DERRICK SI CONGEDA
Lunedì 15 dicembre 2008 le agenzie stampa di tutto il mondo hanno battuto la notizia. “L'attore tedesco Horst Tappert, protagonista della serie televisiva 'L'ispettore Derrick', è morto sabato scorso in una clinica di Monaco di Baviera, all'età di 85 anni.” La notizia ha fatto immediatamente il giro del mondo ed ha lasciato costernati gli appassionati del mitico telefilm trasmesso in circa 120 Paesi. “Tappert – prosegue il dispaccio d’agenzia - era nato a Elberfeld (Wuppertal) il 26 maggio 1923. Celebre per aver interpretato il ruolo di Stephan Derrick nell'omonimo telefilm L'ispettore Derrick (semplicemente Derrick nell'originale tedesco), è stato anche attore di cinema e soprattutto teatro. Figlio di un portalettere e di una casalinga fu cresciuto dalla severa madre Ewaldine così rigidamente che nel suo libro autobiografico 'Teatro, che passione!' Tappert ricordò di lei il senso di disciplina e di obbedienza. Studiò da contabile e si allenò anche come pugile. Reduce dal fronte, dopo essere stato prigioniero dei russi, cercò un nuovo lavoro. Per caso viene a sapere che, dalle sue parti, avevano messo in piedi una piccola compagnia teatrale, in cerca di un ragioniere.
Tappert si presentò per quel posto e invece gli venne offerta una parte come attore teatrale: accettò per necessità dando inizio ad una carriera di successi nel mondo dello spettacolo. Da quel giorno, infatti, non smise più di recitare. Il suo debutto teatrale risale al 1945 nel ruolo del Dr. Striebel nella piéce di Helwig 'Die Flitterwochen'. Lo stesso anno e per il biennio successivo seguì un corso di recitazione. Tra le sue interpretazioni più famose Aspettando Godot di Samuel Beckett, ma anche testi di Shakespeare, Balzac, Moliére. Prese parte anche al primo musical tedesco, con l'avvento del varietà post-bellico, dal titolo Lady in the Dark. L'anno della svolta è il 1973 quando viene chiamato a interpretare il personaggio dell'ispettore Derrick. Stephan Derrick è diventato negli anni una figura di culto in tutto il mondo. Grazie ai suoi modi gentili, pacati e al suo lato fortemente umano ha incarnato un nuovo genere di ispettore di polizia, divenuto un'icona per tutti i suoi appassionati, principalmente il pubblico familiare della tv generalista. L'ispettore, che Tappert definì il Don Chisciotte della tv, é il personaggio tedesco più conosciuto ed apprezzato nel mondo. La serie, infatti, viene tuttora seguita in centoventi Paesi. Grazie a Derrick, Horst Tappert è stato il primo attore tedesco ad aver avuto fan club all'estero. E siccome questi club si trovano anche in Italia, Olanda e Francia si può dire Tappert, insieme al suo ruolo in televisione, sia diventato un ambasciatore non ufficiale della Repubblica Federale di Germania. Tappert, che ha interpretato Derrick per quasi un quarto di secolo, ha proseguito fino al limite di età che si era imposto. L'attore si è ritirato definitivamente dalle scene nel 2003 subito dopo la presentazione del suo ultimo film-tv Herz ohne Krone (Un cuore senza corona). L'allora Presidente della Repubblica Federale Tedesca, Roman Herzog, gli conferì nel 1997 la Croce al Merito.
Dopo aver divorziato per due volte, dal 1957 viveva poco fuori Monaco, a Gräfelfing, con la terza moglie, Ursula Pistor. Era padre di tre figli: Karin, Ralph e Gary. Possedeva anche una casa in Norvegia, sull'isola di Hamaroy. Costruita su un terreno donatogli dal sindaco, è situata oltre il circolo polare artico: l'attore vi si recava per due mesi l'anno, godendo la solitudine ed il silenzio dei ghiacci.”
