Le pagine del Ciclismo

Franco Balmamion

 

 

Vincere due Giri d’Italia senza aggiudicarsi nemmeno una tappa, un’impresa riuscita nella storia del ciclismo ad un solo corridore: Franco Balmamion. Primi anni sessanta, in Italia dopo gli anni duri del dopoguerra e della rinascita sociale ed economica del paese sta per esplodere la stagione del boom che trasformerà l’italietta uscita distrutta e, per certi versi umiliata, dalla seconda guerra mondiale in una moderna potenza industriale.

La speranza di migliorare, di crescere, di progredire, viaggia anche sulle ali della fantasia che il ciclismo contribuisce ad alimentare con le imprese dei grandi campioni raccontate allora dalla voce di cronisti radiofonici come Ferretti e dalle migliori penne del giornalismo italiano, sportivo e non, come Gianni Brera, Dino Buzzati, Orio Vergani e lo stesso Indro Montanelli. Una vera epopea rimasta nell’animo e nella mente di tutti coloro che hanno vissuto quell ’ epoca irripetibile.

 

 

In questo contesto si inquadrano le imprese di Franco Balmamion che ha incarnato esattamente il prototipo del ragazzo di campagna giunto agli onori delle cronache e dei trionfi sportivi conquistati attraverso le fatiche e il sudore spesi sulle strade di tutta Europa. Per dare un’idea di questo campione atipico calza a pennello una citazione di Gianni Mosca, padre del noto Maurizio protagonista di tanti “processi” sportivi televisivi, anch’egli cronista al seguito delle gare ciclistiche. Una volta Mosca per descrivere sul suo giornale l’atmosfera di un Giro d’Italia che stava seguendo scrisse che si trattava “ proprio di un Giro Balmamion”. Insomma Mosca aveva reso onomatopeico il cognome di Franco Balmamion a significare la modestia innata, la ritrosia, la riservatezza e per certi versi il gusto contadino per le cose semplici ma ben fatte.

Rara figurina di Balmamion della serie Folgore pubblicata nel 1967 sull'album "Ciclo Sport".

 

In effetti Franco Balmamion lottò a lungo durante la sua carriera per precisare ed ottenere che il suo cognome fosse scritto esattamente, in un’unica parola: Balmamion e non Balma Mion come in tanti facevano. Curiosamente il soprannome di famiglia di Balmamion era “magninot” in dialetto valdostano, cioè spazzacamino in italiano. Esattamente come Maurice Garin, mitico vincitore del primo Tour de France detto appunto “ramoneur”, spazzacamino.

 

 

A parte questa curiosa coincidenza, Franco Balmamion era tutto fuorché un campione predestinato. Si guadagnò il suo spazio a prezzo di grandi fatiche, sostenute con la volontà e la determinazione del suo animo, forte e perseverante come sanno esserlo i valdostani. La regolarità fu la sua dote più grande; la bravura di restare costantemente al vertice della corsa pur senza mai uno sprint vincente. La grande capacità di soffrire, in silenzio e senza mostrare alcun cedimento, la forza di non mollare mai nemmeno un metro, furono le qualità che lo portarono a primeggiare in quei due Giri d’Italia consecutivi che lo imposero all’attenzione di tutti gli sportivi italiani ed europei. Vinse i Giri del 1962 e 1963, fu professionista dal 1961 al 1972 e sempre grazie alle sue doti di regolarista riuscì anche a conquistare

 

un podio al Tour de France del 1967 giungendo terzo con la maglia della Molteni, mentre al Giro era stato campione con la mitica Carpano.

Fu anche Campione d’Italia nel 1967 trionfando al Giro di Toscana; vinse  la Milano – Torino, il Campionato di Zurigo e il Giro dell’Appennino del 1962. In tutto dodici primi posti in dodici anni di carriera, come dire un successo a stagione. Un bilancio perfetto per un regolarista come lui.

 

I ciclisti da ritagliare sul Corriere dei Piccoli: Balmamion è il secondo nella fila in alto

 

Balmamion fu protagonista di una stagione del ciclismo appena uscita dall’epopea di Coppi e Bartali, ma contraddistinta ugualmente da personaggi di grande rilievo come Anquetil, Adorni, Van Looy e poi Motta, Gimondi e il grande Merckx, tanto per fare dei nomi. Non si scoraggiò mai, pur non avendo le stimmate della classe che invece tanti suoi antagonisti potevano vantare. Un esempio per tutti di quanto possa incidere la forza di volontà. E non solo sui pedali. Parola di Franco Balmamion, classe 1940, da Nole Canavese.

 

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