Memorie e ricordi
di Caprile . . . e oltre
(Quarta puntata)
di Roberto Matassa
(foto dell’autore eccetto ove indicato)
C'e' sempre il sole dopo la tempesta,si dice... dopo sei mesi di stenti paurose esperienze avevo
quasi dimenticato che c'e' vita dopo tutto. E Napoli significa vita io ce l'avevo nel sangue per averci
vissuto i miei primi anni da ragazzo.
Quando uscii il primo giorno del mio ritorno ero avido di vedere cosa era cambiato giù in città dopo
sei mesi di assenza. Per abitudine io sono sempre stato mattiniero per apprezzare ciò che si muove
e come comincia la mia giornata, così scesi giù verso il Museo Nazionale ed ecco come al solito
quella musica che piano piano diventava più allettante: era quella carrozzella a due ruote che con il
piano e una manuella suonava la canzone del giorno; veniva sempre dalla direzione di Port'Alba.
Tanto per dipingere il quadro, per descrivere Napoli e' come abbinare una dopo l'altra tutte le
canzoni classiche e amorose e che ti creano tutta l'atmosfera magica che ti circonda durante il
cammino per quei vicoli.
Scendendo più giù di Piazza Dante cominciai a vedere cose insolite per Via Roma, come gruppetti
di militari, nuove facce che non avevo mai visto e per di più, essendo Giugno, tanti marinai
Americani vestiti di bianco rilasciati e confidenti che scorazzavano qua e là, seduti sul pavimento
fuori dai bar e con le gambe allungate sull'altra sedia. Apriti cielo! Per la prima volta vedevo
qualcuno con la faccia tanto nera. Addirittura delle belle soldatesse con una uniforme attillata mi
dissero che erano dell'aviazione Americana e che sugli aerei erano radiotelegrafiste, mantenevano
la rotta e che per fare quel mestiere dovevano tenerla veramente ... rotta?? (scusate la
battutaccia, ma cosi si diceva a Napoli)....
A piazza Plebiscito gli americani stavano alzando un'impalcatura e incuriosito proseguii dopo il
palazzo Reale e rimasi scioccato da quel che vidi .... Il golfo di Napoli strapieno di navi da guerra
di tutti i tipi fra portaerei, incrociatori e tante ma tante altre ancorate tutte a largo e una marea di
battelli che trasbordavano i marinai ai moli predisposti, Dio che spettacolo! C'era rimasto solo il
Molo Beverello per qualche transatlantico Italiano che regolarmente partiva per New York o per
Halifax o per l’Australia con emigranti e tanti profughi che si erano accumulati nei campi di Caserta.
ACCIPICCHIA PER QUELLO CHE DICEVA IL DUCE DA PALAZZO VENEZIA???? ( Otto milioni di
baionette … e MARE NOSTRUM ...) Fra marinai e truppe e quant'altro solo a Napoli ce n'erano
mezzo milione a dir poco! Proprio lì alla fine dei giardinetti c'era la classica statua di Giulio Cesare
che guardava tutta la scena come che dicesse: ARRANGIATEVI PAISA' …
Per me la cosa più scioccante e' stata vedere il Vesuvio senza il classico pennacchio di fumo bianco
come io era abituato a vederlo da Posillipo.
Quella era la classica ......CARTULINA E NAPULE. Fatto sta che durante la mia assenza il Vesuvio
aveva fatto l'ultima eruzione. Che vuoto! Credetemi, sembrava che il quadro non fosse più
completo.
Ritornando indietro ancora a Piazza Plebiscito, quell’impalcatura era stata completata e sul palco
suonava la Banda dei Marines. E che musica ... strana ma bella, vivace, i musicisti veramente
professionali, nelle loro impeccabili uniformi militari. E per la prima volta vedevo che di fronte alle
trombe ondulavano un cappello metallico che modulava il suono. Quello che mi rattristò di più fu
che c'erano pochissimi spettatori. Insomma, quelli cercavano di rallegrare il pubblico che non c'era.
Ravello, costiera amalfitana
A casa c'era più serenità, si incominciava a vivacchiare, anche se c'erano ancora le tessere per il
pane ed altri viveri che ancora scarseggiavano. Mio padre si presentava a casa con la polvere di
piselli, ci facevamo le scorze? Tuttavia con un poco di pasta dentro la zuppa era più che accettabile,
poi addirittura la polvere di uovo... frittate a tutta forza e poi con i barattoli che gli inglesi
chiamavano porridge con zucchero e vainilla piuttosto liquida.