Questa la cronaca. Noi dell’Eco vogliamo lasciare un ricordo particolare di un personaggio che è stato molto caro ad alcuni del nostro “gruppo”, addirittura un mito indelebile in alcune famiglie. L’appuntamento del lunedì sera su RAI 2 è stato per lunghi anni imperdibile per alcuni milioni di italiani. Ricordiamo che l'episodio Gli amici morti di Isolde, seguito da 6 milioni di spettatori, ottenne il record di ascolti. La mia famiglia, in modo particolare, si colloca sicuramente in una delle prime posizioni di fedeltà nei confronti della serie televisiva di Derrick, avendone seguito, quando possibile, anche tutte le innumerevoli repliche passate negli anni su Rai 2. E se c’è chi si annoia o addirittura protesta ogni volta che viene trasmessa una replica, a casa nostra, viceversa, c’è sempre stata approvazione e soddisfazione, persino di fronte ad episodi giunti alla decima replica. In quel caso, il dito puntato verso lo schermo, si esclamava: “E’ La Rosa Blu, con il ragazzo protagonista che sembra Vincenzino!” oppure “Ah, qui c’è quel delinquente che fa dell’ironia verso un padre onesto chiamandolo ‘ l’integerrimo papà ’ mentre cerca di corrompere il figlio” e ancora “Bellissimo! Si tratta della puntata del ladro in moto che viene ammazzato e derubato da un gruppo di vecchietti del bar di campagna!” … e mi fermo qui, altrimenti dovrei citare dozzine di episodi simili. E magari qualcuno penserà pure che non siamo persone tanto normali!
Mio figlio Marco, per fare un esempio, alla tenerissima età dr o 4 anni era talmente “derrickzzato” che chiedeva alla nonna Elena di giocare a DERRICK, organizzando nuovi episodi di cui loro due erano i protagonisti nei panni ovviamente di Derrick e di Harry!
Derrick e Harry (foto da Internet, come tutte le altre dell’articolo)
Una nota pesantemente negativa, in queste giornate venate di nostalgia e dispiacere da parte dei tanti ammiratori dell’Ispettore Derrick, spetta senza dubbio alla RAI. Abbiamo appreso, il giorno successivo alla notizia della morte di Tappert, che Rai 1, nella notte tra lunedì 15 e martedì 16, all’una e mezzo, ha mandato in onda (a quanto pare senza alcun annuncio in fascia serale) l’ultima puntata di Derrick in sostituzione di “Sottovoce”. Pensate, all’una di notte e senza preavviso. Un delitto senza movente, un delitto su cui, per fortuna della Rai, l’ispettore Derrick non potrà più indagare. Una sorta di sberleffo nei confronti di un attore e di una serie che tanto successo hanno consegnato alla televisione pubblica. Mandare in onda in prima sera, al posto di qualche orrido talk show, il primo e l’ultimo episodio sarebbe stato sicuramente più pertinente e soprattutto più apprezzato. Ma sarebbe stato un miracolo. Chi ha messo la volgarità, il turpiloquio, le grida immotivate e l’ignoranza al primo posto nei propri palinsesti, non può rischiare di rimettere in prima serata l’impeccabile e rigoroso Ispettore Derrick.
A questo punto pensiamo di fare un regalo a tutti i fan di Derrick riproponendo, con qualche aggiunta, l’articolo che fu pubblicato all’epoca del “pensionamento” di Derrick, ovvero qualche tempo dopo aver visto l’ultimo episodio della serie. (Settembre del 2000, Eco n. 29)
E’ andato in pensione, salutiamo DERRICK
“E ora vorrei restare un attimo da solo, Harry. Ti ringrazio di tutto”. Dopo aver pronunciato queste parole al suo fido collaboratore, Derrick si avvia lungo una strada, il capo leggermente curvo, i passi che incedono lenti ma sicuri, come sempre. Harry Klein rimane a guardare il suo superiore che si allontana e, mentre già scorrono i titoli di coda dell’ultimo episodio della serie, mormora: “Addio, Derrick”. E’ calato così il sipario sull’ultima puntata di Derrick, andata in onda in Germania a metà dicembre 1997 e in Italia lo scorso 30 giugno. A 76 anni Horst Tappert ha scritto la parola fine, dopo circa 300 episodi (esattamente 281 dal 1974 – in Italia debuttò nel 1979 – al 1998) alla figura di questo singolare ispettore, il “Maigret” tedesco, come è stato spesso definito. In effetti Derrick, come il commissario di Simenon, predilige studiare la psicologia dei personaggi, cerca di comprendere i problemi, la personalità, i motivi che spingono al delitto.I malfattori, gli assassini rimangono “esseri umani” che vengono smascherati, di solito, senza far ricorso a sparatorie o a lunghi ed estenuanti interrogatori, bensì con tatto e ragionamento, in punta di piedi, spesso con un malinconico e comprensivo sorriso, pur nella ineluttabilità dell’atto finale di accusa. Il successo di questo personaggio, che veste in modo sobrio e guida allacciandosi sempre le cinture di sicurezza, sta proprio nel suo comportamento, in come si destreggia in queste storie di ordinaria e quotidiana umanità.
