Chiamato in causa dall'amico Rocco Tanzilli, immediatamente Roberto Matassa, da  quel di Winchester, Inghilterra, è intervenuto con un suo contributo che ben si  amalgama con lo scritto in oggetto per rendere completa la figura di Celestino  Tanzilli. CELESTINO Ritorno a parlarvi della carismatica figura di Celestino Tanzilli dai miei ricordi di  Caprile Via Baliva (vedi l'Eco numero 71).  Sono passati tanti anni dacché io lo porto sempre nei miei ricordi della mia  primissima gioventù.   Ero piccolo d'età ma intrigante e ficcanaso, vedevo tutto, e già mi affascinavano quei  miei paesani Richetta, Arsilia, Mariuccia, Luigina e Tommasina, sempre con mia  madre Menecuccia, e via di seguito, espressioni e umori di quei giorni.  Celestino passava per quei vicoletti e con quella mantellina, sembrava che stesse  navigando sulle onde, due passi su e uno dondolando.   Come ho detto nella puntata pubblicata sul numero 71, io lo frequentavo da curioso  in quello studio a Via Baliva, non capivo niente di pittura e arte, ma quella figura con  quella "pippa" e quel cappello me lo ricordo così.   Dipingeva solo con il pennello con due dita, le altre gli erano state mozzate perché  tempo prima credo che un pe-tardo gli fosse scoppiato nella mano destra.  Confermo che aveva una Moto Guzzi senza freni e andava a finire sempre fra le  spine al cosiddetto GIRONE e quando tornava vicino alla fontana, bello moscio e  sconfitto, sembrava Gesù' Cristo con la faccia graffiata.   Era così persistente e ci faceva la prova un'altra volta. Devo dirvi appunto che quella  curva e' una rarità, ho visto che ci sono tredici segni stradali e quando ci arrivi con  l'auto devi fermarti e studiarli tutti come si entrassi a Milano!  Un'altro episodio.   Celestino una volta tornava in compagnia da Roccasecca e proprio dopo il Castello  lo stavano istigando; eravamo tre o quattro persone e loro avevano bevuto in una  cantina di fortuna, allora siccome lui si era separato dalla moglie (mi ricordo una  signora simpatica) ed era andato a vivere a Via Mancini con la cosiddetta modella (e  che modella! la chiamavano LA PITTORA ...).   Dicevo, lo stavano istigando e gli dicevano "e vai a farti la comunione" e poi "vai a  pentirti in chiesa" e ancora "vatti a fare perdonare" e così via. Lui con quella  mantellina si inginocchiò. sulla strada guardando al cielo e disse "e chi cazze me  perdona?"  La mia famiglia si trasferì a Posillipo (Napoli) e a Caprile ci si tornava saltua-  riamente.   Celestino più che mai era sempre presente, gironzolava per il vicolo, e sapevo che  lui e il notaio Giuseppe Tempesta erano grandi compagni nel vicinato. Le persone  più care per me erano quella famiglia Tempesta, con Carlo il figlio unico che aveva  la mia stessa età, un amicone, e la Signora Erminia che mi sembrava una seconda  mamma. Mi sembrava un'abitazione ideale nel paese perché era l'unica con un  giardino a est e un'altro a ovest, tagliava Caprile in due. In quella casa una sera  stavamo trascorrendo momenti di allegria in una stanza grande era anche cucina  con un grande focolaio e proprio di fronte c'era la radio; eravamo tutti come  spettatori e Celestino stava "dirigendo" un programma di musica sinfonica, dico  come conduttore, e veramente non si rideva ancora, lui appariva molto serio; ad un  certo punto trasmisero La Gazza Ladra di Rossini e lui cosi impegnato a dirigere… a  un certo punto piegò la mano destra, chiuse il pugno della mano e con uno scatto  prese la mano sinistra e disse: "mo teeee..." rivolta verso noi spettatori. Potete  immaginare quante risate!   