo ha appena lasciato, trova perfettamente corrispondenti le emozioni descritte da un tizio in una poesia che questi ha dedicato a Laura, ma siccome il soffrente vuole dedicarla a Ermenegilda, cambia il titolo e qualche frase per renderla più adeguata. Questo fa generalmente il bluesman. Ovviamente poi arriva il discografico, che di solito non capisce niente né di musica e tantomeno di usi e costumi della gente, registra Muddy Waters e gli chiede: chi è l'autore? Muddy, siccome si parla della sua interpretazione, con le modifiche da lui apportate, non trova niente di strano a rispondere che è lui anche se ovviamente il brano è quasi identico a quello di Johnson. D'altra parte Robert Johnson ha ripreso certamente temi popolari noti da prima che si iniziasse a registrare il blues, per cui ha certamente seguito lo stesso procedimento.
Chuck Berry ha seguito lo stesso procedimento, ha inventato storie di teenager, le ha messe in rima, ha inserito queste in giri armonici blues e agganciato il tutto a ritmi ballabili. Riferirsi a giri armonici e ritmi noti, popolari appunto, è molto efficace perché la gente così può reagire istintivamente a ritmi ed armonie note e concentrarsi sulla storia narrata nel testo, spesso divertente e con allusioni erotiche, per cui il successo è assicurato. Berry è geniale proprio perché con pochi elementi ha saputo adattare tecniche tradizionali al mondo commerciale tratteggiando caratteri di teenager o affrontando temi tipici giovanili con sagacia, ironia e un indubbio senso degli affari.
In realtà, a parte le beghe legali, trovo che la musica popolare, di fatto, faccia piazza pulita della pomposa ipocrisia della musica commerciale basata su una errata concezione di un passato "classico" rinunciando per natura al concetto di proprietà applicato alla musica, attribuendola all'ultimo che ne fa uso o a quello che ne fa un uso migliore. Alla fine non è importante ideare una canzone, ma appropriarsene per merito "la fa così bene che chiunque l'abbia scritta nessuno la fa meglio di lui...". Perché la musica popolare nasce contingente, fatta di sfumature a volte impercettibili, di cambiamenti sottintesi, di variazioni sfumate, indistinguibili da chi ne fa uso. Se John Lee Hooker riprende un tema di Son House e lo fa proprio, quanto ciò dipende dal fatto che magari non è capace di farlo come lo ha sentito da lui? La linea melodica è un po' diversa perché non se la ricorda o per uno scatto creativo? O forse perché semplicemente così si adatta meglio alla sua voce? A volte si cerca di fare una cosa, si sbaglia e si dice "cavolo, ma quest'accordo è forte..." e magari da lì nasce una cosa nuova, altre volte si ha un'idea e non si sa che un altro, trenta anni prima, ha messo le mani sulla chitarra e le dita gli sono andate proprio sulle stesse note.
Tutto è splendidamente vago e nebuloso, sfuggente ai tentativi di porre ordine dei burocrati e dei finanzieri, tutto è legato in modo imperscrutabile in una zona in cui le idee, chi le pensa, chi le esegue e i rispettivi pregi/difetti, intendendo anche eventuali difetti fisici, abilità tecniche o la loro mancanza, tutto contribuisce alla creazione di un evento senza che si possa ricostruire il processo in modo certo.
Alla fine quello che conta è se una determinata combinazione è efficace e quanto. Per essere efficace popolarmente occorre che l'esecutore risulti credibile nella sua interpretazione, deve risultare più emozionante, vero, coinvolgente, il Bob Dylan convincente dei dischi migliori non lo è per meriti tecnici, ma perché con la sua voce nasale, la sua abilità approssimativa alla chitarra e le sue linee musicali semplici applica una sovrapposizione fra temi tradizionali e riferimenti letterari che sono specchio della sua cultura personale e dei suoi interessi intellettuali e forma un tutt'uno con quei brani, sinceramente comprese le contraddizioni. Quando i Rolling Stones eseguono Satisfaction, ne sono autori non perché hanno inventato qualcosa, il giro armonico è tipico r&b e la linea melodica potrebbe essere di un qualsiasi blues, ma perché da allora nessuno è riuscito a metterci lo stesso senso di urgenza.
