Concerti

 

Fabrizio De Andrè

al Palaeur (1997)

 

Dalla nostra inviata Paola Gobbetti

 

E’ stato quasi sempre fermo, seduto su una seggiola, a volte con le mani vo1teggianti sulle corde della chitarra, altre con la sola voce a fare da protagonista. La poesia porta lontano senza bisogno dello spostamento fisico, senza usare il movimento. E' la poesia stessa che crea il movimento, che produce lo spaziare dell'animo. E la poesia in "musica" è una doppia arte che percorre tutte le fibre dell'essere umano, che anima le sensazioni e scuote le emozioni, Quando poi la musica tratta temi reali, personaggi concreti, vicende e miserie di ogni giorno, in maniera poetica, allora tocca la sublimità. Fabrizio De Andrè è riuscito a realizzare tutto questo nel suo concerto al Palaeur in Roma.

 

Lo conosciamo, sappiamo che è cosi, eppure ogni volta ci stupiamo come bambini, non per il senso d'incredulità ma per la cosciente meraviglia che proviamo. E' come quando ammiriamo un quadro, una scultura, oppure un tramonto, una cascata: Siamo presi, gradevolmente investiti da ammirazione spontanea e intensamente compiaciuta. Fabrizio ci ha regalato dei testi che colgono il pulsare di questa esistenza: siamo di fronte a uomini e donne con le loro vicende, i loro drammi, ma sopratutto con la loro vita alla quale De Andrè non assiste da neutro spettatore, ma partecipa con profondo coinvolgimento.

 

E le parole sono state avvolte da sonorità particolari, ricche di echi orientaleggianti, espresse con grande maestria da un folto gruppo di musicisti tra i quali, eclettico, Cristiano De Andrè. Trattare con abilità le note musicali è una virtù comune a tutta la famiglia: ne ha dato prova anche Luvi De Andrè, bella voce solista che, insieme al coro, ha dato vigore al concerto. Due figure umane coperte da calzamaglia bianca, un uomo e una donna, si sono esibite di tanto in tanto, volteggiando sul palcoscenico, accompagnate dal suono di qualche strumento nascosto nell'ombra. Immagini veramente suggestive e ricche di pathos. E tutti quelli che erano venuti per ascoltare, per partecipare, per salire metaforicamente sul palco ed unirsi alle voci, ai suoni, alle danze non hanno risparmiato la loro ammirazione, il loro entusiasmo. Migliaia di piccole fiaccole sono state accese e fatte oscillare lentamente nell'aria. A lungo.

Che dire ancora?

 

 

Se fosse possibile far uscire la melodia dalla carta, rimarrebbe soltanto da trascrivere qui di seguito un componimento del "maestro" per dare una fine apprezzabile ad un misero scritto.

 

Queste le canzoni eseguite: Princesa, Khorakhanè, Anime salve, Dolcenera, Le acciughe fanno il pallone, Disamistade, A’ cumba, Ho visto Nina volare, Smisurata preghiera, Creuza de ma, Jamin-A, Sinan capudan pascià, Sidun Megu Megun, Nel bene nel male, Notti di Genova, Natale occidentale, Cose che dimentico, La guerra di Piero, Amico fragile, Don Raffè, Hotel Supramonte, Bocca di Rosa, Andrea, La canzone di Marinella, Fiume sand Creek, Via del Campo e Il pescatore.

 

Per L’Eco di Roccasecca, Paola Gobbetti