E' ancora vivido in me il ricordo di
quella domenica 14 settembre 2008, al Campo sportivo di
Roccasecca, nella giornata in cui è stata intitolata ad Antonio
Vicini la locale Scuola Calcio. Durante la partita celebrativa
tra le vecchie glorie del Roccasecca, a gara già iniziata da
circa mezz’ora, è entrato Franco Rossini, giunto in ritardo, ma
in tempo per realizzare 3 reti in 10 minuti ribaltando il
risultato fino ad allora sfavorevole alla sua squadra. Per la
cronaca, un altro gol lo realizzerà nella ripresa. Al suo arrivo
gli chiesi il perché del ritardo proprio in un’occasione del
genere. Mi rispose “sono accompagnatore del Roccasecca e siamo
andati in trasferta a Formia questa mattina”. Gli risposi che
avrebbe dovuto avere tutto il tempo di arrivare al campo per
l’inizio della partita, al che, guardandomi con un’espressione
quasi incredula, mi disse: “ma pranzo lo dovevo pure fare, no?
Un bel piatto di fettuccine e poi so’ venuto!”. Un doveroso
piatto di fettuccine, assolutamente propedeutico alla partita,
nella più classica tradizione dietologica dello sport
roccaseccano! Alla fine del primo tempo Franco mi chiese se
potevo fargli una fotografia in mezzo al campo, con lo sfondo
dei monti. Per l’occasione ero in veste di fotoreporter oltre
che direttore dell’Eco e non mi feci pregare. La foto la vedete
a fianco, è la stessa che fu già pubblicata nell’edizione di
Settembre. Mai avrei pensato che sarebbe stata l’ultimo ricordo
dell’amico Franco. Tornato a Roma gliela spedii via e-mail
aggiungendo una didascalia che diceva: Franco Rossini,
professione bomber. Un piatto di fettuccine = 4 gol!
Implacabile.
Non ottenni
risposta e debbo ammettere che là per là rimasi pure deluso.
Dopo 15 giorni mi mandò un e-mail dove era scritto solo “OK
GRAZIE”. E’ l’ultima volta che l’ho contattato, prima delle
brutte notizie per me totalmente inaspettate. Non eravamo amici
nel senso totale del termine, ci frequentavamo quando venivo a
Roccasecca, con i soliti sfottò su Inter e Milan, fatti sempre
con grande ironia e senso dell’umorismo. Curiosamente ci
chiamavamo entrambi “bomber”. Io lo apostrofavo “bomber” per
l’ovvio motivo riferito alla sua lunga carriera che lo ha
portato a segnare valanghe di gol in tutte le serie, con una
costanza che gli avrebbe fatto meritare competizioni di ben
altro livello; lui mi contraccambiava “bomber” riferendosi a
quel periodo negli anni ’70 in cui io mi recavo a Roccasecca
quasi tutti i fine settimana, prendendo il treno con nonno Luigi
verso le 14 da Roma. Sceso alla Stazione di Roccasecca, correvo
subito dietro al “Palazzone”, ancora con i libri di scuola sotto
braccio e prima ancora di passare per casa, per giocare a
pallone con i soliti noti: Franco, per l’appunto, Ferdinando,
Benedetto, Franco Nardi, Piero, Claudio, Fabrizio e tutti gli
altri. Giocavamo entrambi all’attacco, e facevamo una bella
coppia, con classe infinitamente diversa naturalmente, e per i
gol segnati all’epoca lui ancora mi chiamava “bomber”. Quell’
email che gli mandai a settembre la intitolai “Ciao, bomber”.
Non avrei mai pensato che sarebbe stata il suo epitaffio. Ciao
Franco.
Il Direttore