Per me ci  fu un distacco dal paese fino all'ottobre del 1943 quando quella volta ci  rimasi intrappolato fino al giugno 1944.   Mesi d'inferno e morte.(vedi sull'Eco "le mie memorie di Caprile terza puntata"), poi  nel 1954 addirittura lasciai l'Italia per Bedford, in Inghilterra e poi ancora nel 1960  lasciai l'Inghilterra per la Scozia. 45 anni fa mi ricordo bene che comprai  una 35 mm  Exacta Varex Reflex, mi sembrava una meraviglia della meccanica in miniatura, così  cominciai a coinvolgermi con la fotografia ma solo da amatore. Tornai per una  vacanza in Italia, a Caprile si capisce.   Eccolo lì, Celestino, bello e contento seduto con un tavolinetto accanto in Via  Mancini, sempre uguale, la classica faccia. Gli chiesi di farsi fotografare, poi gli  chiesi di togliersi quel cappello, poi dovetti dirgli "per piacere rimettiti il cappello"  perché non era lo stesso, quello era il ritratto completo; sembra che questi caratteri  ci siano nati col cappello in testa e lo indossano per tutta la vita. Chissà se se lo  tolgono di notte? (vedi foto)   Purtroppo era una pellicola di vecchia data PERUTZ perciò un poco deteriorata. Ma  per me una meraviglia perché avevo l'immagine di Celestino, avevo catturato la sua  personalità.  Qui c'e una inflazione di Tanzilli perché a Caprile ce n'è una marea, mia nonna  Giustina si vantava di essere di un Tanzilli RANGO PIU' ELEVATO e io dicevo  "Come mai? Il tuo cognome e' Capezzone!". Ludovico chiamato Popone era suo  fratello ed era il sacrestano della chiesa e mi ricordo pure che Don Peppuccio il  prete lo chiamava scostumato. Fatto sta' che erano stati fatti di contrabbando tutti e  due. Si diceva che la notte uscivano gli spiriti nel paese. Le donne era tutte  immacolate. Ora veniamo a un'altro Tanzilli... questa volta più selettivo, ossia R O C C O, anche  lui pittore, della mia età. Io non ne sapevo tanto vivendo all'estero, in un secondo  tempo seppi di chi si trattava, di quello che ha una bella villa ai confini del paese.  Certo e' che lui viveva in sordina. Poi quando ebbi l'occasione di conoscerlo vidi in  diretta una selezione dei suoi dipinti.   Gli dissi "Le glorie al cimitero non valgono un cacchio!" Io appartengo a un'altra  categoria, posso parlare di tecniche fotografiche e quant'altro ,ma certo non sono  uno Sgarbi, piuttosto un Benigni col mio comportamento. Ora credo che lui come  pittore abbia tanti meriti. Io mi son trovato ad ammirare i murali di Diego Rivera al  Palacio National di Citta' Del Messico e ho notato una similarità' descrittiva dei  soggetti della rivoluzione messicana e personaggi  come Emiliano Zapata e altri, e  in una maniera limitata ROCCO ha le sue virtù. Passavo sempre vicino alla  chiesetta di San Filippo e Giacomo ma la vedevo solo da fuori, e così piccola e  dentro non ci entravo mai, ma poi un giorno ci sono entrato da solo e ho avuto quel  sentore di pace, poi quando ho visto quel Crocifisso (boy boy dicono da noi) quasi  mi mettevo sull'attenti. Avevo sempre ammirato il Cimabue, la solidità della Croce e  dissi in me "ROCCO ce l'ha fatta".   Poi il ritratto di Gazzelloni mi ha riporta-to alla luce Celestino, col suo ritratto ha  catturato la vispezza dello sguardo e la furbizia e l'intelligenza di un uomo. Spero  che col tempo ne vedrò di più di ROCCO.  Roberto Matassa da Winchester, England    Celestino Tanzilli in una foto di Roberto Matassa Giuseppe Tanzilli e l'asino Anno 15 n. 77                                       Ottobre 2010