In morte di un amico

 

Franco in una formazione del Roccasecca 1983/84 con la maglietta uguale a quella della  S.P.A.L.

 

Sono stato in forte dubbio se scrivere di Franco, sino all’ultimo momento, tanto che anche l’Eco ha scontato in termini di ritardo la mia incertezza. Ho lasciato a lungo Riccardo sospeso, un giorno si, l’altro no.

Ogni volta che ho pensato di farlo trovavo una buona scusa per non mettermi alla tastiera. Dopo un bel pezzo ho capito che non ne avevo voglia. Semplicemente. Non mi andava di scrivere di Franco. Non mi va. Lo faccio ugualmente solo perché mi sono convinto che forse questo è un modo per tenerlo vicino, qui accanto a me, ancora un po’ di più.

E poi che cosa scrivere. Per chi lo ha conosciuto, leggere quanto potrei dire su Franco potrebbe non aggiungere nulla. Era così solare e disponibile che tutti quelli che gli stavano intorno sanno benissimo come era fatto. Per chi invece non ha avuto la fortuna di averlo conosciuto queste righe potrebbero sembrare inutile retorica sulla scomparsa di un giovane uomo. Difficile. Credetemi, davvero difficile anche per chi fa della tastiera di un computer il proprio lavoro abituale.

 

Potrei provare a raccontare che sino all’ultimo non avevo capito, o meglio non volevo capire, che Franco stava così male da essere arrivato in fondo al suo cammino di dolore. Oppure potrei raccontarvi di quando Mario mi ha detto al telefono che era successo; ero a letto con la febbre alta, ho provato d’istinto ad alzarmi, quasi come per ribellarmi ad una realtà che rifiutavo e se non ci fosse stata Patrizia accanto sarei crollato a terra. O forse potrei raccontarvi millanta aneddoti della nostra vita, dei tanti giorni divisi con Franco dalla mattina alla sera, delle gioie, degli scherzi, delle risate, della notti tirate sino all’alba, anche delle ingenue tristezze dei nostri vent’anni. Potrei provare a farvi entrare nel nostro mondo di ragazzi cresciuti in una Roccasecca che non c’è più, fra poche case e tanti prati nei quali inevitabilmente spuntava un pallone dietro al quale correre. Potrei dirvi delle mille battaglie calcistiche combattute insieme, su campi di calcio di tutti i tipi, contro avversari di ogni specie e calibro.

 

 

L’ultima partita insieme, il 14 settembre 2008 al Memorial Antonio Vicini

 

 

Anche da avversari, qualche volta. Ma sempre uno accanto all’altro. Potrei spiegarvi della forza che ti dava averlo in squadra perché sapevi dentro di te, senza nemmeno doverci pensare, che con lui niente era impossibile. Non era mai finita.

“Quando conquistate il pallone passatelo a Ferdinando. E tu guarda dove sta Franco e lancialo, al resto ci pensa lui”. Era lo “schema” che Tommasino Sacco ci ricordava prima di ogni partita della nostra juniores.

Mi accorgo che se cedo alle lusinghe della mia memoria potrei andare avanti all’infinito. Però c’è un pensiero fisso che arriva ogni volta che ho in mente Franco, ci ho pensato anche per l’intera giornata del Memorial del 1° maggio che abbiamo voluto dedicare a lui alla sua maniera. Giocando e vincendo, come “Amici di Franco”, un torneo sul suo campo.

Dicevo un’idea fissa, questa : l’immagine di Franco calciatore è la perfetta sintesi di quello che lui è stato nella vita di tutti i giorni. In campo era deciso, tenace, talentuoso, potente, in una parola “forte”. E nella vita di tutti i giorni è stato esattamente così. Forte. Anzi, fortissimo.

Lo sa bene, meglio di tutti forse, Daniela. Ma lo sanno anche tutti coloro che lo hanno visto lottare sino all’ultimo contro il male. Lui assolutamente convinto di batterlo, lo diceva a tutti. Perché, proprio come sul campo, per lui non era mai finita. Stavolta non ce l’ha fatta, non gli è basta la sua forza. Però ha vinto ugualmente regalandoci l’esempio di come si può vivere in pieno l’oggi guardando al domani con l’ottimismo della volontà, pur senza avere la certezza che un domani ci sia.

Un meraviglioso esempio che serve a tutti noi. Un esempio che ci ricorda che la vita è un dono stupendo, un’opportunità unica da condividere con gli altri. Anche in questo Franco era straordinario, generoso senza limiti, sempre pronto ad aiutare chi ne aveva bisogno, sempre pronto ad impegnarsi per gli altri.

Credo che non solo Rosetta, Pietro, Catia, Daniela, Valeria, Alessia, Chiara,  possano essere orgogliose di averlo avuto. Ma tutti noi che abbiamo avuto il privilegio di averlo avuto al fianco, possiamo e dobbiamo esserlo.

Per me Franco è ancora lì, sul campo, mentre corre dietro al pallone che come al solito gli ho lanciato. E so che la metterà dentro. Come sempre. Per sempre.

Ho visto il primo maggio le sue figlie, ho guardato a lungo Daniela negli occhi. Dolore. Ma non disperazione. Ho avuto netta l’impressione che Franco è ancora lì, lo sentono più che mai presente. In ciò che fanno, in Chiara che cresce pensando alla stella del suo papà. Nel sorriso di Valeria, nel modo di camminare di Alessia. E nella dolce forza con la quale Daniela porta avanti tutto. Forte, come Franco. A loro un abbraccio, per dire che anche noi ci siamo. A Franco un grazie per quello che ci ha dato e per quello che ci ha lasciato.

 

Ferdi

 

L’ultima immagine di Franco calciatore, mentre esce dal campo il 14/09/2008. E’ venuta un po’ sfocata, pazienza, è il nostro ultimo saluto.