Il Pianeta delle scimmie
Nel 2008 ricorre il quarantennale di due film di fantascienza che per motivi diversi sono entrati nella storia del cinema. Uno è 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, al quale dedicammo la prima pagina nel primo numero del 2001 (guarda caso), l’altro è Il pianeta delle scimmie di Franklin J. Schaffner, con la sceneggiatura di Rod Serling (ricordate? È l’ideatore della serie Ai confini della realtà). Ho sempre considerato la scena finale del secondo una delle più emozionanti offerte da un film. Penso proprio che il buon Rod Serling abbia contribuito alle ultime immagini! La storia, per chi non la ricordasse, è abbastanza semplice e lineare, a differenza del film di Kubrick, a sua volta tratto dal romanzo di Arthur C. Clarke, decisamente più complesso nella trama e nel significato. Nel Pianeta delle scimmie tre astronauti ibernati nel 1971 si risvegliano nel 3978 a bordo della loro astronave precipitata in un pianeta sconosciuto. In questo luogo, all’apparenza primitivo, sono le scimmie a dominare gli uomini, che non hanno il dono della parola e sono ridotti in schiavitù. Solo uno dei tre astronauti resta illeso dallo scontro con i gorilla ed è imprigionato. E’ il comandante Taylor, interpretato dall’inossidabile Charlton Heston, che nella sua carriera non si è certo fatto mancare emozioni: da Ben Hur a El Cid, da Terremoto a Airport 1975, da 1975 Occhi bianchi sul pianeta terra a 2002 i sopravvissuti, egli ha sempre messo a disposizione la sua “forza” al servizio dell’umanità, impersonando il classico eroe indistruttibile. Ci prova anche contro le scimmie, di fronte all’ atteggiamento risoluto e intollerante degli scienziati scimpanzè che vedono il genere umano inferiore e inaffidabile e sentenziano: “"Guardati dalla bestia-uomo, poiché egli è l'artiglio del demonio. Egli è il solo fra i primati di Dio che uccida per passatempo, o lussuria, o avidità. Sì, egli uccide il suo fratello per possedere la terra del suo fratello. Non permettere che egli si moltiplichi, perché egli farà il deserto della tua casa. Sfuggilo, ricaccialo nella sua tana nella foresta, perchè egli è il messaggero della morte.” Taylor prova a farli ricredere, dimostra loro che egli ha addirittura il dono della voce, sconfessando le loro sacre tavole, ma ottiene soltanto la possibilità di essere lasciato libero di andare – insieme ad un’altra prigioniera “umana” – verso la cosiddetta “zona proibita”. E si giunge così all’ultima scena, lenta ed inesorabile. Si vede la coppia che procede lungo la riva, poi lui si ferma e scende da cavallo, si inginocchia e comincia ad imprecare contro il genere umano. Intanto la camera inquadra la scena dall’alto, attraverso qualcosa che sembra un reticolato di ferro con delle punte, poi si sposta di nuovo dal basso, ed ecco apparire la Statua della Libertà, per metà affondata nella sabbia! Taylor ha compreso la verità e maledice il genere umano che ha distrutto il mondo con un conflitto nucleare. Quel grido disperato di Taylor risuona nella spiaggia deserta e resta nelle orecchie dello spettatore che nell’intimo spera che quell’evento non possa mai accadere. Un film “d’epoca”, con i suoi limiti, che mantiene un messaggio attuale ed universale. Da prima pagina. Buona estate a tutti!
Il Direttore
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