Nils Liedholm, Roberto Bortoluzzi, ….pensieri e parole di un tifoso (milanista)
Nils Liedholm da giocatore del Milan in una rivista svedese anni ‘50
Il tempo, la vita, tutto portano via nel loro lento ma costante fluire. Eccoci privati di due personaggi legati allo sport e conseguentemente alla nostra vita di sportivi, di ieri e di oggi, indipendentemente dal modo in cui abbiamo praticato lo sport stesso …. di sicuro al giorno d’oggi sportivi ormai virtuali (sto parlando per me….). Ricordiamo il tempo in cui il calcio era piu´ immaginato che visto e rigorosamente concentrato alla Domenica o tutt´al più al Mercoledì. Noi eravamo QUELLI CHE …. da giovanissimi davamo qualche pedata ad un pallone, su campi per giocare sui quali sborsavamo cifre che oggi fanno (sor)ridere ma che ieri costituivano più di qualche paghetta …. per vincere al massimo una pizza …. Noi eravamo QUELLI CHE …. tenevano la radiolina attaccata all’orecchio durante buona parte dei pomeriggi domenicali.
Lo svedese Nils Liedholm, già leggendario compagno d’attacco di Gren e Nordhal in rossonero, divenuto poi allenatore guadagnandosi l’appellativo di “Barone”, appellativo di certo non casuale, dato da un aplomb e da uno stile del tutto peculiare ed inimitabile. Solo lui riuscì a creare un modulo di gioco a “ragnatela” dove venivano esaltate la tenacia e la valentia dei singoli in un esasperato possesso del pallone. Parlo da tifoso (milanista) dicendo che il grande Nils riusci´ a dare al Milan la possibilità di non perdere partite ad altissimo rischio, assemblando con pazienza un team non sempre …. irresistibile, fino a conquistare quella tanto sospirata STELLA dello scudetto 1978-´79. Solo lui riusciva a mascherare delle evidenti carenze tecniche insegnando ai giocatori la non sottovalutazione di squadre avversarie in teoria meno forti tecnicamente; Questo è il sentimento estrapolabile, alla vigilia di un lontanissimo Milan-Atalanta, da una sua affermazione del pre-partita e cioè “…. Atalanta, squadra fortissima”, pronunciata con il suo cantilenate accento scandinavo e condita da un’espressione del volto improntata al tempo stesso a sincera attenzione ed acutissima presa in giro …. Svedese? .... Ma era più ironico di un napoletano …. In occasione di un’altra partita riuscì a dire, in piena conferenza stampa “….Virdis e Galluzzo, tra i più forti colpitori di testa in Italia ….” E i due, specie il secondo, non brillavano per statura fisica. Vi fu brusio in sala. In un’altra occasione ancora, disse: “….Ho schierato Hateley con il numero sette perché in Inghilterra giocava sempre con quel numero ….” La realtà era che il giocatore mai e poi mai giocò in patria con quel numero sulle spalle. La platea di giornalisti rimase basita.
Rara immagine di Mandressi con la maglia della Cavese (1984/85)
Altro top del Barone: “…. Mandressi? Il Rensenbrink del Milan….” Il paragone fu tra uno dei più scarsi (e sfortunati) giocatori del Milan ed un autentico campione del calcio olandese degli anni ´70. Credo che qualcuno dei presenti in sala all’epoca, si sia dato all’alcool. Non intendo dilungarmi sulle vicissitudini tecniche milaniste dei decenni settanta ed ottanta, ma una cosa sento di dirla: Quello di Liedholm era un modo di infondere comunque e sempre fiducia e prudenza ai suoi, di infondere un modo, per così dire, di non farsi prendere dal panico. Il calcio isterico e straricco, anzi riccastro, di oggigiorno è ben altra cosa, in negativo ovviamente. L’insegnamento di Liedholm era valido sul campo ed anche fuori. Nella vita, sarebbe comunque e sempre positivo, specie nel momento in cui i propri talenti sono latitanti, non farsi ghermire dalla paura, guardare con umiltà e prudenza alle difficoltà e trovare il modo di uscire indenni dai confronti con esse, che siano rappresentate da uomini, circostanze e cose. E vi pare poco? Ah, dimenticavo, irridere ai detrattori un pò come faceva Kipling che nella lettera a suo figlio diceva “Impara a trattare il successo e l’insuccesso come impostori …solo così potrai considerarti un uomo”. Signori, la standing-ovation s´impone. Ciao Nils.
Ma cosa diciamo di Roberto Bortoluzzi? L’uomo più invisibile e più ascoltato dai calciofili d’Italia? Altro che Isola dei Famosi, altro che gossip, altro che quaquaraqua…. A Bortoluzzi era sufficiente il solo parlare succintamente e descrivere professionalmente per mandarti l’interesse (e la frequenza cardiaca) a mille…. Quanti in una famiglia, che amassero il calcio o meno, non hanno in qualche modo impresso nella memoria quella sequenza che alla radio diceva “La Stock di Trieste….e poi ecco la Voce, no, non mi riferisco a Frank Sinatra, ma a quella dallo studio centrale che diceva “…. Sandro Ciotti da Milano per Inter-Juventus, Enrico Ameri da Napoli per Napoli-Milan e Claudio Ferretti da Roma per Lazio-Fiorentina ….” Eleganza e sintesi pure, per scomparire un’intera settimana fino alla Domenica successiva e soprattutto senza mai, dico mai, farsi vedere e/o fotografare una che fosse una volta. Non desidero sminuire né offendere nessuno ma il paragone con le odierne trasmissioni radiofoniche (se ce ne sono ancora) è del tutto improbabile. “…. A Brescia, all´undecimo, squadra locale in vantaggio….” Chi saprebbe oggi palare così bene….e, ahimé, penso soprattutto ai giovani e, peggio ancora a giornalisti che dicono bellamente cose come “essere in grado di poter fare” o “ti permette di potere”…. Roberto, oltre che tenere al calor bianco la nostra passione calcistica con l’orecchio incollato alla radiolina ci hai insegnato forbitezza, compostezza ed efficienza professionale, ci hai insegnato anche che riservatezza ed umiltà, doti anche queste assolutamente esportabili ed auspicabili nella vita, non sono certamente nemiche della pura bravura, la tua. Signori, prego, altra standing-ovation. Nils Liedholm e Roberto Bortoluzzi, ci mancherete.
Luigi Probbo per L’Eco di Roccasecca
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