L’autobiografia di Horst Tappert, edizione italiana
Nella sua autobiografia, “ Io e Derrick. Le mie due vite” (Lindau, 1999), Tappert scrive “Mi interessano le persone. E non superficialmente, solo perché ho bisogno che mi forniscano del materiale per risolvere il caso. Mi interesso veramente a loro come individui. Rispetto la loro dignità, non le offendo, non distruggo il loro rispetto per se stessi. Questo crea subito un’unione. Perfino con il colpevole, che pure è costretto a considerarmi un nemico, o per lo meno un avversario. ::: Usando gentilezza e partecipazione Derrick cerca di creare un’atmosfera di fiducia durante le sue visite negli appartamenti privati. :::Gli interrogati parlano con lui prima e più apertamente che in uno sgradevole interrogatorio. E dato che è capace di ascoltare, dicono più di quello che vogliono.
Le persone hanno un gran desiderio che qualcuno dia loro veramente ascolto. E’ un’esperienza che vivono molto di rado. Gli psicologi lo sanno. Derrick anche. Secondo lui il lavoro della polizia non consiste tanto nella ricerca di fatti, quando in conversazioni terapeutiche ad alta voce, che lui porta avanti in modo neutrale, come un bravo psicologo, senza avere in mente un’immagine precostituita della persona alla quale sta di fronte. … Quando lui alla fine dice ‘Lei è in arresto’, nella sua voce vibra il trionfo del vincitore. Spesso anzi vibra abbastanza dispiacere e compassione: a volte, se sono simpatici, per gli accusati; nella maggior parte dei casi per le condizioni dell’umanità in genere: che mondo è mai questo, in cui possono avvenire simili delitti in cui domina tanta sofferenza, tanta disperazione …”. Nel libro, che narra tutta la sua vita, ma in cui, ovviamente, predomina il personaggio Derrick, Tappert racconta con semplicità questo strano ed intenso rapporto tra lui e l’ispettore, vissuto quotidianamente dal 1974, anno della prima puntata (Waldweg – Il sentiero nel bosco) al 1997. Ecco come descrive una tipica giornata da “Derrick”: “Quando al mattino sali sulla macchina di servizio ti chiami Derrick. Quando alla sera ti chiudi alle spalle la porta di casa, ti chiami Tappert. Alzarsi tra le quattro e mezzo e le cinque. Ho dormito otto ore, ma riesco a partire solo lentamente. Nessuno mi corre dietro. Proprio per questo mi alzo così presto. Fisso la mia parrucca, una delle quattro. E’ una cosa che riservo a me, nessun truccatore può farlo bene come lo faccio io, conosco perfettamente la mia testa. Mi vesto con cura, già da Derrick, camicia bianca, abito, scarpe lucide, cravatta. Quando arrivo sul set, voglio essere già il più preparato possibile. Alle otto meno un quarto precise passa la macchina. Mi congedo da mia moglie come qualsiasi impiegato che viva un matrimonio felice …”
In uno degli episodi più riusciti, “L’inferno della mente”, che tocca lo scottante tema della pedofilia, Derrick si intrattiene a colloquio con un giornalista che lo intervista sul concetto di criminalità, sostenendo che i sentimenti ci dominano molto più di quanto riusciamo ad immaginare; l’uomo, di norma, è in grado di tenere a freno questo suo universo di sensazioni e i suoi sfoghi sono sempre sotto controllo. Tuttavia, ci sono persone che non sono capaci di esercitare questo controllo. “Alcune menti sono giardini tranquilli in cui la morale può andare a passeggio in tutta tranquillità, in altre, invece, scoppiano terribili temporali. In quest’ultimo caso possiamo parlare di un vero inferno della mente”. Il cielo non è sopra di noi e l’inferno sotto, sono entrambi nella mente degli uomini. Derrick non innalza muri tra buoni e cattivi, è un idealista deluso che conosce la natura umana e non si fa illusioni di giustizia di fronte al suo ennesimo successo contro il crimine. Riguardo al successo di “Derrick”, Lucas Delattre, esperto in fatti tedeschi, si è spinto al punto che, in un editoriale ha scritto: “Derrick ha saputo dare una nuova immagine al suo Paese”. Walter Rauhe, a sua volta, ha evidenziato che “Derrick, l’antieroe borghese e pantofolaio, ritratto fin troppo fedele del tedesco corretto e ligio al dovere nonché attore dai movimenti lenti e dal look sciatto, non rappresenta certo la figura classica di un moderno sceriffo metropolitano a caccia di gangster e delinquenti, quanto quella di un modesto impiegato di Stato che non vede l’ora di raggiungere l’età della pensione.
