Andando
al Cinema
Valzer con Bashir
REGIA:
Ari Folman
DISTRIBUZIONE: Lucky Red
Toccante, coinvolgente,
emozionante questo film d’animazione di Ari Folman, che
attraverso una dolorosa ricerca della memoria perduta, narra
la drammatica vicenda di Sabra e Shatila. Agosto 1982 il
Libano è dilaniato da una guerra civile che vede
contrapposti in un nefasto triangolo della morte i cristiano
maroniti, le falangi appoggiate dai siriani e gruppi di
palestinesi dell’OLP. Quando questi ultimi cominciano a
sparare razzi sulle città del nord d’Israele, entra in scena
anche l’esercito di Tel Aviv. L’ONU cerca una faticosa
mediazione che sembra ottenere qualche risultato, ma a poche
settimane dalle elezioni presidenziali, il candidato dei
maroniti, Gemayel, viene ucciso in un attentato. La reazione
è bestiale. Tra il 16 e il 18 settembre le milizie cristiane
circondano i campi profughi palestinese di Sabra e Shatila.
Per tre giorni si sentono spari ed esplosioni, sotto gli
occhi delle truppe israeliane che non muovono un dito, alla
fine il bilancio sarà raccapricciante più di 3000 vittime,
per la maggior parte donne e bambini. Un genocidio che in
proporzione ricorda i massacri perpetrati nella ex
Jugoslavia o in Rwanda, un buco nero (l’ennesimo) nella
storia dell’umanità.
Quella tragedia rivive
oggi nella scioccante pellicola del regista israeliano,
soldato dell’esercito israeliano ai tempi di Sabra e Shatila.
L’animazione, con i suoi tempi d’azione rallentati, rende
ancora più insinuante la poetica della morte e della
distruzione, creando un’atmosfera cupa. Walzer con Bashir
nasce come un documentario, infatti la narrazione è
articolata su nove interviste, fatte a commilitoni di Folman
e a giornalisti, solo successivamente il regista ha
individuato nell’animazione lo stile per raccontare
cinematograficamente la vicenda. Si tratta di un vero e
proprio psicodramma, una faticosa ricostruzione della
memoria di quei giorni tragici: il protagonista vi ha
partecipato, ma ne ha smarrito le coordinate. Una vera e
propria amnesia dissociativa. A smuovere la memoria è
l’incontro con un suo ex compagno d’arme. Ari non sa
spiegarsi perché non ricorda quei tre maledetti giorni, ha
paura di aver commesso lui stesso crimini inenarrabili.
Coraggiosamente si mette alla ricerca della verità, che un
giorno si rivela improvvisa come lo scoppio di un petardo
nel cervello. Cinema di qualità quello proposto da Folman,
qui declinato anche come percorso terapeutico. Molto
indovinata la colonna sonora, che ripercorre la strada
scelta da Coppola per Apocalypse Now: rock e musica
classica, per sottolineare le scene più drammatiche. Rimane
impressa la sequenza nella quale si vedono dei soldati
israeliani a bordo di una nave che li sta conducendo verso
le coste libanesi. A bordo si respira un clima di festa, gli
uomini ballano al suono di Enola Gay, brano molto in voga in
quelli anni. Ma Enola Gay oltre che il titolo di una canzone
era anche il nome con cui era stata battezzata la prima
bomba atomica. Quella sganciata su Hiroshima il 4 agosto del
1945. Ogni riferimento appare voluto. A chiudere la
pellicola arriva il colpo più devastante della narrazione.
L’animazione lascia il posto ad immagini di repertorio.
L’assedio intorno a Sabra e Shatila è stato tolto, un gruppo
di donne corre verso i giornalisti, in primo piano una donna
anziana, urla disperata, indica le macerie e i cadaveri
intorno a se. Non ci sono sottotitoli, perché il dolore è un
linguaggio universale compreso da tutti. Stacco, schermo
nero, ma la parola fine non trova posto, come dimostra la
cronaca di questi giorni. L’uomo non riesce a fare a meno di
infliggere sofferenza ai propri simili.
Gianni Sarro