L’addio a Paul Newman
Un ricordo di Gianni
Da Principe del Palcoscenico ha programmato la sua uscita di scena in punta di piedi, la sua eclissi dalla vita pubblica si è diradata come una sequenza che si chiude con una dissolvenza. Poco più di un anno fa aveva annunciato il suo ritiro, oggi si è concluso il suo viaggio terreno. Paul Newman è morto ieri nella sua casa, come egli stesso aveva scelto. Da settimane si sapeva della sua malattia, vissuta, se questo è possibile, con la stessa classe disinvolta con cui ha vissuto la sua parabola di attore. Newman ha scritto alcune delle pagine più belle del cinema a partire dagli anni cinquanta, descrivendo una parabola di successo che lo colloca tra i più grandi talenti della settima arte di tutti i tempi. Inconfondibile e carismatico, grazie ad una bellezza viva e non plastica, Newman ha raggiunto il successo soprattutto alla grande capacità di interpretare ruoli diversi (La stangata, Lo spaccone) la sua carriera e il suo successo si è incrociato con quella di un altro monumento di Hollywood, Marlon Brando. Due maschere diverse quelle dei due. Eccessiva, debordante, esplosiva quella di Brando, leggera, ironica (ai limiti del farsesco) sottile quella di Newman.
La stessa vita privata dei due attori è stata opposta, laddove quella di Brando ha conosciuto spesso le prime pagine dei giornali (anche a causa delle tremende disgrazie che hanno colpito, una su tutte la morte della figlia Cheyenne), di Paul Newman viceversa quel poco che si sapeva era che si era sposato con Joanne Woadward e aveva avuto tre figlie. Stop. Anche perché con lei si era sposato nel 58 e con lei è rimasto tutta la vita. Largo spazio Newman lasciava alla sua attività di solidarietà per i bambini disagiati; causa per la quale aveva prestato volentieri il suo volto per una campagna pubblicitaria di una marca di minestre, il cui ricavato andava appunto all’associazione. Altra passione di Paul Newman erano le corse automobilistiche, a cui partecipava come pilota.
Gianni Sarro
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