Eppure Horst Tappert, contrariamente a tutte le aspettative e alle micidiali critiche dei colleghi televisivi di 23 anni fa, ce l’ha fatta”. In effetti Derrick ha reso un buon servizio al suo paese d’origine, offrendo un’immagine rassicurante che di solito non si nutre nei confronti dei tedeschi. Ma Tappert non si lascia coinvolgere più di tanto da questa tesi e sostiene che né lui, né Derrick personificano il bravo tedesco, nonostante questo venga sempre addotto come motivo per il grande successo internazionale della serie. “Ma io lo ritengo un modo di pensare molto egocentrico: come se cento paesi fossero smaniosi di vedere dei bravi tedeschi sul teleschermo. E quello che devo ammettere è che dove i tedeschi durante la guerra hanno compiuto la loro opera di distruzione, la simpatia per Derrick è spesso accompagnata dalle ombre del passato. Ma questo per motivi più profondi e complessi di quanto pretenda la tesi formulata spesso secondo cui Derrick è la controimmagine del tedesco cattivo”. Gli applausi per Derrick-Tappert in Olanda, Francia e Norvegia non credo che derivino dal fatto che lo apprezzino in modo particolare perché gli spettatori siano sorpresi o rassicurati dal fatto che anche un tedesco possa essere una figura simbolo della giustizia. Mi sembra piuttosto che vogliano dire: è un essere umano che ha riguardo per la dignità umana, e casualmente viene da quella terra che ci ha procurato tanta sofferenza”. Personalmente possiamo dire di apprezzare in “Derrick”, oltre a Tappert, numerosi altri aspetti. Gli altri attori, pur poco noti in Italia (anche se ricordiamo che un giovanissimo Fritz Wepper, alias Harry Klein, aveva lavorato in Cabaret con Liza Minnelli nel 1971), risultano sempre impeccabili e molto credibili nella riproposizione di personaggi appartenenti alla cosiddetta “quotidianità”. L’ambientazione, sia nelle bellissime ville del ceto medio alto, sia nelle dimesse case dei quartieri popolari, è sempre eccellente e ricca di particolari, grazie al
fatto che le riprese sono sempre state girate in abitazioni reali e non in studio. Le trame, infine, difficilmente rappresentano un “giallo” vero e proprio, affrontando tematiche che hanno sì a che vedere con il crimine, ma spesso legate alla scottante attualità odierna e non a delitti astrusi e di dubbia realizzazione.
Fotogrammi di due episodi di Derrick
Tappert, come racconta nel suo libro, ha avuto anche una seconda vita, prima ed oltre “Derrick”, come attore di teatro, di cinema, e come uomo privato. Dalle pagine del libro emergono i ricordi dell’infanzia, a Wuppertal, l’incubo del nazismo, le persecuzioni degli ebrei (l’immagine di un suo compagno di scuola che non ha più rivisto ancora lo perseguita) la guerra con le sue terribili conseguenze, il ritorno alla vita, il debutto teatrale a Stendal, i grandi successi al Piccolo Teatro di Monaco, i due matrimoni falliti prima di incontrare, a Gottinga, quella che sarebbe rimasta la donna della sua vita. Tra le numerose esperienze personali che racconta, ce ne è piaciuta particolarmente una legata al primo dopoguerra, mentre aspettava un treno: “Nel ristorante della stazione di Braunschweig c’era insalata di aringhe. Non ne avevo più mangiata da anni e non era mai stata il mio debole. Ordinai una porzione. Per me aveva il gusto della manna e smisi solo dopo dodici porzioni. Il sapore della libertà in un’insalata di aringhe: la vita può essere davvero buffa”.Questo è Tappert/Derrick, attore di grande talento e personaggio ricco di interessi e di esperienze che vanno ben oltre il posato e calmo poliziotto conosciuto in TV.
Riccardo e Miria
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