A rendere unico un brano popolare non è mai un solo elemento, ma un insieme di armonie, melodie, attitudine, stile, tematiche, esecuzione, per cui un autore non è mai autore di un brano, ma di un modo di essere suddiviso in vari titoli, che è una cosa anche astuta, per fregare una canzone a qualcuno dovresti dimostrare di essere lui...
Da tutto ciò si deduce anzi che quando un autore, o presunto tale, realizza un brano fiacco, poco ispirato, in realtà si dovrebbe accusare, più che di plagio o altro, di non essere un autore popolare in quanto non urgente, non credibile e quindi, di fatto, inutile.
In realtà un autore popolare esiste ed ha senso solo in quanto incide sulla cultura popolare dando un contributo tale da mantenerne intatta la vitalità, altrimenti non solo è inutile, ma potremmo dire che semplicemente non è. Si potrà obiettare che la musica popolare è piena di autori e esecutori che non lasciano il segno nella cultura mondiale ma vendono un sacco di dischi e hanno ville ecc., ma questo non ha nulla a che vedere con ciò che rende significativo il gesto di un artista, questa è contabilità spiccia per impiegati del mondo dello spettacolo, roba che riguarda i commercialisti, che sarà magari importante per alcuni di loro individualmente, per le loro famiglie, ma per la cultura sono irrilevanti e, infatti, non esistenti se non come appendici ad una storia del costume (...a quel tempo era il più popolare finto cantante folk... in quegli anni andavano molto gli imitatori di cantanti rock... nessuna sapeva scimmiottare una cantante jazz bene quanto lei... era noto per sapere fare tutte le espressioni di un chitarrista che suoni davvero...eccetera eccetera).
Cosa c'entra con il plagio?
Niente, ma è proprio la proprietà legale della musica, con i relativi conflitti, che non ha niente a che fare con la musica, con l'arte e con la cultura popolare, per cui alla fine tutto torna.
Insomma, con la quantità di mondo che si trova in due accordi di Pete Seeger, chi se ne frega delle beghe legali che in confronto riguarderanno sempre solo spiccioli?
Una proposta per il legislatore:
Quando due cretini litigano per aggiudicarsi la proprietà di una cosa aleatoria come una canzone, i proventi della stessa vengono devoluti a favore di un fondo per l'aiuto delle popolazioni che soffrono per la mancanza di acqua potabile, in questo modo i due cretini potrebbero salvare la vita a diversi esseri umani fra i quali non è escluso possa trovarsi un vero artista.
Mario”
Questa sì era la risposta attesa da Gianfranco, che finalmente pareva appagato e tranquillo nel messaggio finale, con il quale si concludeva il dibattito, che abbiamo voluto pubblicare, convinti di aver offerto un contributo unico sull’argomento in oggetto.
Scrive Gianfranco:
“Mario ci ha dato proprio dentro. La sua è una risposta da competente in un mare di ‘cretini’ come quelli che assegnano il tapiro per i presunti plagi. E' inoltre una risposta ‘saggia’ come saggia ho trovato quella di Ennio Morricone all'argomento (Ennio possiamo definirlo come uno competente?):
‘La musica orecchiabile, proprio perché tale, assomiglia a qualche cosa già scritta, già proposta alla gente. Se non fosse stata udita non avrebbe successo. Se un autore vuole davvero creare qualcosa di originale deve attingere a parametri inadatti alla musica leggera il cui prodotto e' una canzonetta, a volte dilettantesca, a volte infantile, sempre destinata ad un successo stagionale. La mia posizione morale e ttmusicale e' che chi ha coscienza di questa professione, pertanto della orecchiabilità forzata di queste canzoni che hanno vita breve, dovrebbe astenersi dal fare cause e controcause per plagi indimostrabili e disturbare i giudici per queste cose ( tratto dal libro ‘Anche Mozart copiava’ di Michele Bovi)’. E questo l'ho preso proprio dal sito dei plagi.
Gianfranco