Maschio Angioino
Devo dire che avevano preso mio padre come interprete, mia madre se la rideva e diceva che gli
ricordava la “nflilla” ( dialettica caprilotta ) e ce la faceva uscire dalle orecchie nei tempi di
miseria....
Che stranezze succedevano...
Proprio all'incrocio fra il Museo e Via Salvator Rosa e via Santa Teresa c'era una pedana all'incrocio
per disciplinare il traffico, e sopra ad essa era piazzato un pezzo d'uomo americano in una
splendida uniforme con l'elmetto e il solito manganello.
Passavo lì con mio padre, che rideva tanto perché quell'americano bestemmiava nella sua lingua
“GOO GOO TO HELL” ( vai vai vai al diavolo) rivolto ad un tipo che sul marciapiede di fronte se lo
mangiava con lo sguardo perché sembrava essersi veramente invaghito di lui.
Quello era un “ricchione” e non aveva mai visto tanta mascolinità, mio padre diceva che lo
tormentava tutte le volte che era di servizio. Avrebbe dovuto farsi una visita proprio dentro al
Museo per appezzare la statua gigante di Giove, con tutti i suoi pregi di mascolinità … così avrebbe
potuto lasciare tranquillo quell'americano!
Una mattina proprio ai margini della salita di Santa Teresa c'era una certa animosità perché alcuni
soldati inglesi stavano prendendo a frustate dei carrettieri.
Napoli, Palazzo reale
Questi carri arrivavano a prima mattina dalle campagne, strapieni di verdura e frutta e proprio
lassù c'era il maggiore sforzo dei poveri cavalli per sormontare quel selciato e i carrozzieri li
spronavano con frustate con tanta ferocia.
Tante volte io mi son chiesto perché per tanti anni quella consuetudine non fosse stata mai
contrastata; quelli che ne vogliono sapere di più dovrebbero assaggiare lo schiocco di una frustata
per capire che può essere una ferita? Poveri cavalli per tanti anni, e questo succedeva in ogni salita
per il Vomero.
Al lato dei quartieri adiacenti a Via Roma c'era sempre un via vai di soldati in cerca di comfort.
I ragazzi facevano da guida per arrivare a quei posti chiamati casini... che non erano ancora stati
neanche menzionati dalla futura legge Merlin che avrebbe fatto chiudere questi CASINI,
praticamente una vergogna a cielo aperto.
Quanti ma quanti dollari circolavano?
I shoe shine ( RAGAZZI CHE PULIVANO LE SCARPE ) facevano affari d'oro. Ne vedevo tanti proprio
sotto al porticato della Galleria Umberto con quei catafalchi che mi sembravano le segge (sedie)
gestatorie; ci si sedevano sopra come per riposarsi e lucidavano le scarpe a tutta forza.
Per lo meno era un mestiere onorevole! Tipo mondo New Yorkese.
Gli americani conoscevano bene Napoli, considerata una città sempre all'avanguardia per la musica
e per tutta la sua storia. A Napoli si decantava ... “stiamo vivendo in America”!
Fatto sta che gli americani conoscevano tanto degli italiani e delle abitudini mediterranee. Non
erano forze di occupazione ma soprattutto di liberazione. Dico questo anche degli inglesi che dopo
tutto amavano il nostro paese e sapevano tanto della grande civiltà Romana che tanti secoli prima
era giunta fino alle Isole Britanniche.
A come li vedevamo ad un primo impatto non erano certo da far paura, anzi li consideravamo più
che amici. Ecco per esempio che un giorno a Santa Teresa ci chiesero se volevamo liberarci dai
pidocchi e altri insetti e ci pompavano nei pantaloni e sotto le mutande della polvere poi conosciuta
come D. D. T.
In seguito seppi che ciò era accaduto anche a Roccasecca, anche se venti anni dopo si diceva che il
D.D.T. aveva degli effetti nocivi! Macché, chiacchiere, almeno secondo me, fu liberata l’Italia da
quella peste e infestazioni .... cosi parlando di liberazione dopo tutto ci liberarono perfino dalle
mosche!!!
Non passò tanto tempo che in quelle strade al centro di Napoli passavano tanti cortei, tutti a scopo
politico perché si doveva ricreare un nuovo governo. Avevo certi timori quando passavano cortei
minacciosi gridando “bandiera rossa trionferà” . Era il 1945.
Poi tutto il resto si saprà.
Da Winchester, Inghilterra, per l’Eco di Roccasecca,
Roberto Matassa