Memorie e ricordi di Caprile
(Prima puntata)
di Roberto Matassa
Cerco di cominciare le descrizioni con serenità e
flessibilità e dico così perché ho una maniera tutta mia
per il coinvolgimento in questa cosa.
Caprile (foto R.
Matassa)
CAPRILE
Non
importa da come uno lo vede da sopra Monte Asprano o da
sotto la campagna, ha il dono fisicamente di un paese
isolato che si distingue fra gli altri. Era esattamente
lo stesso da quando io lo ricordo tornando indietro nei
primi anni della mia vita, e ora ne ho ottanta.
Quello che e’ visualmente cambiato e’ l’abbandono della
cultura degli oliveti che allora erano tutti come una
mappa in cui si poteva distinguere fra una proprietà e
un’altra. Poi si capisce le successive generazioni, la
frugalità della vita e come bisognava sopravvivere …
Io
mi ricordo che la strada per Roccasecca non era
asfaltata e ci passava qualche carrozzella di tanto in
tanto; solo il mercoledì ne passavano tante, perché era
giorno di mercato. A Caprile mi sembra ce n’era una sola
del proprietario .... “bacchitto”, che ne aveva una
molto semplice, come carro funebre, ma la teneva in
cantina.
Un
dottore che aveva cura dei paesani e che tutti stimavano
era infallibile con le sue diagnosi, senza la tecnologia
di oggi, ma era anche generoso e solo chi poteva pagava;
a mia madre non chiedeva l’onorario perché noi eravamo
poveri e perché mio padre stava in Abissinia. Qualcuno
lo definiva il bonaccione perché beveva un poco.
I
ricordi brutti avevano tutti a che vedere con la fontana
giù sulla strada; di acqua ce n’era sempre meno e tante
volte c’era la fila, un lento via vai con le cosiddette
“cannate” tutte uguali di terracotta. Allora se ne
rompevano tante ed erano le cose più vendute al mercato
del mercoledì, ma la grazia in cui le donne le portavano
lentamente in testa .... ora cose dell’India ... e
nessuna donna poteva fare la casalinga senza l’abilita
di portarle.
L’uomo stranamente era escluso da questo lavoro. C’era
il dopolavoro, una istituzione promossa dal regime di
allora, ma curiosamente chi lavorava ..... non era giù
alla strada, ma sostava sotto il palazzo BRUNO. Non era
un raduno pacifico ma uno sbuffare di parole poco
piacevoli perché giocavano a carte. Io avevo sempre poco
rispetto per quel comportamento, conseguentemente non ho
mai imparato a giocare a carte, e neanche mio padre.
Purtroppo le donne non avevano tanti privilegi. Qualcuno
aveva l’asinello con i barili e mi sembra che ce ne
fossero soltanto due a Caprile.
Si
sussurrava “Faccetta nera” e “Giovinezza” a tutta forza.
A Caprile vicino alla fontana era stato applicato il
manifesto con il profilo de DUCE ed il trionfo della
missione di Spagna, dove c’era anche il nostro
compaesano D.A. purtroppo anche lui morto tra la gente
di Caprile.
C’era anche tanta dolcezza tra quelli con un poco di
sentimenti. Tra le canzoni dell’epoca una mia cara
cugina cantava cosi dolcemente CAMILITO MIO un tango
argentino.
Io
non capisco come queste belle canzoni trionfavano perché
a Caprile di radio ce n’era solo qualcuna e solo tra i
privilegiati, ma col suono sempre rauco. Mi ricordo bene
che all’una un gruppetto di uomini si raggruppava sotto
la casa di mio zio e chiedevano di sentire il GIORNALE
RADIO con le notizie del giorno.
VIA
BALIVA era il mio vicolo; prima di salire il portico
c’era la sacrestia con la congrega in cui si radunavano
i cosiddetti FRATELLI e anche le SORELLE per stabilire
le processioni.
Il
prete di allora era Don Peppuccio; si gradiva tanto
ascoltarlo in quanto non solo la sua figura ma anche le
sue azioni erano di buon esempio. Ricordo che quando
veniva il suo onomastico ci offriva biscotti e vermouth.
Il
sacrestano non era molto educato P.... tante volte gli
gridava ... “scostumato”...
La
figura più classica di Caprile era il pittore CEESTINO
TANZILLI che spiccava fra tutti come figura con la barba
e la pippa ... con un cappello classico e la mantellina.
Aveva lo studio all’inizio di via Baliva, con la porta
sempre aperta e chiunque voleva curiosare era benvenuto
e io ne avevo tanta voglia. Una volta una donna di
Roccasecca gli aveva dato il compito di farle il
ritratto preso dalla sua foto, ed io ascoltavo i suoi
commenti .... “MI HA RACCOMANDATO DI ABBELLIRLA UN POCO,
MA COME POSSO FARE? VEDI QUANTO E’ BRUTTA! HA ANCHE I
BAFFI......”
Inoltre c’era un’altra donna che si lamentava sempre
perché le galline MALEDETTE scorazzavano sempre vicino
alla sua porta, poi incominciava a maledire le mosche e
via di seguito. Quello che ci stava più a cuore era il
cosiddetto sorvegliando RUSSO che ci voleva tanto bene e
aveva tanta pazienza. E’ lui che donò la campana al
campo santo di Roccasecca a condizione che venisse
seppellito lì sotto come poi e’ stato fatto.
C’era tanta buona gente qua e là fra quei vicoletti,
tutte le casette occupate, il sarto giù alla strada dove
i nostri genitori ci mandavano per imparare il mestiere.
Quelle due belle sorelle Emilia e Giuseppina che poi
morirono (e più in là ne parlerò), ma c’era anche il
maestro GI. .... che io non dimenticherò mai perché era
veramente un bruto, e ognuno di quella classe aveva
paura . Le bacchettate che ci dava sulle mani erano di
una intensità incredibile, ci metteva tutta la sua forza
e mia madre, mia zia e mia nonna ne soffrivano. E
perché? Per non avere l’abilita’ di assorbire la
storia a modo suo, vale a dire per esempio la storia di
Garibaldi in una specie di ritornello. Si poteva
cantare, ma non si capiva una cipolla del contenuto!
Pochi anni fa passavo in rivista i ritratti nel cimitero
quando ho detto a mia moglie seccamente .... ECCOLO LA’
BRUTO.
Quando ho avuto l’onore di visitare la tomba di
Garibaldi a Caprera mi sono ricordato di quel maestro e
guardando la maestosità di quella tomba ho detto a mente
mia “che dolore”.
C’era tanta gente buona a Caprile come la maestra che
subentrò, una napoletana simpaticona che ci rispettava
anche quando andavamo male e con mio fratello ci metteva
giù in cantina perché ripassassimo le lezioni; ma
nessuno crederebbe che ci portava il pranzo sotto la
cantina e come era buono. Suo marito E.M. era esperto di
orologi e aveva sempre cura dell’orologio della chiesa,
ma era un conoscitore anche dell’organo della chiesa ed
era l’unica volta che Caprile ne beneficiava. Col suo
suonare la MESSA CANTATA era una poesia e mi ricordo che
una volta ci ha inserito un soffietto della TRAVIATA e
nessuno se ne è accorto; era così appropriato che quel
motivo l’ho sempre nella mia memoria.
Roberto Matassa