60 ANNI Testimonianze sulla guerra

 

 

“60 Anni – un viaggio molto personale all’interno di una storia collettiva.” Parliamo di un DVD che si colloca tra le migliori cose prodotte sugli eventi che si svolsero a Roccasecca durante la seconda guerra mondiale. Il documentario, frutto di un lavoro di ricerca durato dal 2001 al 2006, è stato realizzato da Clemente Bicocchi, sulla base delle ricerche di Daria Frezza, che è anche sua madre, docente di storia all'Università di Siena.

Siamo un po’ in ritardo rispetto alle presentazioni ufficiali del DVD, svoltesi giusto un anno fa a Cassino, a Roccasecca, a Siena ed in altre località, ma abbiamo avuto l’opportunità di visionarlo soltanto nel maggio del 2008.

Un lavoro di oltre un’ora e mezzo di testimonianze raccolte in interviste spesso in dialetto (per i “non avvezzi” ci sono i sottotitoli in italiano) scelte tra tantissime ore di registrazione (non osiamo pensare a quante possano essere, ma l’inquadratura periodica dello scaffale che si riempie di videocassette lascia ben pochi dubbi sulla mole del lavoro raccolto: impressionante) che al termine della visione lascia solo un po’ di amaro in bocca per ciò che è stato documentato ma non inserito sul prodotto finale. Ma bisogna accontentarsi.

 

 

A raccontare i vari capitoli – scritti su una lavagna in un modello di presentazione particolarmente originale - è il regista, dall’accento toscano che tradisce una provenienza “non ciociara”, rispetto alla mamma roccaseccana. Basta guardare le prime scene per capirne il motivo.

La famiglia nel 1942 viveva a Pisa, ed il nonno, originario di Roccasecca, porta le bambine a Roccasecca pensando di allontanarle dalla guerra, mai immaginando di condurle proprio al fronte.

Le persone intervistate, disponibilissime, sono tante; due di esse le conosco bene e le seguo con particolare attenzione: Pasqualino Riccardi (che recentemente ci ha lasciato) stempera certi giudizi drastici sul fascismo, senza cadere in facili “nostalgie”, mentre la simpaticissima Leda Molle racconta uno dei tanti “trasferimenti” di tutta la famiglia sui monti con un amaro sorriso sulla bocca, un sorriso che non si perde neanche di fronte ad un evento tragico, che riesce a dare forza anche nei momenti peggiori.

Altre testimonianze mi hanno colpito, come quella di una anziana signora che parla in dialetto ed esprime questo tipo di concetto: “Doppe, tutti gli iorne amare piante. E’ morte quelle su ‘na mina! E’ morte quell’altre scuppiate! Scoppia qua, scoppia là, siamo stati nella vita a tremare. Abbiamo passato la vita a tremare, che ancora oggi chi è vivo e ricorda, pensando a questo ancora tremiamo”.

Ancora, tutta una serie di testimonianze tragiche, che parlano di bambini morti, di persone saltate per aria in pezzi, di fucilazioni e persecuzioni gratuite, di fame, di stupri e di tutte le peggiori conseguenze di un evento bellico di quelle proporzioni.

Non si fanno sconti nei confronti dei soldati occupanti, sia che fossero tedeschi, sia che fossero francesi o americani. Si giudicano i fatti accaduti, nel bene e nel male, non la provenienza degli attori.

 

 

E così sono lodati i tedeschi che si comportano correttamente ma si condanna senza pietà il soldato germanico che brucia una pagnotta davanti a una bambina affamata (“fu peggio che se avessero fucilato una persona”).

Nessuna giustificazione per le nefaste scorribande senza controllo dei marocchini, commossi ricordi degli “americani” che distribuivano carne in scatola e cioccolata.

Insieme ai ricordi più brutti emerge anche un altro tipo di racconti, venati di quella ironia roccaseccana che riesce ad esser viva pur nella tragicità degli avvenimenti. Fatta dunque la denuncia più dura della guerra e dei suoi aspetti più terribili, proponiamo ora alcune testimonianze più “allegre”.

C’è quel signore che racconta: “Andamme a Montecassino a una festa, con tutta la famiglia, le femmene co’ le cofane ‘n cape, ognune se portava da mangià. Po’ arrivavane gli fasciste te levavene tutte cose dinnanze, isse magnavene e nua rimanevame senza niente! Ma non è che che era Mussolini che gli aveva insegnate ste cose, erano loro!

E quell’altro, dalla faccia furbetta: “Io non ero tanto docile col fatto della divisa, è che non mi piaceva proprio, non mi piaceva .. insomma … ma ie perché m’aggia vestì da pagliacce?” Esilarante!

Particolarmente simpatico l’aneddoto raccontato da un altro signore, che merita finanche il titolo sulla “lavagna”:

LE FETTUCCINE.

Furono preparate delle ottime fettuccine e le prese questo amico, Don Germano. Io gli dicevo ‘Don Germà, mangiamocele queste fettuccine’ ma lui rispondeva ‘ Eh no, le debbo portare al babbo, le debbo portare a papà’. Ci muovemmo per un sentiero in salita, ma quella notte c’era stato l’arretramento delle linee tedesche. Trovammo tre quattro soldati che ci fecero tornare indietro. Provammo a risalire un poco più in là ma altri soldati ci fecero riscendere.  Io gli dissi:

 

‘ Don Germà, mi faccia il piacere, questo costituisce un peso, sediamoci e mangiamoci ste fettuccine’. E lui ‘ Eh no, le debbo portare al babbo’. Arriviamo al terzo punto di passaggio e ritroviamo i tedeschi che ci fecero tornare indietro ancora una volta. Però quella strada era molto scoscesa e nel tornare indietro questo Don Germano inciampa le scarpe con la tonaca, si ruzzola lui con la pasta, immagini lei quanto dolore! Io rimasi là con questa pasta impastata con la terra. ‘Don Germà, l’avessimo mangiata ‘sta pasta …’ e lui ‘L’ha voluto Dio!’ e io ‘No! Don Germà, questo l’hai voluto tu! Dio si è pure offeso!

Un ultimo ricordo curioso è quello dedicato alle buche prodotte dalle bombe sganciate dagli aerei. Spesso queste buche, che si riempivano di acqua, diventavano “fertili” e ci crescevano rape e grosse zucche. In altre parole, da portatrici di distruzione a generatrici di cibo!

 

Daniela Frezza trasportata da un asino

 

In conclusione, siamo di fronte ad un lavoro veramente interessante, toccante ed emozionante nei contenuti, eccellente nella regia e nei commenti musicali (Saverio Damiani), consigliato a tutti, per non dimenticare le “macerie del passato” e tener viva la testimonianza di chi quel periodo l’ha realmente vissuto sulla sua pelle.

 

R.M.