Coppi ed Ancona,
una storia d’altri tempi
ANCONA – A casa Pugnaloni ad Ancona la mattina del 2
gennaio del 1960, esattamente 50 anni fa, arriva una
telefonata da Novi Ligure. E’ Giulia Occhini, la famosa Dama
Bianca compagna di Coppi : “Fausto è morto”. Ubaldo
Pugnaloni non ci pensa su due volte, sale sulla sua Seicento
e via : “Una notizia terribile. Partii subito, non c’era ancora
l’autostrada dovetti attraversare tutta Bologna, fu un
viaggio interminabile con tempo brutto e nebbia. Arrivai
all’una di notte e trovai Fausto nella bara. Non dimenticherò
mai la sua immagine, lo ricordo ancora come se lo avessi
davanti. Aveva i capelli dritti, non so perché”.
Ubaldo Pugnaloni, autentica gloria ciclistica anconetana,
porta splendidamente i suoi 85 anni compiuti il giorno di Natale. Nella sua casa in zona
Passetto parlando con lui e con la moglie Luisa si respira in presa diretta l’aria dell’epoca
d’oro delle due ruote.
L’epopea di Fausto Coppi si è intrecciata a
lungo con la vita di Ubaldo e di sua moglie.
I due ciclisti si erano conosciuti alla fine del
1945 quando entrambi firmarono per la
Bianchi. La guerra era appena finita, per la
gente che cercava faticosamente di
ricostruire la propria vita il ciclismo era più
che uno sport. Era il segno della speranza,
era guardare al futuro con fiducia, era la
passione che vinceva sugli anni dell’orrore,
la metafora della rinascita. Pugnaloni che
aveva vinto il titolo di Campione d’Italia a
Firenze proprio il 25 luglio 1943, giorno
della caduta del fascismo, diventò gregario
di Coppi per scelta: “Mi voleva Bartali, ma
al Giro di Lombardia sul Ghisallo mi
ingannò dicendomi che andava avanti per
sostituire una ruota e invece partì in fuga. Perciò decisi di accettare l’offerta della Bianchi.
Andai a Milano e firmai per un ingaggio da 260 mila lire, proprio insieme a Fausto Coppi”.
Fra Ubaldo e Coppi si crea subito un’intesa naturale, tanto che il Campionissimo lo invita ad
allenarsi con lui in Liguria.
“Stetti due settimane a Sestri a casa sua. Tutti i giorni uscivamo insieme in bicicletta, fu un
inferno. Tenere il suo passo era durissima per me tanto che arrivai a pensare di farmi
richiamare da casa mia con un telegramma”. Coppi è spesso ad Ancona da Pugnaloni; i due
condividono gli allenamenti, le corse ma anche la vita quotidiana.
“Lo portavo in giro per Ancona con orgoglio.
Prendevamo il caffè da Moldavia dove la
signora Maria ci serviva personalmente,
oppure alla Tazza d’Oro in corso Garibaldi.
Spesso andavamo nel negozio di cioccolato
di Mario Silvestrelli, calciatore
dell’Anconitana che aveva giocato anche in
Liguria e che era diventato amico di Coppi
avendo lo stesso massaggiatore. C’erano
sempre tanti tifosi che si riunivano intorno a
noi”.
Poi nella vita del grande campione entra
Giulia Occhini, quella che sarebbe diventata
per tutti la Dama Bianca e che avrebbe dato
vita ad uno delle vicende scandalistiche più
clamorose del dopoguerra. Giulia era di
origini napoletane ma aveva vissuto ad
Ancona presso una zia, in via Urbino, al Piano. A Fano aveva incontrato il dottor Enrico
Locatelli che sarebbe diventato suo marito, acceso tifoso coppiano.
Quando la storia d’amore fra lei e Coppi divenne pubblica, ancora una volta di mezzo c’è
Ubaldo Pugnaloni. “Lei e Fausto andarono a vedere insieme una tappa del Tour che
sconfinava in Italia ma furono scoperti e il giorno dopo c’erano le loro foto su tutti i giornali.
Giulia, per giustificarsi, disse al marito che l’avevo accompagnata io e il dottor Locatelli volle
incontrarmi. Vennero insieme ad Ancona
presso la mia autoscuola, lui si comportò
da vero signore ringraziandomi. Però lo
scandalo esplose ugualmente”.
All’epoca l’adulterio era un reato e Giulia
Occhini fu condannata dal tribunale di
Alessandria finendo prima in carcere e
poi al domicilio coatto, oggi si direbbe
agli arresti domiciliari. Ebbene, Giulia e
Fausto scelsero proprio casa Pugnaloni
ad Ancona come loro residenza
obbligata. Era il settembre del 1954.
“Li ospitammo a casa nostra, allora
vivevamo in via Trieste 35. Non furono
giorni facili, quando mia moglie Luisa e
Giulia uscivano per Ancona spesso la gente non aveva espressioni dolci per la compagna di
Fausto. Arrivavano anche telefonate poco gradevoli nei nostri confronti, rei di ospitare degli
adulteri”. In casa, Coppi era un ospite discreto e riservato mentre Giulia era più esuberante.
“Ogni giorno lui mi raggiungeva negli uffici della nostra autoscuola e poi uscivamo per i
nostri giri in città. Fausto divenne cliente di Quinto
Boggi, il barbiere di via Rismondo”.
Anche andare al cinema con Coppi poteva diventare
un’avventura: “Una sera io e Fausto andammo a vedere
un film al Rex, in corso Stamira dove adesso c’è la
banca. All’uscita trovammo la serratura della mia auto
bloccata con dei fiammiferi. Dovemmo chiedere aiuto
per tornare a casa”. Insomma non era facile vivere
avendo in casa i due protagonisti dello scandalo che
faceva parlare tutta Italia. In seguito Coppi e la sua
compagna si trasferirono all’hotel La Fonte a Portonovo
e poi all’albergo D’Amico a Loreto.
“Per noi fu un sollievo – ammette Pugnaloni – non che
non avessimo piacere di ospitare Fausto Coppi ma la
pressione della gente e della stampa era diventata
insostenibile”.
Il Campionissimo è morto il 2 gennaio di cinquant’ anni
fa per un’infezione malarica non curata, tragico epilogo
di una vita che resta un romanzo.
Anche Ancona ne è stata teatro.
Ferdinando Vicini
Anno 15, n. 73
Febbraio 2010